Pratici aggiuntivi antintrusione per le maniglie delle finestre: una sicurezza in più
Le modalità con cui i ladri penetrano all’interno delle abitazioni diventano sempre più raffinate: un metodo ampiamente diffuso prevede la foratura del serramento per inserirvi un ferro con punta girevole tramite cui fare leva sulla maniglia e aprire la finestra: tutto ciò in circa 25 secondi.
Installando, però, dispositivi antintrusione, come i blocchi di sicurezza a scatto di Sacar due, si limita fortemente la possibilità di effrazione: il loro funzionamento è molto semplice, così come l’installazione, che si effettua in totale autonomia.
Due tonaltà
I blocchi di sicurezza Sacar sono proposti in due tonalità differenti, per adattarsi alle esigenze specifiche: ottone lucido(1) e ottone cromo(2).
Sul retro (3) è ben visibile la sede per il quadrello (sezione 7 mm, ma facilmente adattabile a 9 mm tramite leggera limatura). Per quadrelli con sezione inferiore a 7 mm occorre usare un riduttore.
Facile installazione
Le viti che tengono in posizione la mascherina della maniglia si allentano con un cacciavite, in modo da riuscire ad asportare delicatamente tutto il meccanismo.La sezione del quadrello della maniglia va preventivamente misurata con un calibro, in modo da verificare se occorra limare leggermente la sede del blocco di sicurezza, oppure inserire un opportuno riduttore.Si applica il blocco di sicurezza inserendolo nel quadrello della maniglia fino a battuta con la mascherina.La maniglia, munita di dispositivo di sicurezza, va rimessa in posizione sul serramento.La maniglia, munita di dispositivo di sicurezza, va rimessa in posizione sul serramento.
Sin dai tempi dei Fenici la lavorazione del vetro soffiato ha avuto diffusione e sviluppo dettati dalla sostanziale utilità
Oggi il settore del vetro soffiato è di nicchia e assume in modo prevalente una connotazione artistica. La procedura è elementare, non servono strumenti tecnologicamente avanzati, ma una destrezza manuale fuori dal comune
Il vetro viene prodotto con sabbia silicea a cui si aggiungono ossidi di sodio e di potassio che ne influenzano la fluidità e altri (di calcio, bario, magnesio e zinco ) che ne stabilizzano le proprietà meccaniche e fisiche; altri ossidi lo rendono più fine, più o meno trasparente, colorato nelle diverse tonalità ecc. Complesso e interessante il suo processo di fabbricazione che prevede la miscelazione dei componenti, la fusione in forno, l’affinazione e la lavorazione vera e propria con le più originali tecniche inventate dai maestri vetrai (i primi risalgono al terzo millennio avanti Cristo ed erano Fenici!).
Liquido sottoraffreddato
In scienze dei materiali, il vetro è tecnicamente definito un liquido sottoraffreddato. La tecnica più antica è quella del vetro soffiato, eseguita ancora oggi a mano, da esperti artigiani, che danno vita a oggetti meravigliosi servendosi solamente di pochi semplici oggetti e della propria abilità. Questa tecnica prevede l’utilizzo di una lunga canna, detta “canna da soffio”: l’artigiano, soffiando dentro la canna, gonfia come se fosse un palloncino un grumo di vetro tanto caldo da sciogliersi ed essere fluido come miele. Mentre il vetro si espande, l’abilità sta nel fargli prendere la forma voluta, tenendo conto della finestra di tempo utile per la lavorazione, prima che tenda a solidificare.
Ovviamente è sempre possibile avvicinare alla fiamma il manufatto per far rinvenire la morbidezza, spesso per una modellazione supplementare, spesso per effettuare la giunzione con un altro elemento. Oltre a questa tecnica detta a vetro a soffio libero, ne esiste anche una a soffio in stampo.
Al contrario del primo caso, in cui l’artigiano procede modellando ad arte l’oggetto, utilizzando soltanto l’aria e alcuni semplici strumenti come forbici e pinze, nel secondo caso il vetro incandescente viene fatto espandere e aderire alle pareti di uno stampo.
Vetro soffiato con la tecnica murrina
Il vetro soffiato con la tecnica decorativa delle murrine è tra le più antiche conosciuta già dai Romani e recuperata a Murano all’inizio dell’ottavo decennio del XIX secolo. Il termine è stato coniato in epoca moderna nel 1878 dall’abate Vincenzo Zanetti, che tanto contribuì alla rinascita della vetraria muranese dopo un lungo periodo di crisi e deriva probabilmente dal termine myrra (profumo) sia perché questi vasi erano destinati a contenere profumi sia perché quelli realizzati dai maestri vetrai alessandrini e portati a Roma da Pompero erano fatti con una varietà di fluorite che emana un particolare profumo.
In cosa consiste la tecnica
La tecnica consiste nell’unione di canne di vetro di vario colore per formare un particolare effetto cromatico, poi riscaldate fino a formare una canna unica. La canna è poi tagliata ottenendo una serie di piccoli dischi che, disposti secondo un disegno prestabilito, sono riscaldati, lavorati e soffiati sino a ottenere la forma definitiva dell’oggetto.
Per formare una semplice murrina a strati concentrici sovrapposti è necessario che nella fornace ci siano dei crogioli con vetro allo stato molle di colori diversi. Un operaio preleva quindi sulla punta di un’asta di ferro una piccola quantità di vetro dal primo crogiolo, passando subito dopo a ricoprirlo con più strati di colori diversi fino a ottenere un cilindro che viene fatto rotolare sopra una spessa piastra di ferro o di bronzo; gli operai “tiracanna” stirano il pastone per portarlo al diametro programmato. In questo caso si otterrà una murrina con disegni a cerchi concentrici, ma il pastone di vetro molle può essere infilato in uno stampo con delle costolature verticali a forma di fiore, di stella, di cuore. Le bacchette così ottenute (o meglio le canne) servono per produrre le perle “mosaico”, piatti e ciotole e infine ciondoli. Ma possono essere usate anche per comporre realizzazioni uniche come questi preziosi vasi di Venini.
Le sezioni di canna di vari colori vengono montate a freddo su uno stampo ceramico a formare un quadrato e poi scaldate.
Su una lunga asta si dà forma alla base del vaso.
Si usa questa base per avvolgere il quadrato fatto con le sezioni di canne; il vetro incandescente della base si incolla a quello del quadrato e lo chiude fino a comporre un cilindro.
Questo viene regolarizzato facendolo rotolare su un piano metallico
…e riportandolo ogni tanto in forno.
I movimenti devono essere rapidi e decisi.
Si dà forma al vaso allungandone il collo con lunghe pinze.
La sezione più stretta del collo si ottiene facendo rotolare il cilindro sul bordo del piano metallico. Il manufatto rientra ogni tanto in forno per tenere il vetro alla giusta temperatura.
Le lunghe pinze aiutano a definire passo dopo passo la forma finale che si intende dare al vaso.
Occorre grandissima abilità nel manovrare ad arte le pinze
Facendo ruotare il vaso attorno a un’asta si mantiene aperta e regolare la sua bocca.
Siamo agli aggiustamenti finali della forma
…con continui passaggi in forno.
Con la pinza usata non per stringere, ma per divaricare, si dà forma alla svasatura della bocca del vaso.
Si usano le forbici per tagliare la parte eccedente e regolarizzare l’orlo superiore del vaso.
Il vaso è finito, bisogna solo staccare il fondo dalla lunga asta che lo ha sorretto in tutte le fasi di lavorazione.
Venini e alcuni suoi designer
Per realizzare i vasi “Occhi” la temperatura all’interno dei forni è di 1200 °C
I vasi “Occhi” sono eseguiti con la tecnica delle Murrine, piccoli settori di vetro tagliati da lunghe canne realizzate da Venini. Le canne, in questo caso, sono di due colori, uno interno e un secondo che riveste il primo; i settori sono composti come un mosaico su un piano di metallo che viene riscaldato, cosicché le Murrine diventano un’unica lastra di vetro che viene successivamente lavorata a forma di vaso dal maestro vetraio. Venini Art Glass
Matteo Thun: Nel 2011 disegna i “Susanni”, complementi d’arredo di grandi dimensioni che riproducono barattoli da cucina trasparenti, eleganti e ben proporzionati. “Alla
Morandi” sono invece tre serie ciascuna di 3 bottiglie in 30+5 esemplari, in vetro soffiato e lavorato a mano, poi velato e molato, su base in pietra calcarea.
Gae Aulenti: Scomparsa nel 2012, dal 1993 ha disegnato vari oggetti per Venini come il vaso Geacolor (sotto) in vetro multicolore soffiato e lavorato a mano; Torto e Ritorto, edizione limitata in 9 opere in numero arabo + 9 in numero romano di sculture in vetro soffiato Rosso Pulegoso; Ginepro Mirtillo Ribes limitata a 99 opere ciascuna con applicate a caldo oltre 300 piccole sfere nere.
Alessandro Mondini: Ha diretto Casabella Modo e Domus, collabora con lo studio Alchimia e con varie industrie, realizza oggetti, mobili, ambienti e installazioni. Gli è stato attribuito il Compasso d’Oro per il design e i suoi lavori si trovano in diversi musei e collezioni. Per Venini, dal 1987, disegna lampade e oggetti (sotto, la Grande Alzata, edizione limitata in 99 opere, tecnica Murrine).
Tadao Andō: Giapponese, ha iniziato a dedicarsi all’architettura da autodidatta dopo aver fatto il camionista e il pugile, fino a fondare uno studio di architettura nel 1969. Nel 2011 inizia la collaborazione con Venini, per cui ha ideato la serie Veliero (piantana, pannello e lampada da tavolo) e le serie limitate per numero e colore Ando e Ando Time (90 e 49 opere per colore).
Bianconi (1915-1996), dapprima grafico e illustratore per Mondadori, Bompiani e Garzanti, incontra Paolo Venini nel 1946 ed entra a collaborare nella vetreria. Plasmando nei suoi vetri movimento e colore determina un legame di grande modernità con la storia muranese, dando vita a serie come Figure della Commedia, i Tiepolo, il Fazzoletto, le Sirene, i Pezzati e molti altri.
Modificare la betoniera, in modo da poterla movimentare agevolmente e senza fare alcuna fatica: basta applicare l’attacco per testina tonda da rimorchio
La più comune betoniera, usata in cantiere praticamente da tutti i muratori nei lavori di posa, è una macchina relativamente piccola, ma proprio leggera non è. Il posizionamento può non essere un problema per una persona robusta, ma il terreno deve essere piano e abbastanza uniforme; in caso di pendenza e fondo irregolare, mettere la betoniera nel posto giusto è tutt’altro che agevole.
In questo articolo vedremo come fare una modifica all’impastatrice da cemento per dotarla di un attacco appropriato alla testina a sfera, anche se, mancando l’omologazione, non la si può portare sulle strade aperte al traffico. Questa modifica rende comunque estremamente comodo spostare la betoniera in cantiere, per collocarla dove può essere più utile al lavoro e fare meno strada con le carriole cariche.
Nel punto dove inevitabilmente deve ricadere l’attacco per il gancio c’è il pedale di sgancio della campana con il suo tirante, più una paratia di lamiera che protegge e ripara il tutto. Per poter applicare in quello stesso punto l’attacco per il gancio traino si è resa necessaria una modifica con rimozione provvisoria della protezione in lamiera, per eseguire il foro passante nel piede della betoniera, dove innestare un tubo di raccordo su cui fissare l’attacco.
Le modifiche nel loro insieme
L’attacco per il gancio traino a testina si acquista su internet: se ne trovano di omologati e nuovi a poco più di 20 euro.Il timone con l’attacco si innesta e fissa con bullone e dado a un tubo saldato al piede della betoniera.Per meglio assecondare le buche e le irregolarità del terreno, un intervento a margine dell’implementazione del traino della betoniera è la sostituzione delle piccole ruote in dotazione con quelle di un’utilitaria demolita. Questo ha richiesto l’applicazione anche dei ceppi delle ruote dell’auto.
Come prima cosa, è necessario rimuovere la cuffia di lamiera che protegge il pedale. La si dissalda con la smerigliatrice angolare.Sempre con la smerigliatrice, si apre una finestra, prima frontalmente, poi nel retro, nel grosso tubo che costituisce il piede d’appoggio anteriore della betoniera.Due spezzoni di tubo di misura adeguata si uniscono innestando l’uno all’interno dell’altro per un breve tratto. La giunzione, stabile e definitiva, si effettua con saldatura a elettrodi.I pezzi uniti si innestano nel foro eseguito nel piede della betoniera, inserendo il segmento piccolo sino a che il grande va in battuta. Si salda il tutto, davanti e dietro, e si applica una mano di antiruggine.Si rimette al suo posto la protezione di lamiera, risaldandola, e si stende su tutto un’altra mano di antiruggine.Un bullone di adeguate dimensioni si fora trasversalmente in punta per poter applicare una spina a molla di ritenzione.Il tubo che fa da timone si predispone al fissaggio dell’attacco saldando robuste piastre di ferro.Le piastre permettono al timone di inserirsi correttamente nella sede dell’attacco.
Dove può circolare
La betoniera in oggetto, non avendo un certificato di conformità, non può essere abbinata come carrello appendice a un veicolo per poter circolare sulle strade aperte al traffico.
La modifica per l’aggancio a un mezzo di locomozione può essere utile per lo spostamento della betoniera nei cantieri e nelle manovre di rimessaggio in area privata.
La realizzazione di finiture di pregio come lo stucco veneziano non è più appannaggio di esperti decoratori…
Il colore usato con creatività è come un capo d’abbigliamento: dice qualcosa della persona che lo indossa. Non solo ha un’influenza determinante sull’aspetto delle cose, ma esprime e trasmette sensazioni.
Oggi più che mai questo concetto è estendibile anche alla tinteggiatura delle pareti: la semplice scelta del colore rappresenta già tendenza e personalità, ma uscendo dalle tecniche applicative tradizionali una finitura murale diventa un vero e proprio biglietto da visita, unico, personale.
Con la ceratura della parete si ottiene un’efficacissima impermeabilizzazione, fondamentale in locali come bagno e cucina.
Se si vuole ottenere una finitura ricercata, come lo stucco veneziano, occorre preparare la parete con prodotti piuttosto pastosi a base di farina di quarzo o calce spenta da applicare a spatola. L’operazione richiede una certa familiarità con gli attrezzi necessari, l’uniformità della stesura, che lascia comunque visibile il sovrapporsi dei movimenti, è fondamentale per la buona riuscita del lavoro.
La finitura a stucco veneziano si realizza stendendo sulle pareti più mani di prodotto colorato; grazie all’operazione di lucidatura finale, si viene a creare un inimitabile effetto di chiari scuro e sfumature di colore che dona matericità e allo stesso tempo lucentezza all’ambiente.
Per la particolare composizione dello stucco, che costituisce il supporto, le pareti così rifinite non risultano lavabili, al contrario, hanno un’ottima traspirabilità. Volendo però applicare questa tecnica in locali dove si produce umidità (come bagno e cucina), è possibile impermeabilizzare la superficie dello stucco veneziano trattandolo con una speciale [amazon_textlink asin=’B010HV4WNW’ text=’cera’ template=’ProductLink’ store=’bricoportale-21′ marketplace=’IT’ link_id=’8e95a39e-5724-11e7-a3c0-294b2844c42a’].
La tinta scelta va miscelata con lo stucco e lasciata riposare 24 ore. Se poi il prodotto si presenta ancora liquido è bene aggiungere un addensante; la stesura della miscela si fa con la manara liscia applicando lo stucco con movimenti ad arco.
Ripetiamo l’operazione una seconda volta lasciando asciugare lo stucco veneziano e dando una leggera carteggiata fra una mano e l’altra.
La terza mano di stucco veneziano si applica su porzioni di muro di circa un metro quadrato per volta. Il prodotto penetra in ogni piccola fessura con una leggera pressione e la superficie risulta uniforme. Dopo circa 30 secondi la porzione di muro si liscia con la manara pulita; passando alla porzione successiva, si sovrappone un poco il prodotto a quella precedente, eliminando ogni giunzione.
La superficie della parete rimane perfettamente liscia e traspirante ma, se vogliamo impermeabilizzarla, dobbiamo trattarla con cera. Si stende con un panno morbido a movimenti regolari e si attende mezz’ora. Si lucida con un panno asciutto; se si utilizza un lucidatore elettrico occorre impostare una bassa velocità. Spatula Stuhhi
Un leggio da tavolo in legno per spartiti, personalizzato da profili e decorazione
Questo leggio da tavolo per studiare musica ha una cornice dai profili sagomati, decorata da un vero pentagramma, con tanto di chiave di violino, ottenuta da un disegno recuperato su internet.
Il leggio fai da te è formato da due cornici incernierate. Quella inferiore porta due cremagliere laterali in cui il supporto incernierato alla cornice superiore può essere incastrato a varie altezze.
Ha dimensioni 260×330 mm, larghezza dei profili 25 mm, con un listello centrale di rinforzo largo 30 mm. La cornice superiore ha listelli sagomati di larghezza 30 e 45 mm. Incollati i pezzi delle due cornici, si esegue la scanalatura per le cerniere e si uniscono le due parti.
Naturalmente ognuno può personalizzare il leggio come preferisce, in base ai propri gusti e alle proprie inclinazioni artistiche.
Supporto multifunzione per la lettura: il pratico supporto da lettura per libri di cucina ti consente di leggere con leggerezza, adatto per libri, riviste, libri di testo, iPad, Kindle, iPhone, tablet Samsung Galaxy, Huawei Media Pad, smartphone e così via.
Cinque angoli regolabili in legno: è possibile impostarlo su un angolo adatto e proteggere la vista; il design circolare può evitare di graffiare, per un ambiente sicuro
Comoda clip di lettura: adotta doppi strati di guarnizioni protettive, in modo che la vite non sia facile da perdere; c'è un tubo sulla clip, non graffia facilmente la carta ma facile da girare pagina
Dimensioni: realizzato in bambù di alta qualità, durevole, stabile e di lunga durata; con le dimensioni di 28 x 20 x 4 cm
Contenuto della confezione: 1 supporto per libri di cucina. Ti offriremo una garanzia di anno e un servizio clienti a vita, le nostre garanzie ti assicureranno una fantastica esperienza di acquisto!
Leggio versatile in ufficio e in cucina. Realizzato in metallo, molto bello e di buona qualità.
7 angoli di lettura regolabili promuovono la postura corretta per una migliore salute della colonna vertebrale.
Può fissare sia singoli fogli sfusi come libri più spessi
Si piega facilmente quando non in uso.
Dimensioni della piastra di supporto: 28,7 cm x 18,5 cm (lunghezza x larghezza)
Realizzazione
Le parti di sostegno hanno spessore 20 mm, quelle decorative si assottigliano a 12. Con seghetto alternativo o sega a nastro si realizzano i motivi, mentre fresando a profondità 6 mm si ricavano, nei laterali, le sedi per incastrare le strisce sottili da 3 mm, “righe” del pentagramma. Nella chiave di violino, invece, le fresature si eseguono sul pannello prima del taglio definitivo.
Il supporto si incastra nelle due cremagliere laterali per regolare l’altezza del leggìo.
Riportato a matita il profilo della chiave di violino, si iniziano ad asportare le parti interne.Prima del taglio si eseguono con la fresatrice da banco le fresature profonde 6 mm in cui inserire le strisce.In questo modo una volta sagomata la chiave si incastrano le strisce con la stessa planarità della cornice.
In concomitanza con l’appena concluso Salone del Mobile, una delle fiere italiane più importanti che attira centinaia di migliaia di visitatori da tutto il mondo, la città di Milano si anima di un fuorisalone ricchissimo di progetti, non tutti dedicati al mobile, che danno la possibilità a chi arriva nella metropoli in questo periodo di vedere edifici storici bellissimi che per l’occasione ospitano installazioni e opere di vario genere. Da segnalare quanto esposto nella cornice impareggiabile dell’Università statale che ha la sede centrale alla Ca’ Granda, complesso rinascimentale nato come grande ospedale per tutta la città. L’imponente struttura, nel centro di Milano, lascia senza fiato per l’eleganza architettonica e decorativa con la sua pianta rettangolare e gli edifici su due piani in mattoni che con i loro sontuosi portici si affacciano sugli otto cortili con deliziosi archi. Due, in particolare, le opere che maggiormente hanno fatto riflettere: nel cortilone d’onore della Ca’ Granda domina l’installazione realizzata da Maria Cristina Finucci (l’artista che ha fondato il Garbage Patch State, di cui avevamo già parlato, lo stato nazione composto da isole di rifiuti in plastica disseminate negli oceani, nato per sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema dell’inquinamento della plastica che finisce nei mari), una grande scritta “HELP” composta da milioni di tappi di plastica ingabbiati in reti di metallo che si illumina di rosso la sera e simboleggia il grido della Terra inquinata. Poi, sullo sfondo del cortilone, c’è “MULTIPLY”, una curiosa installazione di legno che si pone l’obiettivo di destare l’attenzione su due delle più grandi sfide delle città del futuro: il bisogno di alloggi e l’urgenza di combattere il cambiamento climatico. La struttura tridimensionale composta da 16 moduli di tulipier (albero proveniente dalla zona centro orientale degli Stati Uniti) lamellare a strati incrociati, con incredibili giunti a incastro simili a denti di un pettine, realizzati ovviamente con macchine a controllo numerico, che rendono le tavole accoppiate di una resistenza incredibile. Migliaia di persone hanno salito le scale che univano i moduli per arrivare fino in cima. Inoltre i progettisti di MULTIPLY evidenziano che i 40 metri cubi di tulipier americano utilizzati per la sua costruzione immagazzinano l’equivalente di 28 tonnellate di anidride carbonica. Gli edifici realizzati su questo modello, quindi, diventerebbero “contenitori per lo stoccaggio di carbonio”, invertendo così quanto si verifica con costruzioni in calcestruzzo, cemento, acciaio e mattoni che invece ne rilasciano in grandi quantità. “Siamo a un punto di svolta sia in termini di abitazioni che di emissioni di CO2 e riteniamo che l’edilizia con un materiale versatile e sostenibile come il tulipier americano sia un passo importante per affrontare questi problemi”, afferma Andrew Waugh, progettista di MULTIPLY. Senza dubbio, in particolare per chi è far da sé e considera il legno materiale principe per le sue qualità di lavorabilita, bellezza, reperibilità, varietà e chi più ne ha più ne metta, il messaggio che aggiunge al legno altre valenze, addirittura vitali per il futuro dell’umanità, non può lasciare indifferenti: è innegabile che dove è indispensabile costruire nuovi edifici bisogna pensare a strutture in legno. D’altro canto, dal confronto tra la maestosa eleganza della Ca’ Granda e il MULTIPLY, nasce spontanea una domanda un po’ amara: tutto ciò è progresso?
Scegliere una buona morsa da banco per il proprio laboratorio è decisamente importante, ma occorre conoscere bene le caratteristiche
La morsa da banco in acciaio è formata da due corpi, uno fisso e uno mobile (la ganascia) che scorre in rotaie aperte nel corpo fisso. La sezione delle rotaie è generalmente a V, concava nel corpo fisso e convessa in quello mobile, ma ci sono anche morse con le rotaie a coda di rondine o in cui la coda della ganascia è un grosso quadro che scorre in una finestratura.
La morsa si può anche costruire, a tal proposito consigliamo la lettura della nostra guida su come costruire una morsa
Come funziona la morsa da banco
Il movimento della ganascia è dato da una vite tanto più robusta quanto più grossa è la morsa. La ganascia mobile può aprirsi verso l’operatore o dalla parte opposta. Tra le ganasce chiuse non dev’esserci la minima fessura, anche alla massima apertura la ganascia mobile non deve ballare dentro il corpo fisso.
Come scegliere una morsa da banco
Nella scelta della morsa scegliamo un modello che disponga di piastra girevole, soluzione comoda per eseguire tagli sbiechi senza doverci porre di traverso rispetto ai pezzi. Una morsa da banco professionale deve prevedere questa possibilità
Come si utilizza
Nel bloccare i pezzi fra le ganasce sistemiamoli in modo che la zona in cui dobbiamo operare resti più vicino possibile alle ganasce, così da concentrare meglio lo sforzo su di esse.
Il montaggio della morsa da tavolo va studiato con cura per avere ai lati dell’attrezzo spazio sufficiente a lavorare anche su pezzi lunghi da reggere con rulliere o altri mezzi simili.
Le buone morse da banco sono come una “terza mano”, ci permette di lavorare con entrambe le nostre su pezzi immobilizzati tra le ganasce anche facendo forza, purché il piano su cui è fissata sia altrettanto robusto.
Quando dobbiamo serrare in morsa pezzi con superfici delicate, possiamo tenere a portata di mano due strisce di un materiale più morbido di quello del pezzo in lavorazione, sagomate a L, da porre sulle ganasce prima del serraggio. Le migliori morse hanno il corpo di ghisa, mentre le ganasce di buona qualità sono d’acciaio, meglio se “cementato”.
Morsa da morsa da banco falegname
La morsa da falegname è costituita da un’unica ganascia mobile, di solito molto larga, che va a chiudersi con il bordo del banco, a filo piano con lo stesso. L’ampia superficie di appoggio permette il serraggio di tavole e travetti; inoltre sul piano del banco e nella parte superiore della ganascia sono presenti fori calibrati e distanziati nei quali si inseriscono i “cani”, robusti risalti che si utilizzano come scontro per serrare pannelli di grandi dimensioni in piano e stabilizzare incollaggi.