Home Blog Page 49

Fare un vialetto con pietre di recupero

Anche all’esterno c’è bisogno di muoversi in sicurezza, senza portare in casa sporcizia, con qualsiasi condizione meteorologica

A seconda delle dimensioni del giardino bisogna pensare ad un collegamento tra il cancello e l’abitazione e ad un marciapiede lungo il perimetro di casa; ci possono poi essere zone relax adiacenti all’abitazione o staccate da essa, nel qual caso occorre predisporre ulteriori superfici pavimentate e percorsi.

Sono necessari materiali che devono resistere in primo luogo a sole, pioggia e gelo; se si tratta di superfici carrabili, il sottofondo e la pavimentazione devono sopportare la compressione senza cedimenti più o meno localizzati che, nel tempo, possono causare pozzanghere ed infiltrazioni. Avendo la disponibilità di materiale e tempo si può posare un vialetto con pietre di recupero.

Per facilità di posa e versatilità sono molto utilizzati i sistemi a secco su sabbia e tra questi gli autobloccanti sono senz’altro quelli che garantiscono le prestazioni migliori di resistenza alla carrabilità ed alla compressione, tanto da essere utilizzati anche nel pubblico per strade e piazzali. Il vantaggio è che la pavimentazione si realizza con un’invasività minima, è alla portata di fai da te e può essere facilmente rimossa e ripristinata in caso di interventi; i mattoncini sono diversi non solo per forma e colore, ma anche nella massa. Esistono elementi monostrato, ovvero omogenei in tutto l’impasto, migliori esteticamente, o bistrato, con solo lo strato superficiale irrobustito e colorato in vario modo. Si trovano anche nei centri bricolage.

IL VIALETTO CON PIETRE DI RECUPERO E AUTOBLOCCANTI
Le beole hanno forme irregolari e l’abilità di posa consiste nel combinare gli elementi facendo risultare fughe ridotte e di larghezza costante, eventualmente frammentando le pietre. Si può anche realizzare una pavimentazione mista lasciando fughe di ampiezza tale da consentire l’inserimento di cubetti di porfido che incorniciano le pietre e permettono una maggiore libertà di riempimento degli spazi irregolari.

dialetto con pietre di recupero
Per rendere più saldi i piccoli blocchetti, alla sabbia utilizzata per formare il letto di posa, inumidita, conviene aggiungere un po’ di cemento in polvere. La miscelazione può essere fatta direttamente a terra con un ampio rastrello.
Per piccole superfici si può utilizzare come staggia una lunga livella a bolla che spiani correttamente il letto di sabbia.
Per distanziare le beole tra se stesse ed i cordoli si utilizzano alcuni cubetti di porfido come riscontro. Pietre e cubetti vanno affondati nella sabbia in modo da ottenere un’altezza uniforme.

 

Italiani tra i primi per riciclo di imballaggi e di rifiuti urbani: avanti così!

Con il 73 % di imballaggi riciclati ci posizioniamo al secondo posto in Europa dietro solo alla Germania e saliamo anche in graduatoria per quello dei rifiuti urbani

Certo, girando per Roma o in altre zona del nostro meraviglioso Paese facciamo fatica a credere a questi dati, se si vive a Milano la sensazione è diversa perchè cittadini e amministrazione sono impeccabili, i primi nel differenziare e la seconda nel raccogliere puntualmente le immondizie dei bidoni ordinatamente custoditi nei condomini e quelle dei cestini sparsi in abbondanza in tutta la città. Abituati come siamo a essere relegati nelle retrovie delle varie classifiche europee (vedi durata dei processi, livello di istruzione, tasso di occupazione…) non possiamo che accogliere con soddisfazione il dato fornito dal CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) relativo al livello di riciclo raggiunto in Italia. Ma veniamo ai dati in numeri

Con il 73% di imballaggi riciclati il nostro Paese si colloca al secondo posto in Europa dietro alla Germania. Ogni italiano produce un chilo e mezzo di spazzatura al giorno. Di questa quantità il 35% è rappresentato dal packaging di alimenti, oggetti, materiali e prodotti vari.  Su un totale di 13 milioni di tonnellate di imballaggi e confezioni di vario tipo vendute nel 2020, ne sono state riciclate più di 9 milioni e mezzo

Grazie a questo sono state recuperate circa 370 mila tonnellate di acciaio, oltre 47 mila di alluminio, 4 milioni di tonnellate di carta, quasi due milioni di legno, più di milione di plastica, oltre 2 milioni di vetro. Il vetro mostra l’aumento più elevato, seguito da plastica, acciaio e legno. Inoltre, se si somma la quantità relativa al riciclo con quella del recupero energetico, l’entità degli imballaggi che non finiscono nelle discariche cresce ancora arrivando all’83,7% del totale, e raggiunge gli 11 milioni di tonnellate.

il delizioso video in musica di Lorenzo Baglioni, cantautore e comico impegnato ambientalista, già coautore con il geologo Mario Tozzi del saggio “Un’ora e mezza per salvare il mondo “(RAI LIBRI) che con I SUPPLENTI ITALIANI ha scritto questa canzone istruttiva e divertente con il Patrocinio del Ministero della Transizione Ecologica.

Già superati gli obiettivi europei per il 2025

In pratica sono già stati superati gli obiettivi di riciclaggio previsti per il 2025 ad eccezione della plastica (riciclata al 48,5 %) che, essendo costituita da diverse tipologie di polimeri, necessita di nuove tecnologie di trattamento. Tra quattro anni ogni Paese dovrà riciclare almeno il 65% degli imballaggi: l’Italia, quindi, ha già superato di 8 punti percentuali il livello indicato dall’Europa. 

Anche le differenze tra le varie aree si stanno assottigliando: la crescita del riciclo è sempre guidata dal Nord, che registra un + 6% rispetto al 2019. In totale, oltre 2 milioni e 840 mila tonnellate. Non è distante anche l’aumento da parte delle Regioni del Meridione: +5% rispetto al 2019, con un aumento di 1 milione e 510 mila tonnellate. La crescita nel Centro Italia si è mostrata più lenta: + 4%, sfiorando il milione di tonnellate conferite in modo differenziato.

Perché è importante 

I numeri di un successo tutto italiano testimoniano come, con una corretta informazione e con le adeguate strutture di raccolta e smaltimento, si possono raggiungere livelli mai visti prima. Questo è particolarmente importante se si considera che attualmente si assiste a un aumento generalizzato del costo della maggior parte delle materie prime. Il fatto di poterle ricavare dai rifiuti a costi estremamente più bassi, fornisce un impulso notevole alla finanza pubblica e all’economia in generale.

Buone notizie anche dal rifiuto urbano 

La tendenza all’aumento del riciclo si evidenzia (fonte ISPRA) anche nell’ambito dei rifiuti urbani seppur con percentuali di minor peso. Grazie alla crescita della raccolta differenziata urbana, che ha fatto da traino e non è stata messa in crisi dalle difficoltà seguite al lockdown e alle restrizioni, le quantità riciclate hanno ripreso l’aumento percentuale che da anni si registra. 

I rifiuti urbani prodotti in Italia nel 2019 sono stati circa 30 milioni di tonnellate. La raccolta differenziata nel 2019 è aumentata del +3,1 punti rispetto al 2018, raggiungendo il 61,3% della produzione nazionale: dal 2008 la percentuale risulta raddoppiata, passando da circa 9,9 milioni di tonnellate a 18,5 milioni di tonnellate. Il Sud supera per la prima volta il 50% di raccolta differenziata confermando il trend di crescita degli ultimi anni, con un aumento della percentuale di 4,5 punti. 

L’organico si conferma la frazione di rifiuto urbano più differenziata in Italia in quanto rappresenta il 39,5% del totale. Carta e cartone rappresentano il 19,1% del totale; segue il vetro e la plastica.

Rifiuti non differenziati 

  • Il 21% dei rifiuti urbani, smaltito in discarica e non differenziato, raggiunge 6,3 milioni di tonnellate, con una riduzione del 3,3% rispetto al 2018. C’è da notare che nell’ultimo decennio il ricorso alla discarica si è ridotto del 58,2%. Solo nel Centro Italia si è registrato un incremento (+19,4%), mentre si rilevano riduzioni consistenti al Sud (-15,2%) dovute anche ai miglioramenti della raccolta differenziata.
  • Il 18% dei rifiuti urbani prodotti è incenerito (oltre 5,5 milioni di tonnellate) con un aumento dell’1,4% rispetto al 2018. Su 37 impianti operativi, il 70,3% si trova al Nord, in particolare in Lombardia e in Emilia Romagna.

Cosa si fa per il futuro? 

Appare evidente che le linee guida per proseguire e, se possibile, accelerare su questa strada, sono essenzialmente due: 

  • Informazione e sensibilizzazione dei cittadini sull’importanza della differenziazione dei rifiuti 
  • Organizzazione da parte degli Enti per lo smaltimento dei rifiuti differenziati. 

Sono due strade che vengono sempre più adottate e percorse dalle varie Amministrazioni in tutta la penisola. Non scoraggiamoci troppo davanti alle immagini di strade piene di spazzatura, spettacolo abbastanza frequente anche in grandi città: sono realtà in via di costante diminuzione. Ci vuole ancora un po’ di tempo, ma il 2025 è vicino e noi siamo sulla buona strada. 

Informazione e sensibilizzazione dei cittadini sull’importanza della differenziazione dei rifiuti e noi ci teniamo a dare il nostro contributi per farlo.

Riciclo creativo lattine

Un riciclo creativo di lattine per costruire un lampadario originale

Tre contenitori per pittura vuoti e decorati con trafori costituiscono un’ottima base per realizzare un originale riciclo creativo per un punto luce multiplo e asimmetrico.
Oltre a non essere deformate, però, le latte devono esser provviste di coperchio e del relativo manico, perché le dobbiamo utilizzare chiuse e dobbiamo poterle appendere. Su di un foglio adesivo tracciamo le decorazioni, e lo applichiamo sulla circonferenza in modo che la punta del trapano non scivoli durante la foratura del metallo. Lasciamo una porzione di metallo sufficiente tra un foro e l’altro per non rischiare di ritagliare la sagoma dal barattolo.
Per l’illuminazione, puramente scenografica, dobbiamo usare una lampadina di bassa potenza a luce fredda, evitando così di surriscaldare la lampadina e il barattolo di metallo.

Cosa serve per il riciclo creativo di lattine:

Riciclo creativo lattine

  • Tre latte
  • Smalto bianco per metallo
  • Filo di ferro Ø 1,5 mm
  • Lampadine da 40 W a luce fredda
  • Filo elettrico con portalampade
  • Trapano
  • Pinze
  • Apriscatole
  • Cacciavite
  • Catenella argentata
  • Nonostante le lampadine da utilizzare siano a bassa potenza, le pareti interne dei barattoli metallici, a specchio, amplificano l’intensità luminosa.

Come procedere per costruire il lampadario

Con l’apriscatole asportiamo il fondo del contenitore di latta. Rifiniamo il bordo con una raspa a denti fini e ripassiamo i bordi con la carta vetrata finché non risultano perfettamente lisci e privi di asperità.

Per realizzare i decori traforati appoggiamo la latta su un supporto di polistirolo in cui abbiamo realizzato un incavo. Blocchiamo saldamente il tutto con nastro adesivo. Sulla parte di latta che intendiamo decorare fissiamo alcuni pezzi di nastro per impedire alla punta del trapano di scivolare.

Ricaviamo da un cartoncino i soggetti per il decoro (luna e stelle di vari formati) e riportiamoli con la matita sul nastro adesivo. Procediamo in questo modo fino a completare la parte a vista della latta.

Con la punta del trapano (ø 3 mm) realizziamo tanti fori seguendo la traccia del disegno riportata sulla latta. A lavoro ultimato togliamo il nastro adesivo e procediamo con l’impianto elettrico.

Colleghiamo i conduttori di ogni cavo elettrico ai morsetti dei portalampada.

Pratichiamo con il trapano, al centro del coperchio, un foro che ci permetterà di far passare il filo elettrico. Con il martello in gomma chiudiamo il coperchio.

Dopo aver predisposto il collegamento e inserito la lampadina nel portalampada facciamo passare il filo elettrico nel foro del coperchio fatto precedentemente.

Inseriamo al centro del manico della latta un pezzo di fil di ferro che annodiamo a sua volta al filo elettrico.

Aggiungiamo un’ulteriore decorazione avvolgendo la catenella con palline color argento. In questo modo occultiamo esteticamente la parte elettrica. Colleghiamo i tre cavi ad una morsettiera cui pervengono i conduttori della rete elettrica.

L’aggancio a soffitto del lampadario

Pur trattandosi di una struttura abbastanza leggera, non possiamo certo far gravare il peso sui connettori del cavo di alimentazione, tuttavia questo è l’unico elemento che ci consente la sospensione a soffitto. Dobbiamo quindi inserire un elemento intermedio tra il cavo e il gancio a soffitto sul quale si scarichi la trazione verso il basso. Ne esistono di vario tipo nei lampadari commerciali, a collare o costituiti da una piastrina di plastica o metallo che presenta tre fori in verticale. In quello basso si fa entrare l’estremità del cavo, prima di effettuare il collegamento a soffitto, poi lo si fa rientrare in quello centrale e si appende il lampadario al gancio tramite il foro in alto.

Copertura piscine, per utilizzare la piscina tutto l’anno

Ogni medaglia ha il suo rovescio: chi ha la fortuna di possedere una piscina propria sa anche quanto tempo (e denaro) va dedicato alla sua cura per mantenerla in buone condizioni igieniche. Un tal bene merita di essere sfruttato il più possibile, cercando il modo per prolungare la stagione… balneare.

Una copertura telescopica è formata da più moduli di forma arcuata che, scorrendo su binari posizionati a bordo vasca, possono essere aperti e raggruppati da un lato nelle giornate calde, per il piacere di un bagno a cielo aperto.

Mantenendo la copertura chiusa quando non si utilizza la piscina si dispone di acqua priva di corpi estranei (quindi si riduce la manutenzione) e riscaldata con l’aiuto dei raggi solari, limitando l’intervento degli impianti; la temperatura si mantiene costante anche durante le ore notturne e la zona piscina è protetta da cadute accidentali.

Queste strutture hanno diverse altezze, aspetto elegante e completamente vetrato, filtrano i raggi UV e sono provvisti di chiusura a chiave; se si ricopre uno spazio maggiore rispetto all’effettivo ingombro della vasca, si può disporre anche di una zona relax “abitabile”.
Solitamente basta una sola persona per movimentare i moduli che ricoprono una piscina di dimensioni normali, trattandosi di una struttura in alluminio e policarbonato.

Copertura piscine

Le coperture scorrevoli si suddividono in tre categorie: quelle basse hanno lo scopo di non interferire con il paesaggio; quelle medie e alte permettono di utilizzare la piscina anche coperta, ci si muove liberamente e si possono inserire arredi.

Telaio e rotaie di scorrimento dei moduli telescopici sono in alluminio, impermeabili e resistenti all’usura; il resto della struttura è in policarbonato di alta qualità, trasparente o satinato. Sono disponibili anche sistemi senza rotaie.
La superficie vetrata della copertura telescopica cattura i raggi solari e l’effetto serra che ne deriva mantiene caldo l’ambiente e l’acqua della piscina anche nelle ore notturne; anche le perdite per evaporazione sono ridotte al minimo.

 

Riciclare il cestello della lavatrice

Tavolino da salotto illuminato con riutilizzo del cestello della lavatrice

Recuperiamo il cestello di una lavatrice ormai dismessa, per ottenere un singolare tavolino luminoso. Dobbiamo incominciare con la rimozione del supporto della lavatrice che trasmette il movimento al cestello e, una volta liberato quest’ultimo, asportiamo con il seghetto alternativo la parte centrale. L’illuminazione è data da due faretti, alloggiati nella parte inferiore del cestello e collegati al cavo di alimentazione tramite cappellotti e scatola di derivazione.
Il piano del tavolino, costituito da un disco di legno di buon spessore, va collocato sulla faccia anteriore del cestello, quella che presenta l’apertura dell’oblò, ma distanziato da questa grazie all’inserimento di tre supporti, in modo che la luce possa filtrare anche da sotto il piano e, al tempo stesso, garantire un’altezza complessiva accettabile.
Le ruote piroettanti ne facilitano lo spostamento per le pulizie.

Cosa serve per la costruzione

  • Cestello lavatrice recuperato
  • Tavola di compensato marino da 18 mm
  •  Faretti con lampadine da 40 W
  • Morsetti a cappellotto
  • Scatola di derivazione
  • Viti tirafondi e dadi ciechi
  • Distanziatori d’alluminio
  • da 70 mm ø 15 mm
  • Trapano, seghetto alternativo
  • Chiavi a forchetta, compasso
  • Tre ruote piroettanti ø 50 mm

Smontaggio e pulizia iniziale

Il cestello tolto dalla lavatrice insieme ad altri componenti prima di buttare la carcassa.

Si rimuove la flangia che trasmette il movimento dal motore al cestello.

Si effettua un’accurata pulizia utilizzando un panno e un prodotto disincrostante.

Come procedere per la costruzione del tavolino-cestello illuminato

Si traccia col pennarello un cerchio a 6 cm dal bordo e si taglia via la parte centrale con il seghetto alternativo.

Si fanno tre fori equidistanti, sulla parte del cestello che resta sopra, a 3-4 cm dal bordo; si usa una punta da 7 mm.

Per dotare il tavolino del supporto su cui appoggia il piano è necessario realizzare dei distanziali di alluminio ricavati tagliando un tubetto a segmenti di 70 mm di lunghezza.

Si montano le ruote piroettanti nei fori di fissaggio della flangia tolta prima. La sbavatura che si è prodotta tagliando la lamiera va rivestita con un profilo di gomma.

Per fissare i faretti uno di fronte all’altro, vanno fatti altri due fori. Poi si inseriscono i faretti fissandoli con un’ampia rondella fra lamiera e dado da serrare.

Avvitata la scatola di derivazione in modo che non risulti visibile dall’esterno, si portano i fili elettrici all’interno della scatola serrando il tutto sempre con rondella e dado.

Si piazza anche una scatoletta tonda di derivazione in cui effettuare i collegamenti elettrici per i due faretti e per il filo della messa a terra, utile trattandosi di un contenitore metallico.

Con il compasso si traccia un cerchio di 600 mm di diametro in un pannello di multistrato marino da 20 mm. Si taglia lungo la linea con grande cura per evitare che la lama dell’alternativo crei scalini. Si fanno tre fori nel tondo, in corrispondenza di quelli fatti prima nel cestello, e lo si fissa con tre lunghi bulloni a testa tonda, inserendo i distanziali, serrati da sotto con rondelle e dadi ciechi.

 

 

Portacoperchi fai da te da cucina

Oggi la fantasia e l’estro artistico dei disegnatori hanno trasformato le pentole da semplici contenitori, buoni solo per cucinare, a veri e propri oggetti d’arredamento, splendenti di acciaio inox, spesso decorati a fuoco o a sbalzo e/o arricchiti da maniglie tanto eleganti quanto funzionali

A chi sembri un delitto tenere i coperchi nascosti dentro uno stipo, anziché esporli ed usarli anche a scopo decorativo, se sui piani di lavoro dispone dello spazio necessario, può costruire quello che più che un portacoperchi fai da te si dovrebbe chiamare un espositore e che, vuoto, richiama in modo singolare le piramidi ed i templi Maya dello Yucatan.

Il portacoperchi fai da te illustrato ha una base quadrata di 340 mm di lato e il dorso trapezoidale alto 600 mm con la base di 300 mm e la sommità di 120. Lo spazio fra i rebbi che reggono i coperchi è di 50 mm.

Va da sé che queste misure sono puramente indicative e vanno bene per i coperchi utilizzati per illustrare l’articolo; chi ne volesse seguire l’esempio dovrà tenere conto dei coperchi da mettervi e dello spazio disponibile sui piani o su una parete (la striscia centrale del dorso, aprendovi due fori a toppa di chiave da incastrare sulla testa di altrettante viti, diventa un solido supporto a muro).

Interamente in legno, preferibilmente duro, e tutta ad incastri a mezzo legno o a tenone e mortasa, la realizzazione, per risultare stabile e robusta, richiede soprattutto pazienza e precisione.

Cosa serve per costruire un portacoperchi: I materiali (se ne danno solo le sezioni in mm in quanto le misure variano secondo i casi)

PER LA PIRAMIDE

  • Listelli 40×40 per gli stanti;
  • listelli 20×40 per i rebbi;
  • tavola 20×100 per la traversa inferiore (vedi testo);
  • listello 30×40 per la traversa superiore;
  • tavoletta 10×100 per il dorso.

PER LA BASE

  • tavole 30×60;
  • Spine;
  • viti;
  • colla vinilica;
  • eventuale mordente atossico;
  • cera vergine;
  • stearina o paraffina.

 

Portacoperchi fai da te

Gli stanti inclinati del portacoperchi fai da te

 

Stabiliti numero e misure dei coperchi da esporre, si marcano sugli stanti accoppiati le sedi per i rebbi; se ne incidono le pareti con una sega da cornici o simile e si aprono gli incastri da regolarizzare (1) con attento lavoro di raspa. I rebbi debbono entrare senza gioco nelle loro sedi dove (2) si fissano con colla e viti. Il sostegno si completa incastrando a mezzo legno la traversa di base e spinando quella sommitale.

Il fondo quadrato

Per dare maggiore equilibrio e stabilità al portacoperchi fai da te occorre una base robusta e piuttosto pesante che qui è costituita da un quadrato di tavolette con inserito un ottagono. La sequenza fotografica mostra la costruzione più semplice e rapida con incastri a mezzolegno e spine per gli angoli della cornice (1 e 2) e con l’ottagono formato da due metà incollate all’interno della cornice e bloccate in posizione (3) da due tacchetti inchiodati.

Il sistema è stato scelto perché permette di ottenere un ottagono perfettamente regolare con tagli a 45° anziché 22,5°. Il procedimento però comporta che negli attacchi sbiechi la colla sul capo bisellato e quindi contro fibra non agisca con la massima efficienza. Più robusta risulterebbe la base se la giunzione fra i vari elementi fosse rinforzata o con incastri a tenone e mortasa (il meglio, ma di non facile esecuzione su pezzi sbiechi) o con spinatura, cieca o anche a vista, o con tasselli piatti.

L’adozione di uno dei quattro sistemi renderebbe l’ottagono strettamente solidale con la cornice quadrata. Quale che sia la soluzione scelta (salvo che nella spinatura a vista), il montaggio dell’ottagono deve essere fatto contemporaneamente a quello della cornice. Completata la costruzione dei due pezzi si passa, quando la colla degli incastri ha fatto sicuramente presa, al montaggio (4). Anche in questo caso viene illustrata la soluzione più rapida con i piedi degli stanti fissati agli angoli posteriori della base con colla e viti (o spine) passanti dal basso, rinforzando l’unione con la traversa inferiore della piramide fissata di taglio alla base con lo stesso sistema.

La piramide così risulta tutta a sbalzo e quindi col peso proprio e dei coperchi retto da elementi (le viti o le spine) sollecitati in trazione assiale. Più affidabile sarebbe, allargando la traversa inferiore in modo che sporga sotto i piedi degli stanti di tanto quant’è spessa la cornice della base, fissarvela da dietro con viti o spine orizzontali che, sollecitate di taglio, meglio reggerebbero lo sforzo. Due colonnine inserite fra la coppia inferiore di rebbi e la base, poi, ridurrebbero il carico angolare degli attacchi posteriori. Uguale risultato si avrebbe se la coppia inferiore di rebbi poggiasse direttamente sulla base. Superfluo sottolineare che, comunque, la miglior tenuta si ha solo se nei punti di contatto i vari pezzi combaciano perfettamente.

Il dorso e la finitura

Per meglio irrigidire la struttura a piramide evitandone oscillazioni laterali, vi si fissa a tergo un dorso eventualmente arricchito da un disco ornamentale da sagomare (1) con l’alternativo o la sega a nastro da una tavoletta o da una striscia di multistrato. Se il portacoperchi fai da te è da posare su un piano il dorso può essere semplicemente avvitato contro le due traverse della piramide (2); se invece lo si vuole appendere alla parete il dorso va incastrato a mezzo legno, meglio se con code di rondine piatte, nelle traverse, a filo piano, in modo che aderisca bene al muro. Per appenderlo occorrono attaccaglie o fori a toppa di chiave. I coperchi di solito non toccano i cibi e sui rebbi poggiano solo con un piccolo tratto dei bordi, ma nella finitura è meglio evitare prodotti a solvente e usare mordenti ad acqua atossici (3) e cera vergine o paraffina.

E ora approfondiamo la storia delle pentole!

Legni artificiali: giusti per i fardasé?

Tratto da “Far da sé n.518 – Settembre 2021″

Autore: Nicla de Carolis

Il dossier di questo numero è dedicato ai legni artificiali, ovvero quei pannelli ricavati da scarti di legno, pezzi e fogli tenuti insieme da collanti. La materia è sicuramente interessante e utile, ma ci porta a fare alcune considerazioni legate a un indispensabile ripensamento in favore di minor inquinamento, minore produzione di rifiuti, minori consumi e legate anche all’attività di chi fa da sé. I legni artificiali, introdotti nel corso del ‘900, hanno rivoluzionato totalmente il modo di fare falegnameria per soddisfare la richiesta dell’industria del mobile e la produzione in serie. Tutti sappiamo come si è evoluto il modo di arredare… IKEA docet con le sue soluzioni dal design accattivante, ben ambientate nelle esposizioni… chi non ha mai comprato all’IKEA scagli la prima pietra! Ma questi mobili, che svolgono la loro funzione, realizzati per l’appunto in legni artificiali, bilaminati, MDF etc sono destinati a vita breve; così, senza troppi rimpianti, dopo qualche anno, vengono messi sulla strada per il ritiro “rifiuti ingombranti”.

I mobili di una volta, costruiti artigianalmente in legno massiccio, per modesti che fossero, difficilmente avrebbero potuto fare quella fine per via della cura e delle tecniche con cui venivano costruiti, avendo per giunta la possibilità di essere restaurati, irrobustiti, rifiniti ulteriormente nelle superfici e, infine, arrivati proprio al capolinea, bruciati nel camino. Tutte cose che con un mobile in legno artificiale sono impossibili se non addirittura proibite, parlo di un loro utilizzo come combustibile, perché produrrebbero un notevole inquinamento dell’aria per via delle resine/colle/prodotti chimici che contengono. Ma poi vogliamo paragonare il piacere del contatto con un tavolo in legno massiccio, magari rifinito a cera, con quello di un piano in truciolare nobilitato? O del piacere di aprire un armadio della nonna dove magari le cerniere cigolano, problema facilmente risolvibile, ma che certo non si staccano irrimediabilmente perché si è sbriciolato lo scasso nel truciolare delle ante?

Non nego che certi legni atificiali abbiano valenze notevoli che li rendono preziosi e più idonei per determinati progetti, come i bei lamellari o i compensati marini, resistenti all’acqua. E riconosco l’utilità delle caratteristiche che li contraddistinguono tutti, ovvero la disponibilità in pannelli di varie misure e la proverbiale stabilità. Come esempio di queste note positive cito il tavolo enorme (1,5×3 metri), su ruote, presente nel nostro laboratorio, che utilizziamo per fotografare oggetti. È stato costruito da un nostro tecnico oltre 20 anni fa con struttura portante in multistrato e piano formato da una sola lastra di truciolare bilaminato che, nonostante gli anni e i maltrattamenti, non si è imbarcato e continua a fare egregiamente il suo lavoro.
Però, se escludiamo usi “tecnici”, è chiaro che un fardasé difficilmente progetti la costruzione di un mobile con legno artificiale: visto il tempo e l’amore che impiega nella realizzazione della sua opera, pensa di utilizzare un materiale all’altezza del suo impegno per bellezza e durata nel tempo, il legno “naturale”.

Tornio fresa combinato fai da te | Guida illustrata progettazione

Gli esperti far da sé vanno costantemente alla ricerca del miglioramento degli strumenti che utilizzano. Ecco una guida eccellente per realizzare un aggiuntivo tornio fresa combinato

Il tornio per legno è uno strumento che, date le sue caratteristiche e funzionalità, permette una lavorazione molto particolare del legno, difficilmente ottenibile in altro modo. Tuttavia c’è chi non si accontenta e, trovando limitanti le normali funzioni di un comune tornio, grazie a un connubio di creatività e competenza tecnica, si ingegna nel progettare e costruire aggiuntivi che consentano di andare oltre quei limiti. Anche fra i nostri lettori ci sono di questi geni, uno per esempio è Guido Ricci e ce lo dimostra proprio in queste pagine, proponendo la sua recente costruzione di un aggiuntivo tornio fresa combinato: un castello da montare sulle barre longitudinali, che regge una fresatrice, offrendole ben 3 distinte possibilità di regolazione su 3 assi, dando un forte impulso alla versatilità dell’insieme. Prerogative di un aggiuntivo tornio fresa combinato devono essere

  • robustezza
  • mancanza di giochi
  • precisione delle regolazioni
  • fluidità dei movimenti (almeno di quelli che è possibile effettuare durante la lavorazione).

Per ottenere queste caratteristiche è necessario saper lavorare i metalli con strumenti come il tornio (ecco qui una guida per costruire un tornio fai da te professionale) e la fresa (questa volta per metallo), saper saldare parti in acciaio inox e in alluminio, sapere come si risolvono le tolleranze nei casi di organi in movimento, usando all’occorrenza cuscinetti, boccole, gabbie e sfere.

La costruzione del castello per l’aggiuntivo tornio fresa combinato

 

Tornio fresa combinato
I componenti strutturali dell’aggiuntivo tornio fresa combinato sono realizzati in alluminio, usando piastre di spessore elevato, in modo da assicurare la necessaria rigidità e robustezza, ma ottenendo un’insieme di peso decisamente contenuto. Il castello di alluminio è integrato dalle necessarie componenti che assicurano il movimento e i fissaggi; in questi casi i materiali sono diversi, potendosi trovare ancora alluminio, ma anche acciaio e ottone.

Tornio fresa combinato
Due spesse piastre parallele hanno il compito di sostenere la fresatrice; allo scopo su di esse vengono praticati due fori di misura per ricevere il collare della macchina, nella fattispecie una di quelle con il corpo snello, che risulta più leggera e meno ingombrante per questo particolare utilizzo.

Tra le due piastre è inserito il sistema di fissaggio della fresatrice che fa affidamento su un sistema a vite, con manopola di bachelite che, avvitandola, attua una pressione laterale e ferma saldamente la macchina nella sua posizione. Si nota che le piastre a sostegno della fresatrice sono fissate a una flangia rotonda (sempre di alluminio).

Questa è, a sua volta, accoppiata a una seconda flangia di identiche dimensioni. Quella che porta la fresatrice può ruotare su quella sottostante di 90° offrendo la possibilità alla macchina di assumere una tale inclinazione di lavoro sul pezzo. Le staffe circolari sono solidali con un sistema di scorrimento longitudinale su binario che permette di traslare la fresatrice, ma, per sostenere il forte sbalzo, dato dalla lunghezza delle piastre di sostegno della stessa, e impedire ogni possibilità di flessione, l’estremità delle piastre si incerniera con una barra liscia parallela al binario, con sistema di blocco della posizione.

 

Il castello che regge la fresatrice è sorretto da una base mobile formata da una piastra d’alluminio e dai componenti che ne permettono lo scorrimento sulla base fissa sottostante. Lo scorrimento è di 40 mm ed è assicurato da due barre, mentre la regolazione è affidata a una vite senza fine centrale con molla di spinta che riduce anche l’effetto del minimo gioco del filetto. La vite senza fine è comandata da un volantino. La base fissa è dotata di un sistema di attacco alle barre principali del tornio.

 

Operatività anche a tornio fermo

 

Facendo riferimento anche ai disegni soprastanti, si nota come il castello dell’aggiuntivo tornio fresa combinato, che regge la fresatrice, renda possibile la regolazione continua dell’inclinazione dell’utensile da 0 a 90° e, contemporaneamente, lo spostamento dal basso verso l’alto della macchina, lungo la coppia binario-barra laterale. Mentre la regolazione dell’inclinazione è da effettuarsi a motori fermi, allentando e poi serrando un bullone che libera e rende solidali le due flange rotonde, il controllo dello scorrimento in altezza è affidato a una manovella posta in testa a una vite senza fine e ovviamente deve essere effettuato durante la lavorazione.

Prerogativa dell’aggiuntivo tornio fresa combinato con fresatrice è quella di poter azionare anche soltanto quest’ultima e non il motore del tornio; questo permette la rimozione di materiale pilotando a mano la rotazione del pezzo sul mandrino del tornio e limitando la lavorazione a determinati settori per ottenere così pezzi del tutto speciali e/o asimmetrici.

La realizzazione di un foro cieco a un pezzo in lavorazione diventa operazione semplice e soprattutto molto precisa, potendo contare sulla calibrazione al millimetro della profondità di azione della fresa, senza correre il rischio di assottigliare troppo il fondo ed eventualmente la parete del manufatto.

Contenitori in legno fai da te per cucina

Tre scatole in legno di pino, di uguale larghezza e di altezza scalare, con fronte e retro in lastra semitrasparente di plexiglas, appoggiate sul banco di lavoro della cucina sono utili per conservare pasta secca, aromi e accessori da avere
a portata di mano; il coperchio scorrevole rende facile accedere al contenuto

Questi contenitori in legno fai da te vengono proposti in tre formati per arredare il piano di lavoro della cucina oppure per la camera dei ragazzi o in bagno per contenere creme e profumi: il metodo di costruzione è replicabile nelle misure e nelle finiture che più ci piacciono e ne possono essere realizzati in numero a piacere.
Ogni contenitore è formato da due fianchi uguali, uniti in battuta al fondo che corrisponde alle dimensioni in pianta; a questi elementi viene incollata e avvitata una cornice di listelli con scanalatura utile per alloggiare due lastre di plexiglas (una per lato), trasparente o brunito, che chiudono le due facce laterali del contenitore e consentono di vedere cosa c’è dentro.

Sul lato superiore del contenitore si fissano ancora due listelli scanalati, a tutta larghezza, sistemati nei fianchi in modo che il lato inferiore della scanalatura resti a filo dei fianchi stessi: così facendo il coperchio in sottile compensato scorre nelle due guide e chiude perfettamente la scatola.

La costruzione in sé è semplice, ma richiede una grande precisione nella fase di taglio dei pezzi, nel praticare la scanalatura nei listelli, nell’assemblare le cornici e l’intera costruzione; gli utensili a batteria Bosch si rivelano preziosi in ogni fase della realizzazione. I contenitori possono essere completati con una finitura a olio naturale per legno (ideale è il KK 1500 di Linea Blu Vernici – Sayerlack, con certificazione per il contatto con alimenti) nel caso si usino i box in cucina; oppure con una finitura con impregnante colorato o anche con smalto colorato se li abbiamo pensati per un utilizzo di tipo diverso.
Una targhetta applicata sul fianco indica il contenuto del box.

Cosa serve

Utensili: trapano battente avvitatore a batteria AdvancedImpact 18V, utensile multifunzione a batteria AdvancedMulti 18V, microsega a batteria AdvancedCut 18V inclusa lama Wood Basic 50, levigatrice a batteria PSM 18V Li incluso foglio abrasivo con grana 120, batteria PBA 18V-2,5Ah, 1 punta per legno
da 3 mm, 1 svasatore, set bit adatto.
Materiali: 1 tavola di pino da 80x13x2000 mm, 3 listelli scanalati di pino da 12x12x1000 mm (scanalatura di 4×4 mm), 1 pannello di compensato di pino spesso 4 mm da 100×200 mm, 2 lastre di plexiglas (colorazione scura) da 156x3x246 mm, 2 da 156x3x196 mmm e 2 da 156x3x156 mm, 24 viti da legno
3,5 x 30 mm.
Varie: 2 morsetti a vite, 1 targhetta per nome + 2 viti, colla, nastro adesivo in carta crespata, matita, squadra triangolare, occhiali protettivi, protezione per l‘udito, mascherina respiratoria.

  1. Listello scanalato per lo scorrimento del coperchio: ne servono due lunghi 200 mm per ogni contenitore.
  2. Listello scanalato per fare da cornice superiore e inferiore alla lastra di plexiglas: ne servono 4 lunghi 174 mm per ogni contenitore.
  3. Listello scanalato per fare da cornice verticale alla lastra di plexiglas: ne servono 4 lunghi 151 mm per il contenitore piccolo, 4 lunghi 191 mm per il contenitore medio, 4 lunghi 241 mm per il contenitore grande.
  4. Lastra di plexiglas che chiude sul frontale e sul retro i contenitori: ne servono 2 da 156×156 mm per il contenitore piccolo, 2 da 156×196 mm per il contenitore medio, 2 da 156×246 mm per il contenitore grande.
  5. Coperchio di chiusura che scorre nei listelli scanalati: ne serve uno in compensato da 200x60x4 mm per ogni contenitore.
  6. Fondo: ne serve uno da 200x80x13 mm per ogni contenitore.
  7. Fianchi: sono in tavola di pino sezione 80×13 mm e ne servono 2 lunghi 179 mm per il contenitore piccolo, 2 lunghi 219 mm per il contenitore medio, 2 lunghi 269 mm per il contenitore grande.

Costruzione passo-passo

Si taglia con la sega a batteria la tavola in legno di pino sezione 80×13 mm nelle lunghezze che servono per costruire i due fianchi e il fondo dei tre contenitori; lunghezze diverse nel caso dei fianchi, tutti uguali i fondi.
Si forano nei pannelli di fondo e nei listelli scanalati le sedi per le viti che permetteranno poi di assemblare i contenitori; le sedi vanno svasate in modo che la testa delle viti possa entrare totalmente nel legno senza sporgere.
Su entrambi i lati dei fianchi, nella parte superiore, devono essere praticati due incavi larghi 12 mm e profondi 4 mm per creare la sede dei listelli scanalati che fanno da guida per il coperchio; in questo modo il coperchio scorre a filo e chiude perfettamente il contenitore.
Tutti i pezzi vengono uniti con colla vinilica e, quando questa è essiccata, con viti che rendono stabile la giunzione; la lastra di plexiglas è già stata inserita nei listelli scanalati verticali e il frontale viene chiuso con il listello superiore che si incastra nell’incavo.
Tutti i bordi di ogni contenitore vengono accuratamente ripassati con la levigatrice palmare che elimina ogni imperfezione o piccolo disallineamento; gli spigoli vengono smussati leggermente per dare alla costruzione un tocco di eleganza in più. Eventuali piccole fessure possono essere chiuse con colla mischiata a polvere di levigatura.

Ripostiglio fai da te in terrazza | Costruzione passo-passo

Un grazioso ripostiglio fai da te per esterni allestito su un rialzo della terrazza che dà sul giardino; utile per riporre gli arredi per esterno e gli attrezzi da lavoro

La nuova terrazza, costruita in posizione leggermente rilevata rispetto al giardino, risulta su due livelli di quota; un gradino di una decina di centimetri separa il rialzo di una ristretta zona d’angolo fra la casa e il muro perimetrale della proprietà. Il nostro lettore Ludovico Durante ha ritenuto che proprio questa zona, delimitata da due pareti, fosse di dimensioni ideali per erigere un ripostiglio fai da te di legno per ricoverare gli arredi per esterno nelle brutte giornate, nonché attrezzi, vasi e altri materiali da giardino, per avere tutto perfettamente in ordine.

Come costruire il ripostiglio

La costruzione del ripostiglio fai da te è interamente di legno: travetti di sezione quadrata di identica misura per la realizzazione della struttura di sostegno e tavole maschiate per il rivestimento esterno, incluso il tavolato della copertura. Dopo il montaggio del ripostiglio per esterni viene stesa, dentro e fuori, una finitura a smalto bianco ad acqua, tranne sulla parte sopra in cui si provvede a un’adeguata impermeabilizzazione.

ripostiglio fai da te
La stesura di una striscia di nastro maschera sul pavimento permette di avere una migliore percezione degli ingombri, facilita la precisione nelle misurazioni e gli allineamenti nel montaggio.

ripostiglio fai da te
I travetti della struttura portante del ripostiglio fai da te  hanno sezione quadrata e si tagliano per ricavare, prima di tutto, i montanti angolari del telaio, seguendo le misure stabilite da progetto.

ripostiglio fai da te
Un paio di montanti vanno applicati contro il muro dell’abitazione alla base del quale c’è uno zoccolo da compensare con spessori.

A metà e all’estremità alta di ogni montante, si applicano tacchi di legno e alcune strisce di spesso biadesivo. Attraverso tacchi e travetti vanno fatti fori passanti per l’inserimento del tassello di fissaggio a parete. Una volta messi i montanti in bolla nella giusta posizione, gli stessi fori servono anche come guida per la punta da muro del trapano, per forare la parete.

Si completa con i travetti tutto il telaio strutturale

…e poi si applica su questo il rivestimento con perline maschiate.

Per la copertura si montano altri travetti con una posizione calcolata di leggera pendenza, orientata lateralmente verso il giardino, sui quali si inchiodano altre perline maschiate.

Dopo la stesura sul tavolato di una mano di catrame liquido….

…si applicano alcune strisce di guaina bituminosa ruvida.

 

Finestratura

Nella parte superiore della porta, un’ampia finestratura è chiusa con vetro acrilico (plexiglas) su cui si applica una pellicola semitrasparente decorativa. Per eliminare ogni pericolo, nonostante il minimo dislivello, sul limite della terrazza si monta una balaustra di protezione con una sola piccola apertura di passaggio.

La porta d’ingresso è costituita da un telaio di listelli disposti sul contorno. Su questi si distribuiscono orizzontalmente le perline maschiate usate anche per il rivestimento della casetta. Nella parte superiore viene lasciata un’ampia finestra; sulle misure del suo contorno si realizzano due cornici, una da fissare nello spessore come battuta per il vetro.

La finitura è a smalto all’acqua bianco, come per il resto della casetta. Ovviamente, si applica prima di mettere il vetro.

La porta, messa in battuta sul controtelaio della casetta, è appoggiata su due spessori che la sollevano di pochi millimetri, necessari per il libero scorrimento, ed è puntellata con una tavola: così è possibile fissare correttamente le viti delle cerniere.

Staccionata di protezione

Per il fissaggio dei montanti della balaustra si usano robuste staffe a U di acciaio zincato. Dopo averne tracciato l’allineamento sulla pavimentazione, si marcano e si eseguono i fori per i tasselli di fissaggio a espansione.

I dislivelli sensibili dati dalla pendenza del terrazzo vanno considerati nello sviluppo dei montanti, tagliandoli di misura opportuna. Va tenuto conto comunque che gli attacchi a pavimento consentono un buon margine di compensazione per ottenere allineamenti perfetti.

La balaustra si compone di tre tavole in costa, avvitate sul fianco dei montanti e di una piana al top, avvitata direttamente in testa ai montanti. Nell’angolo quest’ultima è tagliata a 45°.