Allo stesso modo dei musicisti più raffinati per i quali ha costruito tanti strumenti musicali, Mario Brachero ha voluto costruire un mandolino particolare
I liutai sono una categoria di artigiani che non solo costruisce oggetti artistici, ma dà anche loro una voce e un’anima. Infatti, solo con anni di esperienza alle spalle si può costruire un mandolino davvero sonoro. Mario Brachero si è potuto dedicare a tempo pieno a questa attività solo dopo essere andato in pensione, approfondendo la conoscenza della materia seguendo anche corsi di liuteria a Cremona.
Ha costruito strumenti a corda e ad arco per più di 20 anni e tra le sue numerose realizzazioni c’è anche un originalissimo mandolino la cui cassa armonica è stata ottenuta, anziché da molte sottili doghe, da un solo pezzo. Anche se la forma è quella tradizionalmente tondeggiante, il materiale di cui è fatta non è legno, ma la scorza di una zucca, conosciuta come zucca-bottiglia, che una volta secca diventa eccezionalmente dura e rigida.
Le qualità sonore dello strumento derivano in gran parte dalla tavola armonica, quella su cui appoggiano, tramite il ponticello mobile, le otto corde del mandolino; si tratta di abete rosso di alta qualità, proveniente dalla val di Fiemme, levigato e assottigliato con pazienza, fino ad ottenere la bombatura e il giusto spessore, e rinforzato con una serie di catene, cioè sottili strisce di abete incollate sotto la tavola armonica.
Scegliere la zucca
La zucca scelta per diventare la cassa armonica del mandolino è una zucca-bottiglia (Lagenaria Siceraria) dalle forme perfettamente simmetriche. Diffusa in tutto il mondo e un tempo comunissima nelle nostre campagne, veniva essiccata a lungo e poi usata come contenitore di liquidi o come utensile.La superficie della zucca viene levigata a lungo con carta abrasiva avvolta su un tampone di legno fino ad ottenere una superficie liscia e senza difetti.La zucca viene divisa in due con un seghetto per metalli. La polpa si è trasformata in una parete legnosa spessa pochi millimetri, ma estremamente robusta. I semi e i residui fibrosi che restano all’interno si eliminano con facilità raschiando la parete interna con un coltello.
La cassa di risonanza del mandolino
Una volta ripulita e levigata anche la parte interna, si incollano due tasselli di legno (zocchetti) ai capi opposti della mezza zucca. Gli zocchetti vengono arrotondati ed aggiustati a lungo finché non aderiscono perfettamente alla curvatura della cassa di risonanza. Questi elementi servono per l’ancoraggio delle corde e per l’appoggio del manico.Partendo da listelli grezzi si scolpiscono e si aggiustano sulla levigatrice a tamburo i particolari interni: le catene, cioè i listelli che si incollano sotto la tavola armonica per renderla più rigida e sonora, e le controfasce, che sono una serie di blocchetti incollati lungo il margine della zucca per irrobustirla.Usando la colla vinilica e una serie di strettoi a molla si incollano i blocchetti della controfascia all’interno della mezza zucca. Ciascuno è stato rastremato fino ad avere una sezione trapezoidale. Questo per avere una miglior aderenza tra i pezzi.Da una tavola di noce si ricava il manico tracciando la mezzeria per ottenere una forma perfettamente simmetrica. Con la sega a telaio si dà forma alla paletta, alla rastrematura e agli incastri che servono per raccordare il dorso con il collo della zucca.Con la pialla si rifinisce il manico fino ad ottenere un piano allineato con la paletta. Il manico viene rifinito con una tavoletta di legno duro, palissandro in questo caso, su cui sono incastrati i tasti fatti con sottili strisce di ottone.
Tavola armonica americana
La tavola armonica si ricava da una tavola di abete rosso molto stagionato, tagliata a metà e reincollata lungo la costa in modo che le fibre risultino simmetriche. Con la matita si scontorna la tavola usando la zucca come dima.Nel frattempo si incolla il manico, con la solita colla vinilica, nell’incavo del collo della zucca usando un morsetto a vite. Il manico deve incastrarsi nel cavo dello zocchetto anteriore in modo da formare un tutt’uno con la cassa armonica e resistere alla tensione delle otto corde.Aiutandosi con una dima, costruita appositamente per le meccaniche a quattro piroli, si segnano le posizioni dei fori nella paletta rispettando con precisione la mezzeria già tracciata sul legno del manico.Nella paletta sono praticati otto fori, quattro per lato e a distanza fissa, entro cui si alloggiano le meccaniche dei piroli su cui si fissano le corde.Con il seghetto da traforo si ritaglia la tavola armonica e si praticano le due buche a “f”necessarie per la propagazione del suono. A differenza del mandolino napoletano, che ha una buca ovale, il nostro si ispira ai modelli sviluppati all’inizio del ‘900 da Gibson e Loar, con la tavola armonica più simile a quella di un violino.Tutta la cassa viene spianata e levigata accuratamente insieme alla parte terminale del manico in modo da allineare la tavola armonica con l’impugnatura. Al termine si fissa la tavola armonica con altra colla.
Tastiera e piroli
Le meccaniche con quattro piroli vengono inserite nei fori preparati sulla paletta e ancorate con cinque piccole viti per lato.La tastiera di palissandro, tagliata sulla misura del manico, deve essere tracciata con estrema precisione, dato che dalla posizione dei tasti dipende la precisione nell’accordatura. Usando un seghetto si incidono, perfettamente perpendicolari all’asse della tastiera, nonché tutti della medesima profondità, i 17 intagli entro cui si incollano altrettante listine di ottone.Si incolla la tastiera di palissandro sul manico e parzialmente sulla tavola armonica misurando con precisione la distanza tra il capotasto, posto all’estremità della tastiera, e il ponticello sulla tavola armonica, che deve risultare il doppio della distanza tra il capotasto e il dodicesimo tasto. Ogni scanalatura viene riempita con adesivo a contatto usando una sottile lama.In precedenza sono stati tagliati da una striscia di ottone di sezione opportuna, una serie di tasti di lunghezza decrescente, adatta alla larghezza della tastiera nel punto in cui vanno. U na dopo l’altra vengono affondati nelle cavità ed incollati allineando con precisione le estremità alla tastiera.Col martello si assestano i tasti nelle rispettive scanalature controllando con un righello metallico che tutti risultino sul medesimo piano. Questo allineamento è molto importante per garantire la loro distanza progressiva delle corde, fondamentale quando vengono premute suonando lo strumento. Importante è anche la levigatura delle estremità dei tasti di ottone, che non devono sporgere lateralmente, ma assecondare perfettamente la smussatura della tastiera.Il tocco finale è rappresentato dalla verniciatura: il metodo classico usato in liuteria prevede alcune mani di colla animale a caldo molto diluita con la quale si ottiene uno strato turapori trasparente. In seguito si stendono molte mani, anche una decina, di resina (composta da miscele “segrete” di coppale, gommalacca, sandracca e vari coformulanti che ciascun liutaio conserva gelosamente) disciolta in olio di lino o alcool etilico puro. I coloranti sono aggiunti solo negli strati più esterni. Gli strumenti moderni invece sono verniciati con resine poliuretaniche molto più rapide nell’essiccamento e più resistenti ai graffi e alle abrasioni.
Consigli per l’acquisto di un mandolino con cui iniziare a suonare
Dagli affreschi bizantini alle cornici del ‘700 la doratura a missione con foglia d’oro (o argento) è la regina delle rifiniture di pregio. Impariamo ad applicarla con una tecnica antica ed affascinante
La decorazione, e quindi il restauro, con doratura a missione a foglia d’oro si perde nell’antichità. Già centinaia d’anni fa si era in grado di battere l’oro (con i “battiloro”) fino a fargli assumere uno spessore di 0,001 mm, per poi applicarlo su tavole ed affreschi. Oggi la foglia d’oro viene utilizzata praticamente solo per il restauro. La sua applicazione non è semplicissima in quanto la sua estrema sottigliezza la rende difficile da maneggiare e da applicare, per cui è necessario impadronirsi della tecnica di esecuzione. La foglia d’oro viene confezionata in libretti formati da bustine che contengono le singole foglie. Un libretto con 25 foglie da 8×8 cm costa 18,50 euro. I materiali e gli attrezzi necessari per effettuare al doratura a missione non sono molti, ma indispensabili:
colla animale (di pesce o di coniglio), serve per far aderire la foglia;
bolo, impasto molto fine di argilla particolare con colla di coniglio. È una pasta fluida che si stende sulla parte da dorare come sottofondo alla foglia d’oro. Il suo colore è rosso scuro;
cuscino, coltello, pennello di martora da doratore per lavorare, tagliare ed applicare la foglia;
pietra d’agata per premere la foglia e rifinire la doratura, rendendola più brillante.
Quanto si è detto è valido anche per la foglia d’argento, di cui riportiamo una applicazione.
Gli strumenti necessari per praticare la doratura a missione
A: cuscino da doratore: è una tavoletta rivestita con materiale morbido per posarvi e sezionare la foglia, un riparo di carta difende la foglia da spifferi d’aria che la farebbero volare via.
B: pennello di martora per applicare la foglia.
C: libretto con bustine portafoglie.
D: coltello per prelevare e sezionare la foglia
Questi utensili si posso traovare ed acquistare su Antichitàbelsito
Sulla parte da rivestire, dopo l’applicazione e l’asciugatura del bolo fluido, si stende un sottile strato di colla di coniglio liquida
Con il coltello si preleva la foglia e la si seziona poggiandola sul cuscino. Agire con attenzione e delicatezza per non danneggiare il foglio sottile.
Prelevata la foglia con il pennello di martora la si colloca delicatamente sulla parte da rivestire. Si agisce con lentezza e precisione.
Con l’attrezzo fornito di pietra d’agata si preme delicatamente la foglia per farla aderire, spianare eventuali pieghe e donarle maggiore lucentezza.
Sin dall’introduzione del primo Soudal Fix ALL, 25 anni or sono, l’azienda ha investito costantemente sviluppando nuove formule di sigillanti e adesivi polimeri; la gamma si è così differenziata offrendo soluzioni ideali per ogni tipo di applicazione
I prodotti della gamma Soudal Fix ALL sono perfetti per qualsiasi esigenza di sigillatura, incollaggio e riempimento, in interni e in esterni; sono elastici, hanno un potentissimo effetto ventosa iniziale, non contengono solventi, sono verniciabili, antimuffa, resistenti ai raggi UV e agiscono fortemente su qualsiasi materiale liscio o poroso, anche su superfici umide, esclusi solo PE, PP e PTFE. Problemi di incollaggio? All you need is Fix ALL!
Forza e velocità
Soudal Fix ALL Turbo, nell’ambito della gamma, si presenta come un adesivo rapido e con eccezionale forza finale: in soli 20 minuti raggiunge il massimo della presa e in 3 ore si ottiene la forza di tenuta definitiva. È ideale per lavori di montaggio in presenza dei vari materiali da costruzione su superfici porose, non porose e anche umide. Ha prestazioni stabili in qualsiasi situazione ambientale e con temperature da -40 a 90 °C.
Il cordolo che delimita la piattaforma sotto la pergola è fatto con elementi rettilinei e curvi. Alcuni vanno adattati per favorire l’appoggio sui plinti che reggono i montanti della struttura.
Stendere l’adesivo
Si stendono alcuni cordoni di adesivo Soudal Fix ALL Turbo sulle superfici di contatto fra elemento del cordolo e plinto.
Applicare l’elemento di giunzione
Si applica l’elemento del cordolo modificato per la giunzione, mettendolo in posizione; piccoli spessori, messi nel letto d’appoggio, servono per rendere stabile la sua collocazione.
Stendere nuovamente il corodone di silicone
Il tempo di preparare la sede del pezzo successivo e si può già procedere con la stesura del cordone di silicone fra il primo segmento di cordolo e il successivo.
Fissare il nuovo pezzo
L’operazione di posizionamento della curva può avvenire in piena tranquillità perché il pezzo precedente è saldamente fissato.
Effetto ventosa e potenza estrema
Due prodotti simili per l’elevatissima potenza di incollaggio finale, ma che si differenziano in due importanti aspetti: High Tack alza decisamente l’asticella per quel che riguarda l’effetto ventosa iniziale, potendo sostenere un carico di ben 320 kg per 10 cm2. Inoltre è indicato anche per l’utilizzo come sigillante, anche se, strettamente per quell’utilizzo, ci sono prodotti della gamma, più idonei. È disponibile in diverse confezioni.
Per l’incollaggio di lastre di copertura su un muretto si usa l’adesivo HIGH TACK, approfittando della sua elevatissima presa iniziale, che permette di procedere in modo continuo nella stesura dei pezzi, senza alcun tempo di attesa fra l’uno e l’altro.
X-Treme Power Express ha un “tack” iniziale di 400 kg per m2, leggermente inferiore al primo, ma risulta superiore per tenacia finale (in questo senso è il più potente dell’intera gamma) e per rapidità di essiccazione. Non è indicato per la mera sigillatura ed è disponibile soltanto in cartuccia da 280 ml.
Il longherone è tenuto sollevato, mentre si applica un cordone di adesivo X-Treme Power Express sulla faccia superiore del montante.Con una spatola si distribuisce l’adesivo sull’intera superficie, rimuovendo eventualmente un eccesso di spessore. Il nastro maschera impedisce di sporcare il fianco del montante con il seppur minimo esubero di adesivo.Dopo i due longheroni, si continua subito col montaggio dei pali al traverso.
Trasparenza
Soudal Fix ALL Crystal è la versione trasparente nella gamma; sigillante ideale, vanta un’ottima capacità di adesione iniziale e definitiva. Molto elastico, si usa in interni e in esterni.
Ideale per i mille incollaggi in cui è richiesta trasparenza nell’allestimento di un bagno o una cucina, Crystal si rende prezioso anche per il montaggio di suppellettili e complementi d’arredo, per esempio l’incollaggio di supporti direttamente su vetro e piastrelle.Per le applicazioni che non richiedono ingenti quantità di adesivo, anzi, è importante che sia dosato con la massima attenzione, si usano confezioni in tubo, che offrono un beccuccio molto appuntito e si possono manovrare accuratamente, mentre si estrude il prodotto.
Flessibilità
Soudal Fix ALL Flexi è il prodotto elettivo quando serve elasticità, potendo raggiungere il 750% della sua estensione prima di lacerarsi. È adesivo e sigillante; disponibile in colore bianco, marrone, nero e grigio. Cartuccia da 290 ml.
Il fissaggio di elementi di natura differente richiede un adesivo elastico, che mantenga la sua elasticità nel tempo, in modo che possa assecondare i differenti indici di dilatazione. FLEXI si rivela la scelta ottimale per incollare una scossalina in lamiera zincata o verniciata alla muratura. La stesura del cordone di adesivo va fatta sull’elemento in rame, distribuendolo a zig-zag sulla faccia di contatto con la parete e in linea diritta nel lato rivolto al piano sottostante. Non servono tasselli o altri sistemi di supporto, grazie all’elevato effetto ventosa iniziale.
Un faretto solare non richiede collegamenti all’impianto elettrico, quindi non ha costi d’esercizio; la lampadina a led ha un consumo bassissimo e si accende solo al passaggio per il tempo necessario a compiere il percorso: per metterla in funzione bastano 4 viti
Nelle ore notturne, se lo spazio attorno a casa non dispone di un minimo di illuminazione, il transito può diventare causa di inciampo, senza contare che il buio è l’ambiente ideale per eventuali malintenzionati. Fatta eccezione per un certo tipo di giardini, lampioni da giardino che rimangono accese per ore ogni notte assommano un bel consumo nel corso dell’anno; inoltre, se l’impianto elettrico non è stato predisposto allo scopo, bisogna provvedere e accollarsi ulteriori costi.
Tutto sommato, non si tratta di illuminare a giorno l’intera proprietà, possono bastare alcune luci “intelligenti” che si accendono solo al passaggio (nostro, ma anche di terzi) e che si ricaricano con il sole, accumulando durante il giorno energia sufficiente ad alimentare una lampadina a basso consumo. Un faretto solare costa circa 45 euro: non è poco, ma per tutta la vita del faretto solare non dovremo sostenere altre spese e, conoscendo la durata delle lampadine a led, tutto fa pensare a un lungo periodo.
Il corpo principale, quello illuminante, è realizzato in materiale plastico robusto e protetto dalle intemperie (IP44); l’involucro nasconde una batteria al piombo da 6 V che fornisce tensione al faretto solare, costituito da 8 led da 0,5 W. Non è molto, ma la luce emessa è sufficiente a squarciare le tenebre e illuminare il tratto che ci separa dall’ingresso quando scendiamo dall’auto.
Per ottimizzare i consumi, si può regolare la durata dell’accensione in un intervallo tra 10 e 60 secondi, trascorsi i quali è comunque sufficiente compiere un minimo movimento nel raggio di azione del sensore per riaccendere il faretto; anche se abbiamo da scaricare le borse della spesa non corriamo il rischio di ritrovarci al buio, se non per una frazione di secondo. Il pannello solare, che alimenta l’accumulatore, misura 150×200 mm, quindi è una presenza discreta anche se inevitabile; dopo la prima carica con l’interruttore su OFF basta spostarlo su ON e il faretto farà tutto da solo, giorno e notte.
Faretto solare – I componenti
La parabola orientabile in verticale con la lampadina a led incorporata forma un pezzo unico con il supporto e con il sensore di movimento. Il blocco contiene anche l’accumulatore di carica; da questo fuoriesce uno spezzone di cavo che termina con uno spinotto femmina, da innestare sul terminale maschio del cavo collegato al pannello fotovoltaico, decisamente più lungo in modo che il pannello possa essere collegato lontano dal proiettore, in posizione favorevole per catturare i raggi solari. Anche il pannello è provvisto di un supporto snodato; nella confezione sono incluse anche le viti e, se occorrono, i relativi tasselli a espansione.
L’installazione
In questa situazione, dovendo fissare il gruppo illuminante su legno, non utilizziamo tasselli, ma soltanto viti autofilettanti: prima di procedere al fissaggio, verifichiamo che la posizione del proiettore sia tale da non formare coni d’ombra dovuti a ostacoli circostanti e che il sensore possa rilevare il passaggio e attuare l’accensione.
In base alla lunghezza del cavo che fuoriesce dal pannello, individuiamo la zona esposta al sole per più ore della giornata, senza che alberi o strutture possano ombreggiarla, quindi procediamo al fissaggio del pannello e al suo corretto orientamento.
Facciamo passare il cavo in posizione nascosta (possiamo fissarlo con alcuni punti di colla a caldo lungo il suo sviluppo) fino a raggiungere il connettore in uscita dal proiettore: l’innesto maschio/femmina è giustamente forzato, quanto basta ad assicurare un collegamento stabile senza bloccaggi accessori.
Se ben orientato, il rilevatore è in grado di intercettare il passaggio di un corpo in movimento per un raggio di 180° e fino a 12 metri di distanza: può essere calibrato muovendolo destra/sinistra e alto/basso.
I tre cursori alla base del rilevatore permettono di regolare la durata di accensione, la sensibilità di rilevazione del movimento al passaggio e quella della presenza di luce naturale per il funzionamento esclusivamente notturno.
Dopo il montaggio, l’interruttore posto sul corpo del proiettore va posizionato su OFF per consentire all’accumulatore di raggiungere la piena carica: a seconda dell’insolazione, questa fase può durare anche più giorni.
Questo comodino fai da te può essere appoggiato a pavimento o fissato a parete a lato del letto e si realizza con pezzi di scarto o avanzi di laboratorio ben piallati e calibrati; vista la semplicità dell’oggetto, sbizzarriamoci con fresature e incastri, tanto per fare pratica…
Per i designer dell’ultim’ora i materiali di scarto e le forme essenziali sono un imperativo per realizzare oggetti d’arredo, e guai a mascherarne l’aspetto con qualsivoglia finitura: loro però si affidano a costruttori professionisti per concretizzare le idee, noi facciamo tutto in proprio. Visto che non ci vuole molta maestria per costruire un comodino fai da te come questo, complichiamoci un po’ la vita e, dopo aver recuperato il materiale tra gli avanzi, facciamo un po’ di palestra: calibratura dei pezzi, fresatura a banco, ricalibratura dopo le unioni e montaggio finale dei lati, uniti semplicemente per incollaggio: le uniche viti utilizzate sono per fissare le cerniere e la calamita che mantiene chiusa l’anta a ribalta. Il risultato finale si apprezza più per la rusticità estetica del comodino fai da te che per la pura funzionalità; non si tratta certo di un complemento capiente, ma si addice a uno stile informale all’insegna del riciclo.
I materiali
I materiali, dopo piallatura, sono costituiti da: 3 tavolette 15x90x450 mm; 3+6 travetti 60x45x450/350 mm; 4+4 listelli 15x30x450/350 mm; 2 fogli di compensato da 5 mm per fondo e retro; 2 listelli 45x45x450 mm di rinforzo alla base; 2 cerniere a libro, una calamita e una maniglia brunita ad anello con bocchetta.
Comodino fai da te – Particolari unioni
Tempo richiesto: 1 giorno
Applicare una scanalatura in uno dei lati corti dei travetti
In uno dei lati corti dei travetti, a tutta lunghezza, pratichiamo una scanalatura profonda 12 mm e larga 15 mm con una fresa cilindrica, a distanza costante dai bordi; a questo scopo bisogna bloccare un listello guida a opportuna distanza dalla fresa e fare una prova con un pezzo di scarto, per verificare che la scanalatura risulti perfettamente parallela alla lunghezza. Nei 4 travetti centrali di ogni lato le scanalature devono essere due, contrapposte.
Unire i 3 travetti che compongono ciascun lato
I lati sono composti da 3 travetti ciascuno, uniti con l’inserimento di due listelli 15×30 mm nelle scanalature e abbondante colla vinilica.
Realizzare un dente per poter unire le tavolette
Anche per unire le tavolette affiancate si realizza un dente (due per quella centrale) a tutta lunghezza e profondo metà spessore con la stessa fresa, ricalibrando per lo scopo il listello guida.
Serrare tra morsetti
Ciascun elemento composto e incollato va serrato tra morsetti; seguirà una levigatura (o piallatura) per eliminare eventuali scalini risultanti dall’unione.
Posizionare la cerniera a libro
Per montare le cerniere a libro che collegano l’anta alla struttura si fissano a uno dei listelli 45×45 mm da porre alla base: si marca la posizione di entrambe alla stessa distanza dai bordi laterali.
Realizzare lo scasso
Con uno scalpello affilato si realizza lo scasso necessario a incassare a filo l’ala della cerniera, rifinendo poi la sede con raspa e carta vetrata.
Assemblare la “scatola”
La “scatola” viene assemblata solo per incollaggio: tra i due fianchi viene inserito il top e, alla base, i due listelli 45×45 mm a filo esterno dei fianchi. Questi ultimi chiudono le cornici che fanno da supporto per il fondo e per il retro, entrambi di compensato incollato a esse.
Montare l’anta frontale
Quando la colla di montaggio per legno ha fatto presa si può montare l’anta frontale e verificare che si inserisca nella luce della scatola senza attriti, ma anche senza far risultare fessure troppo evidenti. Quando l’articolazione risulta efficace, si possono montare le due metà della calamita di chiusura nella parte alta dell’anta e della scatola, al centro.
Forare l’anta
Sempre al centro dell’anta, a un paio di centimetri dal filo superiore, si pratica il foro passante per l’inserimento del perno filettato a cui fissare la maniglia ad anello.
Fissare la maniglia ad anello
L’anello è articolato su uno snodo fisso, filettato metrico sulla faccia di appoggio: dopo aver fissato sul lato esterno la bocchetta sagomata, con piccoli chiodini di ottone, si avvita alla maniglia uno spezzone di barra filettata, da tagliare a misura appena sufficiente a bloccare il tutto con un bulloncino e una rondella inseriti dall’interno. In caso di appoggio a pavimento sono sufficienti quattro feltrini applicati sotto la base; il fissaggio a parete può essere fatto con mensole o senza elementi a vista, con le viti dei tasselli, provviste di larghe rondelle, che attraversano il retro. In questo caso, oltre a utilizzare un compensato più spesso, è bene che sia fissato alla struttura con l’aggiunta di viti. Le dimensioni finali del comodino fai da te sono circa 540x355x185 mm.
Costruire una borsa di cuoio fai da te non è difficile, infatti consiste in un rettangolo (che compone fondo, fianchi e coperchio) e due elementi laterali uguali più la cinghia; la cucitura ha un ruolo funzionale e decorativo
Questa borsa di cuoio fai da te ha una struttura piuttosto semplice e il risultato estetico finale dipende dalla precisione con cui viene tagliato il cuoio e con cui sono fatte le cuciture ( a tal proporsito consigliamo vivamente la lettura della nostra guida specifica su come lavorare il cuoio).
Il materiale adatto per realizzare una borsa di cuoio artigianale è il cuoio grasso o vacchetta, o comunque una pelle morbida. Servono anche cartone piuttosto spesso per le dime, alcuni rivetti, una fibbia ed una chiusura per borse. Il modello dell’oggetto, realizzato con sagome di cartone, deve essere basato sulle dimensioni scelte per la borsa: servono alcuni calcoli precisi per considerare il fondo rotondo e i bordi per le cuciture, ma il procedimento per realizzare borse di cuoio fatte a mano è facile e intuitivo. Con le due sagome più la tracolla è possibile sapere le dimensioni del pezzo di cuoio da acquistare.
Scegliamo il pezzo che più si adatta alle misure. Sovrapponendo alla pelle le due sagome e lavorando con un cutter si ottengono i tre pezzi fondamentali che costituiscono la borsa di cuoio fai da te. Per ritagliare la cinghia non è obbligatorio costruire un modello di cartone: basta utilizzare una lunga riga metallica. Dopo il taglio vanno praticati, sui due fianchi e in posizione centrata, i fori per il fissaggio della tracolla.
Lungo le pareti dei bordi dei pezzi, che andranno a combaciare fra loro, vanno praticati i piccoli fori per le cuciture. I fori devono essere di piccole dimensioni, pertanto va utilizzata una lesina oppure una fustella di piccolo diametro. E’ importante, ai fini dell’estetica, che i fori siano equidistanti (da 5 a 8 mm l’uno dall’altro) e che sia uniforme la distanza dal bordo della pelle (5 mm).
Il punto più adatto è il “punto sella”, per il quale occorrono due aghi con cui fare due filze sovrapposte. Finita la cucitura si passa al montaggio della tracolla ai fianchi della borsa, con due rivetti negli appositi fori predisposti. Sulla cinghia vanno praticati con la pinza fustellatrice, ad eguale distanza, alcuni fori di diametro adeguato alla fibbia, da fissare con un rivetto. La nostra borsa di cuoio fai da te è pronta!
E per… imparare a lavorare il cuoio in maniera professionale esiste la straordinaria scuola del cuoio di Firenze!
Creare borse di cuoio, serve un progetto
Borsa di cuoio fai da te
Il taglio va effettuato dalla parte “bella” e tenendo sotto la pelle un pezzo di compensato.
La cucitura va fatta in modo tale che le parti interne della pelle combacino; i due fianchi della borsa.
Per fissare il maschio della chiusura è necessario fare due piccoli tagli per le alette metalliche da ripiegare.
La mascherina della chiusura si inserisce col martello o con il torchietto.
I fori sulla cinghia vanno fatti con la pinza fustellatrice ad eguali distanze e al centro della striscia, quindi prima di iniziare il lavoro è consigliabile marcare i punti con una piccola incisione.
La fibbia viene fissata con un rivetto da bloccare col martello. Il rivetto è anche usato per fissare ai fianchi della borsa ciascuno dei due capi della cinghia.
Cerchi idee più semplici? Guarda l’articolo sulle borse fai da te di bricoyoung.it
Millechiodi Crystal fa parte della gamma di adesivi di montaggio con cui affrontare con successo qualsiasi esigenza di fissaggio in qualsiasi situazione. Adatto per l’utilizzo sia in interni sia in esterni, in presenza o meno di umidità, con forte effetto ventosa
Gli adesivi di montaggio hanno come caratteristico punto di forza la tenacia dell’unione di due pezzi, espressa sin dal primo momento, grazie al loro potente effetto ventosa. Tutto questo avviene anche nell’unione di materiali di natura differente, ma nella gamma Millechiodi di Pattex si trova il prodotto ideale per ogni particolare situazione: Millechiodi Crystal, per esempio, è una potente combinazione di una colla per costruzioni e un adesivo sigillante, che incolla tra loro anche superfici lisce. Pertanto è indicato nel fissaggio di vetri e specchi su supporti come piastrelle, metalli anche lucidi o cromati, plastiche, legno smaltato ecc.
Millechiodi Crystal ha come peculiarità la trasparenza cristallina; con la tecnologia FlexTec Polymer, brevettata da Henkel, questa colla multiuso assicura un fissaggio flessibile e al contempo potente con risultati eccezionalmente trasparenti. Può essere usata su materiali assorbenti e non assorbenti, come ceramica, cemento, cartone, cartongesso, compensato, pietra, MDF, legno, metallo, PVC-U, vetro.
Alcuni esempi di applicazione sono il fissaggio di specchi alle mattonelle, maniglie alle ante delle docce, paraschizzi in cucina, numeri civici ecc. È adatta per l’utilizzo in interni e in esterni; è senza solventi, molto potente, altamente elastica, resistente ai raggi UV, impermeabile, non restringe, quindi perfetta per riempire le fughe. Resiste a temperature dai -30 °C ai + 70 °C. È disponibile in blister da 90 g e in tubo per pistola a estrusione da 290 g.
Tutto fatto in pochi minuti
Abbiamo usato Millechiodi Crystal per fissare uno specchio senza cornice a una parete piastrellata del bagno. Per la preparazione delle superfici, non dobbiamo fare altro che detergerle entrambe con alcol per rimuovere eventuali residui grassi e oleosi.
Tempo richiesto: 10 minuti
Tagliare il beccuccio conico
Con un cutter tagliamo il beccuccio conico di erogazione per consentire la formazione di un cordone adeguato all’utilizzo.
Rimuovere il sigillo
Sempre col cutter rimuoviamo il sigillo che mantiene integro il tubo di adesivo di montaggio.
Avvitare il beccuccio
Avvitiamo a fondo il beccuccio sul tubo di adesivo.
Inserire la cartuccia nella pistola
Inseriamo la cartuccia nella pistola a estrusione e premiamo la leva per riempire il beccuccio di adesivo. Quando sta per uscire dalla punta, sganciamo la leva posteriormente, per fermare immediatamente la spinta.
La gamma millechiodi
La famiglia Millechiodi propone un ventaglio di adesivi di montaggio ideali per fissare all’esterno la cassetta della posta o gli zoccolini in pietra, per incollaggi interni come per componenti da bagno, cassette elettriche, battiscopa ecc.
Si differenziano tra:
GAMMA FORTE&RAPIDO (Millechiodi FORTE&RAPIDO e Millechiodi TRASPARENTE), per incollaggi tra superfici di cui almeno una sia porosa (legno su muratura, sughero su boiserie).
GAMMA POLIMERICA UNIVERSALE (Millechiodi CRYSTAL, ESTERNI E INTERNI, EXTREME, REMOVIBILE e Click&Fix) per incollaggi su tutti i materiali anche su superfici non porose, quali vetri, specchi, marmi, su superfici metalliche anche verniciate.
Costruire una zampogna… L’autocostruzione dello strumento musicale popolare, diffuso in passato soprattutto tra i pastori, ma realizzata in versione “sintetica” partendo da una camera d’aria: gli unici elementi naturali sono le canne di canto, il bordone e i supporti delle ance
Costruire una zampogna non è prettamente una cosa che ci passa per la testa tutti i giorni, ma non è mai troppo tardi per avere pensieri insoliti…Non ci è possibile valutare la qualità del suono emesso dalla zampogna realizzata dal nostro lettore Giuseppe Trentin, ma abbiamo ragione di pensare che gli permetta di improvvisarsi zampognaro a livello dilettantistico, intonando melodie per piacere suo e dei familiari. Anche se in origine si trattava di uno strumento “povero”, le zampogne di attuale produzione hanno prezzi che partono dai 400 euro in su, se si escludono le imitazioni (inaffidabili) di fattura pakistana.
Di questo strumento esistono diverse interpretazioni, a seconda delle origini nelle diverse zone del centro e del sud Italia (le cornamuse nordiche sono un’altra cosa ancora), ma ci pare di capire che si tratta della cosiddetta “zampogna zoppa” tipica dell’area laziale-molisana, in quanto ha un solo bordone, ma potrebbe averne anche due, e due canne di canto, di cui una più lunga dell’altra, presumibilmente quella di sinistra. Per costruire una zampogna occorre capire bene come è gatta: La caratteristica della zampogna è quella di emettere una melodia continua, senza le interruzioni dovute all’inspirazione che caratterizza gli altri strumenti a fiato.
La sacca, infatti, serve da riserva d’aria e permette al suonatore di riprendere fiato. Affinché questo sia possibile, la sacca dev’essere a tenuta ermetica e il tubo insufflatore deve essere provvisto di una valvola di non ritorno; l’aria viene poi convogliata alle canne dello strumento dalla pressione del braccio che comprime la sacca. Il nostro lettore ha reinterpretato la zampogna fai da te partendo da una camera d’aria di camion e per realizzare le varie parti ha utilizzato diversi pezzi di materiale plastico (tubi per idraulica, bottiglia da bibita, scodella usa e getta, guaina passacavi), legati tra se stessi e alla sacca con filo di ferro e nastro adesivo di carta, più canne di bambù per le parti propriamente sonore. Già così la zampogna poteva funzionare, ma non poteva mancare un rivestimento di lana d’agnello sintetica per renderla somigliante a quelle artigianali.
Nella tradizione, la sacca che ha la funzione di “serbatoio” dell’aria è realizzata con una pelle di pecora o di capra in un unico pezzo: questa è una versione un po’ più “animalista” e l’otre in cui viene immessa l’aria è ricavato da una camera d’aria da camion, successivamente rivestita con una pelle d’agnello sintetica per conformità estetica. Soltanto due delle tre canne (che possono essere anche 4 o 5) hanno il compito di modulare il suono alternando la chiusura dei fori, l’altra o le altre emettono una nota fissa e si chiamano bordoni: per costruire una zampogna sono state utilizzate canne di bambù del diametro di 15 mm, una lunga 600 mm e due lunghe 400 mm, queste ultime riportanti 4 fori distanziati di 25 mm ciascuno, alle quali sono state inserite a pressione le ance che determinano il tipico suono della zampogna con le loro vibrazioni.
Realizzare il sacco e lo scarico
La camera d’aria va ritagliata nelle dimensioni necessarie a ottenere una sacca Ø 300×800 mm, incollandone i lembi con colla cianoacrilica. Nella parte superiore deve rimanere un’apertura in cui inserire il ceppo con le canne di canto; a circa 200 mm da questo occorre praticare il foro per il tubo di insufflaggio.
Alla base della sacca, spostato lateralmente, si deve predisporre lo scarico della condensa, in quanto questa può rovinare le ance: si pratica un’apertura opportuna per inserirvi il collo di una bottiglia di plastica.
Il pezzo, tagliato circa 50 mm sotto il tappo, si fa entrare nella sacca con il collo filettato all’esterno e si blocca con qualche giro di filo di ferro.
La legatura si nasconde incollandovi attorno una striscia di gomma, ritagliata da un avanzo di camera d’aria. Lo smaltimento della condensa è affidato a uno spezzone di tubo corrugato lungo 650 mm, da collegare al tubo di insufflaggio tramite un portagomma, nascosto all’interno della sacca.
Calibrare le ance di bambù
Le ance sono ottenute da canne di bambù di piccolo diametro da cui si ricavano spezzoni lunghi circa 70 mm, chiusi a un’estremità. A 10 mm dall’estremità chiusa si pratica un intaglio.
Da una scodella monouso di plastica si ritagliano le striscioline da fissare alle cannucce.
Le striscioline di plastica si bloccano alle cannucce con carta adesiva lasciando libera la parte che va a ricoprire il foro realizzato in precedenza: in questo modo l’aria mette in vibrazione la striscia di plastica.
Le ance vanno poi inserite a pressione in un foro praticato alle estremità del bordone e delle canne di melodia che vanno all’interno della sacca.
Fissaggio del ceppo e delle canne
Il ceppo è costituito da 3 tubi di plastica rigidi Ø 18×200 mm che devono essere uniti a formare una sorta di cono: da un lato sono tenuti ravvicinati con filo di ferro, mentre all’estremità opposta, per divaricarli, si riempie la parte centrale con carta adesiva o materiale simile.
Si rifascia esternamente il ceppo, sempre con carta adesiva, poi si riempiono gli interstizi con silicone badando di non farlo penetrare all’interno dei tubi.
Si inseriscono le canne nel ceppo e questo nell’apertura superiore della sacca, bloccandolo a essa con filo di ferro e con diversi giri di carta adesiva,
poi ricoprendo con una striscia di gomma come si è fatto per lo scarico della condensa.
All’estremità del portagomma che rimane all’esterno della sacca va inserito il tubicino per l’insufflaggio dell’aria;
al suo interno va collocata una valvolina di non ritorno per evitare l’uscita indesiderata dell’aria insufflata. Un dischetto di gomma rifinisce la zona di collegamento tra portagomma e sacca.
L’intera sacca e il tubo d’insufflaggio vengono rivestiti con la pelle di finto agnello tagliata a misura, cucita a macchina e rifinita con alcuni punti a mano. Nei punti cruciali va stretta con alcuni lacci colorati che completano il rivestimento.
Consigli per l’acquisto di una zampogna con cui imparare a suonare
Quattro pannelli di multistrato di betulla, uniti tra loro con colla e robuste staffe metalliche, compongono una panca fai da te con una seduta per una sola persona, perché i due spazi laterali sono aperti per fare posto a due grandi piante verdi. Quattro ruote di grande diametro permettono di spostare l’oasi verde
Se amiamo portare un po’ di natura tra le mura di casa, la costruzione di questa panca fai da te dalla linea semplicissima risponde bene allo scopo: può servire per un momento di relax in terrazzo, per cambiarsi o mettere le scarpe, in cui molto spazio alle estremità è dedicato all’alloggiamento di due grossi vasi con piante verdi. Quattro ruote di grande diametro (150 mm) portano alla giusta altezza la seduta e rendono mobile la panca fai da te che quindi può stare, come in questo caso, fuori dalla stanza da bagno, ma può essere facilmente e velocemente spostata in qualsiasi altro punto dell’abitazione, anche al di fuori.
Con una dotazione completa di elettroutensili Bosch a batteria la costruzione risulta alla portata di tutti: si tratta di unire con colla e staffe metalliche quattro pannelli di legno multistrato e di avvitare a quello inferiore le quattro ruote. I pannelli di legno sono stati lasciati grezzi senza alcun trattamento di finitura; ancora più importante, quindi, che tutti i bordi vengano accuratamente levigati e leggermente smussati per eliminare ogni asperità o imperfezione lasciata dal taglio. A chi in casa si occupa del verde resta il compito di preservare dall’umidità il pannello inferiore su cui appoggiano i vasi, collocandoli, com’è peraltro consuetudine, su adeguati sottovasi.
Cosa occorre
Utensili: trapano battente e avvitatore a batteria AdvancedImpact 18, levigatrice a batteria PSM 18 Li con foglio abrasivo con grana 120, microsega a batteria AdvancedCut 18 con lama Wood Basic 50, sega circolare a batteria PKS 18 Li, batteria PBA 18V 2,5 Ah, 2 strettoi, 4 morsetti d’angolo/morsetti a morsa, set di punte e trapani adatti.
Ferramenta: 16 rondelle 4,3×12 mm, 4 ruote girevoli diametro 150 mm, 12 staffe a L da 50×50 mm, 80 viti per legno da 3,5×16 mm.
Legno: 2 pannelli multistrato di betulla da 1200x15x380 mm, 2 pannelli multistrato di betulla da 1200x15x280 mm.
Varie: colla, matita, metro pieghevole, occhiali di sicurezza, protezioni per le orecchie, maschera per le vie respiratorie.
Realizzazione della panca fai da te su ruote
Tempo richiesto: 8 ore
Segnare le rientranze sul pannello superiore e tagliare
Sul pannello superiore da 1200×380 mm si segnano le rientranze desiderate (in questo caso 150×350 mm) per le piante e si taglia l’incavo usando la microsega a batteria AdvancedCut 18.
Tagliare i bordi lunghi con un angolo di 45°
I bordi lunghi di tutti e quattro i pannelli di multistrato vengono tagliati con un angolo di 45° con la sega circolare a batteria PKS 18 Li. Per ottenere tagli puliti e diritti, si fissa una lunga tavola di legno dritta con due morsetti in modo che funga da guida per la sega circolare.
Unire i pannelli
I pannelli si uniscono stendendo un velo di adesivo vinilico sulla faccia di contatto e applicando alle estremità i morsetti angolari. Quindi si aggiungono tre staffe a L, distribuite lungo la linea di giunzione, fissandole ognuna con 4 viti da legno. Per riuscire a mettere comodamente le ultime viti delle staffe, anche quando la “scatola” si chiude con il 4° pannello, bisogna lasciare per ultimo uno dei due pannelli stretti e aver già fissato le staffe a L sui lati dei due pannelli grandi sui quali il 4° va fissato.
Levigare bordi e spigoli
Si levigano i bordi e gli spigoli con la levigatrice palmare PSM 18 Li e un foglio abrasivo di grana 120. Se tra i singoli elementi in legno si è creata qualche fessura, si applica un po’ di colla: la polvere di levigatura si mescola alla colla e riempie gli spazi.
Avvitare le quattro ruote
Si avvitano le quattro ruote per mobili alla base del corpo, a 20 mm di distanza da ogni bordo, con viti e rondelle.
Quattro anelli a forma di dodecagono collegano dodici montanti, piegati e curvati per comporre un robusto e slanciato portavasi fai da te: la costruzione si può realizzare anche senza dover ricorrere alla saldatura
Sistemato in ingresso o in un angolo del soggiorno è un portavasi fai da te davvero imponente che si costruisce interamente con piattina di ferro spessa 3 mm e larga 20 mm: con questo materiale si realizzano i dodici montanti e i quattro anelli dodecagonali che bloccano in posizione i montanti. Il primo anello blocca i montanti alla base con un diametro di circa 267 mm; con lo stesso diametro il terzo anello li blocca prima che inizi il ricciolo. Il secondo anello ha un diametro di 210 mm circa e viene posizionato appena sopra la piega a zeta centrale; il quarto anello, il più grande, con un diametro di 372 mm, ferma i riccioli che sporgono esternamente al vaso.
Tutti gli anelli vengono forati al centro di ogni vertice per ricevere i bulloni e i dadi che li legano ai montanti. L’unico punto in cui potrebbe servire la saldatrice è al momento di unire le estremità dei quattro anelli per chiuderle, ma si può ovviare lasciandoli più lunghi di 25 mm, molandoli di sbieco a becco di flauto, sovrapponendoli in modo che non facciano spessore, incollandoli con adesivo epossidico e rinforzando la giunzione con un ribattino.
Se l’assemblaggio del portavasi fai da te risulta abbastanza semplice, richiedono un maggiore impegno costruttivo le dime e le controforme in ferro che sono indispensabili per piegare i montanti a zeta al centro, per dare loro la morbida curvatura che contraddistingue la parte inferiore e per realizzare i dodici riccioli con cui terminano.
Il modello di questo portavasi fai da te in ferro curvato può essere trasformato in un portaombrelli: basta aggiungere sul fondo un piattino di lamiera su cui appoggino e sgocciolino gli ombrelli. Facendo più lunghi i pezzi verticali e aggiungendo altri due anelli che ne irrobustiscano la struttura lo si può trasformare in un appendiabiti da ingresso.
Cosa occorre per realizzare il portavasi fai da te in ferro
15 metri di ferro piatto 3×20 mm;
60 bulloncini M5x10 mm
60 dadi di ottone a cupola.
Per le controforme:
2 pezzi di ferro a T da 80x80x10 mm lunghi 400 e 150 mm;
un metro di quadrello 12×12 mm;
mezzo metro di tubo quadro 30x30x3 mm;
un pezzo cilindrico Ø 48×30 mm.
Componenti del portavasi fai da teIl ferro piatto si taglia più facilmente e con più precisione mettendolo in morsa orizzontale e non verticale. Servono dodici montanti lunghi 800 mm, due pezzi da 840 mm, uno da 660 mm e uno da 1170 mm per gli anelli orizzontali.Tagliati a misura tutti i pezzi vi si traccia prima la mezzeria e poi, su questa, si punzonano gli inviti per i vari fori, rispettando le distanze che, nei montanti, sono, a partire da un capo, a 10, 145, 375, 475 e 790 mm.Praticati con punta Ø 5,5 mm i fori in tutti e sedici i pezzi, si curvano sulla dima le estremità dei montanti a formare i riccioli.Se non si ha una piegalamiere, la piega a Z a mezz’altezza dei montanti si fa sulla morsa a martellate, curando la squadratura della piega stessa. Per ogni montante abbiamo la prima piega a 410, la seconda a 460 e la terza a 770 mm: conviene segnarle con una punta a tracciare.La piega del montante fa da appoggio sulla “rotaia” della controforma di curvatura contro la quale va stretta la piattina di ferro fino a ottenere la curvatura voluta.Se i fori non sono fatti prima di piegare e curvare i pezzi può diventare problematico tenere i pezzi in posizione sotto la rotazione della punta del trapano.
Ferro da riccioli con dime
Una striscia 3×20 mm si piega facilmente anche a mano libera ma, per ottenere curve e pieghe tutte uguali, è assai più comodo servirsi di una controforma da montare nella morsa. L’ideale sarebbe una macchina piegaferri con tutti i suoi begli accessori per ogni tipo di piega e di voluta, ma per fare solo questo lavoro non è il caso di procurarsela. La dima per fare i riccioli finali dei montanti del vaso può essere fatta saldando un pezzo di tubo quadro e uno di tondo su un supporto che può essere un segmento di tubo quadro; l’importante è che fra i due pezzi saldati sopra resti uno spazio di 4 mm.
Per la curva morbida alla base dei montanti, la dima è costituita da un supporto a T con una piastra spessa 6 mm, larga 80 e lunga circa 500 mm, sulla quale si saldano due spezzoni di quadrello 12×12 mm: uno da 85 mm che fa da spalla e uno di circa 400 mm, curvato nella morsa con l’aiuto di cagna da muratore e mazzetta fino a che, posandolo sulla suola del ferro a T, i capi ne sfiorino un bordo e la pancia arrivi a 10 mm dal bordo opposto. La curva non è esattamente simmetrica: il primo tratto di un ramo, da fissare parallelo alla spalla, è infatti diritto. Anche qui fra spalla e appoggio resta un corridoio largo 4 mm.
Montaggio di anelli e montanti
Creare gli anelli dodecagonali
Per fare gli anelli dodecagonali si usa la dima a V. La piattina è già forata e la piega deve ricadere in corrispondenza di ogni foro. Quindi si mette il pezzo nella dima con il foro centrato sull’apertura della V formata dai quadrelli.
Chiudere l’anello
Per chiudere l’anello se ne saldano le estremità oppure si incollano con adesivo epossidico, rinforzando l’unione con un ribattino.
Montare gli anelli
Montato l’anello di base si prosegue con gli altri.
Inserire i bulloncini di fissaggio
Per inserire i bulloncini di fissaggio senza difficoltà, basta mettere la lama di un cacciavite nei due fori e stringere i pezzi con una pinza poligrip.
La controforma usata per piegare la piattina per fare i dodecagoni, si usa anche per rendere verticale l’estremità inferiore dei montanti. È realizzata su un supporto a T fatto con piatto largo 80 mm e spesso 6 mm. Sulla suola sono saldati 3 pezzi di quadrello 12×12 lunghi 50 mm, due sono paralleli con uno spazio fra loro di 4 mm; il terzo è messo a formare una V molto larga, con angolo di 145° rispetto al quadrello con cui è in contatto con uno spigolo. Il dodecagono ha angoli interni di 150°, la dima si fa con un angolo più stretto, per il lieve “ritorno” del ferro.