Un semplice libreria a ponte che incornicia la porta sul lato che dà verso il corridoio, l’ingresso o il soggiorno
Un’idea per costruire una libreria a ponte dove la porta può essere incorniciata da una semplice scaffalatura, adatta come piccola libreria aggiuntiva.
La struttura, giuntata per semplice incollaggio, ha spessore ridotto per ingombrare meno e scaffali di altezza opportuna ad ospitare anche libri di grande formato; la cimasa è più corta per sfruttare meglio anche la parte alta. La chiusura della cornice anteriore è realizzata con pannelli di multiplex, un compensato nobile, particolarmente fitto e fine; questa non presenta sagomature, ma giunzioni a 45°, che risultano sfalsate rispetto a quelle degli scaffali. Questo particolare si traduce in una maggior solidità e permette di impiegare legni più sottili.
Cosa occorre per la costruzione
Per la realizzazione di queste piccola libreria a ponte occorre:
MDF spesso 12 mm: 2+2 dorsi e fianchi interni 242/100 mm x l’altezza del filo superiore del controtelaio della porta maggiorato di 242 mm, 18 piccoli ripiani 100×230 mm, 1+1 dorso e mensola di cimasa 242/100 mm x la larghezza esterna del controtelaio della porta;
multiplex faggio o betulla spesso 12 mm: 2 elementi laterali cornice delle stesse misure dei dorsi, 1 elemento superiore cornice 242 mm x la larghezza esterna del controtelaio della porta maggiorata di 484 mm;
varie: colla vinilica, tasselli a espansione, vernice trasparente.
Inoltre dovrete dotarvi di alcuni utensili: sega circolare da banco; morsetti; trapano; attrezzi per finitura.
La costruzione
Prima si costruisce la struttura, poi la si presenta contro il muro per segnare la posizione dei tasselli a espansione (che devono avere vite a gancio perché a montaggio completato non resta spazio per avvitare il dorso al muro.
Si aggiungono gli elementi di cornice anteriore, si rifinisce e si àncora alla parete. Per ovviare al fatto che la presenza dello zoccolo inevitabilmente discosta la struttura dal muro e ottenere comunque un aggancio valido ci sono diverse possibilità: si applicano spessori in corrispondenza dei tasselli, si taglia via un pezzo di zoccolo per parte attorno alla porta oppure si fresa una scanalatura corrispondente nella parte bassa dei dorsi.
Gli oggetti che questo ex fabbro realizza con scarti recuperati in giro a costo zero sono lì solo per essere ammirati e per insegnare che ogni cosa diventata di per sé inutile non va gettata, perché con fantasia e manualità può trovare una nuova vita”. Questa scritta sulla porta del curioso laboratorio/museo di Renzo Milanesi, ex fabbro e oggi creativo che si dedica, grazie alla sua abilità manuale, ad assemblare oggetti originali, recuperando anche cose trovate nelle discariche (vedi reportage da pagina 52), fa subito pensare al trend totalmente opposto ormai profondamente radicato nel nostro modo di consumare.
Certo, si parla da qualche anno di lasciare l’economia lineare per tornare a un’economia circolare che porterebbe a reintegrare o rivalorizzare tutti materiali nella biosfera, ma la realtà a oggi è ben diversa. Ogni volta che metto nel contenitore della plastica una vaschetta per il cibo o una bottiglia di acqua vuote mi si stringe il cuore anche perché, nonostante io speri venga riciclata, a fine giornata di roba ce n’è davvero tanta, troppa. Nelle acque dell’Oceano Pacifico tra la California e le Hawaii galleggia una gigantesca isola di plastica, formatasi a causa dei movimenti a spirale delle correnti oceaniche, grande tre volte la Francia, composta anche da materiali risalenti addirittura agli anni ‘70.
Maria Cristina Finucci, artista, architetto e designer, nel 2012 ha dato vita a una monumentale opera di arte contemporanea che ha chiamato Wasteland, un progetto artistico transmediale, installazioni create utilizzando tappi, bottiglie, contenitori usati, esposte in vari Paesi con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema delle immense chiazze di rifiuti plastici disperse nell’oceano, meglio note come Pacific Trash Vortex. Nel 2013 ha addirittura fondato un nuovo Stato Federale, il Garbage Patch State, riconosciuto dall’Unesco, identificabile con le isole di plastica presenti negli Oceani. Gli esperti hanno avvertito che, con gli attuali trend di consumo e cattiva gestione dei rifiuti, entro la metà del secolo nel mare vi saranno più pezzi di plastica che pesci. L’organizzazione Ocean cleanup sta sviluppando un sistema di grandi barriere galleggianti con l’obiettivo di ripulire almeno metà dell’area del Pacific Trash Vortex nei prossimi 5 anni. Certo è impensabile auspicare che tutti si possa avere una passione per il riciclo come Renzo Milanesi, ma ci dobbiamo augurare che ognuno prenda coscienza di cosa significhi continuare a produrre e consumare come stiamo facendo.
Analisi delle caratteristiche peculiari dei pavimenti in PVC
Dopo un lungo periodo in cui sembravano destinati soprattutto alle superfici commerciali e alle strutture pubbliche, i pavimenti in PVC stanno ritornando alla grande anche nelle abitazioni private grazie a un’interessante evoluzione tecnica ed estetica.
Dopo il grande successo degli anni ‘60 dello scorso secolo i pavimenti in PVC hanno conosciuto un lungo periodo di bassa fortuna, almeno per quanto riguarda l’edilizia residenziale. Oggi sta cambiando tutto, in quanto le nuove tecnologie produttive permettono la realizzazione di coperture in PVC di elevato valore estetico e qualitativo a prezzi estremamente interessanti.
PVC è la sigla che identifica il cloruro di polivinile un composto che deve la sua versatilità applicativa alle sue qualità di flessibilità e modellabilità. Viene considerato stabile e sicuro nelle applicazioni tecnologiche a temperatura ambiente.
Pavimenti vinilici
Uno dei prodotti più diffusi in PVC è la cosiddetta pavimentazione vinilica che da svariati decenni viene utilizzata in tutto il mondo.
Inizialmente tale pavimentazione veniva quasi esclusivamente prodotta in teli alti due metri forniti in rotoli di lunghezza varia. Era molto sottile e permetteva la copertura di ambienti diversi con grande rapidità.
Questo prodotto si è imposto su larga scala per le sue doti di resistenza al pedonamento, alla sua resilienza e insensibilità all’acqua e alla maggior parte di sostanze chimiche, saponi, detergenti, oli, usati nelle normali abitazioni.
A ciò si aggiunge l’estrema facilità di posa dei pavimenti in PVC anche su un pavimento preesistente, che non impone modifiche alle porte dato l’esiguo spessore della copertura. Anche il prezzo è assolutamente conveniente.
Con il passare del tempo tale tipo di pavimentazione ha perso molto interesse sia a causa della limitata gamma di finiture (colori e texture) sia perché di questo prodotto si è molto diffuso soprattutto nelle strutture commerciali, uffici, le scuole, ospedali e, a poco a poco, si è diffusa la percezione che questo tipo di pavimentazione fosse destinata unicamente a tali impieghi.
Pavimenti LVT
Da qualche anno, però, tutto è cambiato. Nuove tecnologie produttive e moderne concezioni di architettura residenziale hanno riportato i pavimenti in PVC nelle abitazioni private. Oggi si stanno diffondendo sempre di più le pavimentazioni in PVC definite di tipologia LVT, acronimo della definizione inglese Luxury Vinyl Tile che in italiano suona come Piastrelle Viniliche Lussuose.
Con questo prodotto si può pavimentare ogni ambiente della casa, con particolare preferenza per cucine e bagni, data l’insensibilità di questo materiale all’umidità, per la stanza dei bambini grazie al sua resilienza e qualità antiscivolo,per l’ingresso, grazie alla sua resistenza al pedonamento.
Caratteristiche dei pavimenti LVT
Gli LVT si differenziano dal classico PVC in diversi fattori:
La forma
Gli LVT sono prodotti in forma di piastrelle quadrate o rettangolari di varie dimensioni ( es. 30×30 cm; 45×45 cm, 30×60 cm, 20×120 15×90 cm e tante altre).
La grafica
Le collezioni di LVT sono disponibili in una vastissima gamma di decori di notevole eleganza tra cuile riproduzioni di molte essenze di legno, riproduzioni di pietra,marmo con effetti minerali o grafici che non si trovano in altri tipologie di copertura.
La struttura e composizione
Si tratta della differenza più decisiva rispetto al PVC tradizionale. La piastrella in LVT è composta da numerosi strati che le conferiscono le qualità di resistenza, eleganza, resilienza e durabilità eccezionali.
Considerando il suo spessore a partire dal basso si trova:
Strato di base in PVC che va a contatto con il piano di posa. In alcune nuove collezioni è adesivo o dotato di particolari “micro ventose” che lo tengono ancorato al piano.
Strato di supporto all’interno del quale è inserito un foglio in fibra di vetro la cui funzione è quella di ridurre praticamente a zero eventuali variazioni dimensionali. Questo strato ha uno spessore variabile: è minore negli LVT che si posano per incollaggio ed è maggiore negli LVT prodotti per la posa flottante.
Strato decorativo sul quale è impresso il motivo grafico, con relativi colori, sfumature, venature, in svariatissimi decori diversi.
Strato trasparente (detto anche strato di usura) che presenta uno spessore variabile: più è spesso più risulta maggiore la resistenza all’usura della pavimentazione. Questo spessore varia da 0,2 mm a 0,7 mm. Si tratta del primo strato superiore, quello su cui si cammina.
Naturalmente nella scelta della pavimentazione si dovrà tener conto di questo spessore in quanto, ad esempio, in un ingresso vi è un pedonamento molto più alto che nella camera del bimbo. Questo strato può presentarsi in modo diverso, liscio, ruvido, rigato ecc. Questa peculiarità definisce anche il livello di “antiscivolo” della copertura
Tipi di posa delle pavimentazioni in PVC
Incollaggio
Il PVC nella versione LVT si posa per incollaggio con adesivi specifici su un sottofondo opportunamente preparato. La qualità del piano di posa è importantissima in quanto essendo il PVC resiliente e termoplastico si adatta alle eventuali discontinuità del piano: se viene posato su un pavimento a piastrelle con relative fughe sulla copertura risulteranno visibili le fughe stesse in quanto il PVC non trova il medesimo livello di appoggio.
Per questo motivo il piano deve essere perfettamente spianato e livellato in precedenza per mezzo di speciali prodotti autolivellanti.
Posa autoadesiva
Alcune tipologie di LVT presentano sulla faccia inferiore uno strato di adesivo che, rimuovendo il foglio protettivo, permette di posare l’elemento senza usare la colla. Ideali per il fai da te, offronoimmediata calpestabilità.
Flottante con incastri
Si tratta di piastrelle LVT di spessore maggiore rispetto alle altre che presentano, lungo il perimetro, un incastro per mezzo del quale gli elementi vengono uniti tra loro. Gli incastri sono di vario tipo: “orizzontali”, “verticali” ecc. e offrono diverse qualità della tenuta dell’incastro. In questo tipo di posa non si utilizza colla. Il pavimento risulta quindi “flottante”.
Posa removibile
Le piastrelle rimovibili e riposizionabili si posano senza adesivo in quanto la loro faccia inferiore presenta una serie di microventose che mantengono la piastrella in perfetta aderenza al piano di posa. Questo tipo di prodotto permette il riposizionamento in caso di errore durante la posa o la sostituzione in seguito a danneggiamenti di vario genere.
Pulizia della pavimentazione in PVC
Per mantenere perfettamente pulita una copertura in PVC è sufficiente o un aspirapolvere senza battitappeto e un lavaggio con normale detersivo neutro e non aggressivo per pavimenti. Conviene evitare di usare prodotti mangiapolvere e cere che riducono l’effetto antiscivolo tipico di questa pavimentazione. Vanno sempre evitati i prodotti a base solvente.
Pavimenti in PVC prezzi
Il prezzo della pavimentazione in PVC varia in funzione delle diverse tipolgie esaminate prima. Si va dai circa 9 euro al mq per la classica copertura in rotolo ai 26 euro e oltre per i prodotti LVT di migliore qualità.
Filacleaner è un detergente concentrato neutro. Pulisce delicatamente tutti i pavimenti e i rivestimenti, rispettando le superfici trattate e delicate
Filacleaner è indispensabile per il lavaggio dopo posa dei pavimenti in pietra naturale con finitura lucida e sensibili ai detergenti forti.
Ideale per:
Gres porcellanato;
Ceramica Smaltata
Cotto;
Klinker;
Cemento
Legno
Pietra e agglomerati lucidi;
Laminati plastici;
Linoleum
Gomma e PVC
FILACLEANER è il detergente consigliato da oltre 200 produttori di grés, ceramica e pietra che lo raccomandano nei loro cataloghi per la manutenzione delle proprie superfici.
Tantissimi i vantaggi:
Pulisce ma non aggredisce.
A elevate diluizioni (1:200) non serve risciacquo perché non lascia residuo.
Molto concentrato, può essere usato a varie diluizioni.
Ideale per la manutenzione di tutte le superfici cerate.
Si può utilizzare con macchina lavasciuga a diluizioni elevate (da 1:200).
Ideale per laminati.
Profumazione gradevole.
COME SI USA
Diluizione: da 1:30 a 1:200 a seconda delle necessità.
Applicazione
Usato diluito per la manutenzione ordinaria, FILACLEANER non necessita di risciacquo e non lascia nessun residuo. I normali detergenti, invece, spesso contengono delle sostanze brillantanti che si depositano sul pavimento formando nel tempo antiestetici aloni e macchie o, peggio ancora, rendendo la superficie leggermente appiccicosa e attirando quindi più facilmente lo sporco.
Diluire 1:200 (25 ml in 5 litri d’acqua). Per gli sporchi più tenaci eseguire il lavaggio con soluzioni più concentrate.
Per il lavaggio dopo posa di superfici delicate (marmo, travertino, granito, agglomerati lucidi…).
Diluire 1:30 e stenderlo sul pavimento con spazzolone o monospazzola con disco morbido. Raccogliere il residuo con stracci o aspiraliquidi. Risciacquare alla fine.
Per macchine lavasciuga. Diluire 1:200. Versare la soluzione nel serbatoio.
Per la manutenzione straordinaria di superfici molto sporche.
Diluire FILACLEANER da 1:30 a 1:50 secondo l’intensità dello sporco. Lavare con straccio e spazzolone. Raccogliere lo sporco e risciacquare.
Scampoli e ritagli di pannolenci possono diventare allegre decorazioni a forma di fiore
Con il termine pannolenci ( o panno lenci) si intende una stoffa non tessuta che si ottiene per infeltrimento delle fibre, senza ordito e trame; inoltre non essendo intessuta non rischia di sfilacciarsi una volta tagliata. Un altro termine utilizzato per questo materiale è feltro.
Una volta il famoso “pannolenci” era uno degli elementi essenziali di tanti lavori decorativi, dalle guarnizioni ai pupazzi imbottiti. E ancora adesso ha motivo di essere apprezzato, perché è colorato, morbido e si presta a varie realizzazioni. Tra l’altro può essere un modo simpatico per avvicinare i bambini alla manualità e al cucito, mediante il gioco.
Infatti non occorrono né particolari utensili o lavorazioni, né molta esperienza per ottenere le prime creazioni. Questi fiori colorati possono essere un buon inizio.
Cosa occorre
Per realizzare i fiori di pannolenci sono sufficienti alcune pezze di stoffa di vari colori, (ovviamente verde per il tralcio o le foglie) e un po’ di ovatta o di cotone idrofilo per le imbottiture. Poi del cotone da ricamo o semplicemente un rotolo di grosso filo da imbastire, un ago e forbici da cucito.
Tutto si può trovare facilmente nelle mercerie, compresi ago e forbici.
Pannolenci – Procedura guidata
Per realizzare i fiori in pannolenci si inizia con le forme dei petali che possono essere arrotondati o a stella. Si disegnano i modelli su carta velina o cartoncino, si ritagliano e si usano per tracciare i profili sul panno lenci, con l’aiuto di una biro, cercando di non sbavare o calcare troppo.
Il bottone, di un colore contrastante con la corolla, si taglia invece a cerchio.
Nel panno verde si ricava un tralcio o un motivo a foglioline.
Una volta inserita l’imbottitura e cuciti separatamente bottone e corolla (rispettivamente con punti nascosti il primo, con un ricamo visibile a punto festone la seconda), si uniscono fra loro e si aggiunge il tralcio verde, cucendoli con due o tre punti invisibili.
Vediamo ora i vari passaggi illustrati.
Con una biro si riporta sul pannolenci il profilo del modello in carta del fiore.Sovrapponendo due strati di colore uguale, si ritagliano le due metà del fiore, tenendo ben fermo il panno e facendo attenzione che il taglio sia preciso anche sulla pezza inferiore, in modo che i due semi-fiori risultino uguali.Dopo aver interposto uno strato non troppo spesso di ovatta e fermato al centro con uno spillo, si cuciono fra loro le due metà, con un punto festone piuttosto largo, spingendo delicatamente l’imbottitura nell’interno man mano che si procede. La cucitura deve risultare visibile, con punti regolari e festoni tutti delle stesse dimensioni. Il punto festone è abbastanza facile da realizzare, si tratta di far passare il filo sotto, per creare un nodo, ad ogni gugliata. Il bottone di ciascun fiore si ottiene da un cerchio ritagliato nel pannolenci, di dimensioni un po’ più ampie rispetto al centro della corolla, per poter essere piegato a sacchetto e imbottito di ovatta.La piegatura per insaccare l’ovatta si ottiene creando con ago e filo una filza piuttosto morbida sull’orlo del cerchio di panno lenci. Una volta imbottito, si stringe il filo, proprio come i cordoni di un sacchetto, e si chiude con un’altra cucitura.
Questa lavorazione è un buon metodo per realizzare allegre decorazioni per salotto e camera da letto, ma anche per riciclare stoffa e ritagli di tessuto che ormai non si utilizzano più.
Con questa procedura si possono creare tantissimi altri oggetti decorativi; si pensi a cuscini, ma anche puntaspilli, presine e portachiavi in pannolenci.
Affilare coltelli e altre lame è fondamentale per mantenere i propri utensili sempre funzionali e pronti all’uso
In casa è frequente l’esigenza di affilare coltelli e vari utensili d’uso comune come le forbici; inoltre anche in laboratorio capita spesso di dover rifare il filo agli utensili da lavoro. Ma come si affilano le lame dei questi oggetti?
L’attrezzo ideale è la mola a pietrabagnata che asporta il materiale con delicatezza e non riscalda il pezzo. Esistono tuttavia anche versioni di mola a pietra non bagnata, ma in tal caso è possibile raffreddare la lama in un contenitore d’acqua da tenere a portata di mano.
Mola a pietra
È utile sapere che, nei coltelli, così come nelle accette e altri utensili simili, il taglio è procurato da una lama il cui bordo è molato in modo da essere affilato a sezione acuta (filo), in modo da penetrare facilmente in materiali più morbidi, separandoli. Questi attrezzi sono tanto più affilati quanto più acuto e regolare è il filo.
Altri utensili (forbici, cesoie ecc.) non hanno le lame particolarmente affilate, ma le angolazioni delle singole ganasce sono tali che, quando vengono portate a contatto, si crea una notevole forza tranciante.
Vediamo ora come affilare un coltello e altri diversi tipi di lama.
Affilare coltelli
In generale la lama deve essere poggiata con l’affilatura verso l’alto e inclinata pochissimo rispetto alla pietra. Durante l’affilatura si fa compiere alla lama un movimento destra-sinistra in modo che tutta la parte da affilare venga a contatto con la pietra.
Non premiamo la lama sulla pietra e ogni tanto va saggiato, col pollice, lo stato di affilatura.
L’arrotatura della lama parte dal tallone (la parte più prossima all’impugnatura). La ruota scorre sulla lama fino alla punta con passate intervallate da frequenti raffreddamenti in acqua.Stesso principio e stessa procedura si applicano ad altri utensili con lame simili, come per esempio le accette.
Scalpelli
La lama degli scalpelli si affila sulla mola a pietra bagnata poggiandola con la giusta inclinazione che segua la bisellatura della punta. L’appoggio deve essere molto lieve.Finitura della lama: su scalpelli e sgorbie da scultura, possiamo rifinire la molatura passando la punta sulla pietra al carborundum bagnata, facendo un percorso a “8”.
Affilare le lame della pialla
Innanzitutto si procede allo smontaggio della lama della pialla, dopodiché si inizia l’operazione di affilatura
L’affilatura si esegue manualmente con una specifica mola da banco, con movimenti regolari e leggeri. Dopo alcune passate si controlla che il tagliente si consumi in maniera uniforme. Per evitare che il riscaldamento prodotto dallo sfregamento continuo della mola rovini la tempra, si raffredda la lama introducendola con regolarità in acqua. L’acciaio non deve mai assumere colorazioni durante l’affilatura. Per tutta la larghezza del tagliente deve comparire una sottile bava, segno di un’affilatura omogenea ed efficace. Per eliminarla è sufficiente un’ultima passata su una pietra ad olio, appoggiando l’utensile esattamente in piano.
Alcuni utensili da taglio, come in questo caso, necessitano di una prima sgrossatura a macchina e successivamente di un’affilatura manuale.
Affilare le forbici sul vetro
Oltre ad affilare le forbici con l’ausilio della mola esiste un altro trucco. Un metodo per ripristinare l’affilatura delle forbici infatti, consiste nel fare l’atto di tagliare il collo di una bottiglia di vetro. Si utilizza una bottiglia che si ritiene “inutile”, in quanto durante l’operazione il vetro potrebbe danneggiarsi.
Si impugnano le forbici e ci si comporta come se si dovesse tagliare la bottiglia, senza premere eccessivamente, sfruttando tutta la lunghezza delle lame e ripetendo l’operazione più volte.
La pittura effetto legno, una tecnica decorativa per migliorare l’aspetto di oggetti anonimi o pareti fredde e ordinarie
La pittura effetto legno, è una tecnica di finitura per la decorazione di mobili, porte e pareti. Questo stile di pittura prevede l’utilizzo di smalto, che attraverso l’ausilio di un particolare strumento conferisce all’oggetto in questione l’aspetto del legno.
Questo stile di pittura è molto semplice e può essere realizzato con mezzi poco costosi e alla portata di tutti.
In questo articolo si spiega come realizzare la tecnica di pittura effetto legno.
Occorrente
Occorrente: pennello; primer; cartavetro; smalto all’acqua bianco e nero; spatolina sagomata che permette di realizzare le venature simulando la superficie del legno.
Pittura effetto legno – Procedura
Tutta la superficie va trattata con il primer e poi va carteggiataDi seguito si applica una mano di smalto bianco.Quando lo smalto bianco è asciutto si applica lo smalto di colore nero.La finitura simula le venature del legno e si ottiene utilizzando una spatolina sagomata. Prima che lo smalto nero si asciughi completamente passare la spatolina sagomata in modo che lo asporti parzialmente.
Questa tecnica molto originale può essere utilizzata per decorare tavolipareti, o per dare nuovo lustro a vecchie porte o mobili in tinta unita.
Un fermalibri fai da te realizzato con due sculture intagliate nel legno massello, perfetto per tenere in ordine i libri
Questo fermalibri fai da te rappresenta un vero e proprio lavoro di scultura; a tener fermi i libri, infatti, sono due personaggi intenti a leggere, scolpiti con precisione.
In questo fermalibri in legno ogni “lettore” è solidamente fissato (con colla e viti dal retro e dal basso) su una L formata da due tavolette di legno duro spesse circa 15 mm. La sua posizione è studiata in modo che la figura umana serva anche da elemento strutturale per mantenere in squadra le due tavolette.
Per evitare che i fermalibri scivolino sui ripiani è opportuno incollare sotto la loro base un foglio di gomma morbida o, in caso di ripiani metallici, incastrare sotto la base una o più calamite.
Lo sbozzato (il blocco di legno grossolano), che non prevede sottosquadri, si ottiene con lavoro di sega a nastro con lama stretta o con sega da traforo elettrica; in mancanza di queste macchine bisogna usare (con santa pazienza) una sega a dorso a denti fini.
Vediamo ora nel dettaglio come realizzare questo originale fermalibri fai da te.
Fermalibri fai da te – Procedura guidata
Il legno usato per le figure umane è cirmolo. Sul blocco si disegna la sagoma di profilo.Con la sega a nastro si segue il tracciato del profilo.Con la sgorbia iniziare a eliminare le porzioni di legno più grossolane dalla sagoma.Seguire la sagoma con un attento e cauto lavoro di scalpello e sgorbia.Una volta sagomato il lettore grezzo da rifinire, si comincia con il lavoro di raspa a taglio dolce per eliminare gli spigoli e meglio definire le forme della figura. Questa è una fase particolarmente delicata, in quanto con il progressivo lavoro di scavo scompaiono le tracce della sagoma, per cui si lavora ad occhio.I particolari più delicati richiedono l’uso di lime e molette montate su miniutensili. Con queste si evidenziano i lineamenti del volto, si approfondiscono e regolarizzano i solchi fra braccia e libro e quelli della piega della gamba.Una levigatrice a delta, con carta di grana 120 e 180, è l’attrezzo più indicato per lisciare una figura così complessa e ricca di parti curve anche di dimensioni molto piccole.Rifinita al meglio la figura la si può staccare dal pezzo di base che ne aveva permesso il fissaggio al cavalletto da scultore o alla morsa del banco da lavoro.Con una matita abbastanza tenera si segnano tutte le divisioni esistenti sulla figura (la giacca, le scarpe, i capelli, ecc.) e queste tracce si seguono col pirografo, il cui percorso viene facilitato e reso più preciso dalle tracce di grafite.Si procede con la colorazione usando mordenti di varie tonalità (noce, frassino, palissandro, mogano). Nulla, ovviamente, vieta di usare mordenti di altri colori che il cirmolo accetta senza problemi. Ricordarsi sempre di aspettare che una zona sia perfettamente asciutta prima di passare a quella vicina. Il tocco finale, a colorazione perfettamente asciutta, è dato da una passata di cera per mobili.
I problemi da risolvere sono due: capire come eliminare i tarli in modo che non producano altro danno, e intervenire sul mobile per risanarlo
Come eliminare i tarli del legno è la classica attività fai da te che ci troviamo dover gestire se possediamo mobili di legno, che spesso sono vecchi o pregiati e che non possono subire l’attacco di questi fastidiosi insetti.
Il tarlo del legno è un insetto xilofago le cui larve, nate all’interno di venature, fessure e vecchi fori, sviluppandosi mangiano il legno lungo la fibra molle. Quando diventano coleotteri adulti, si scavano la via verso l’uscita: i fori visibili sul legno sono di uscita e non di entrata dell’animaletto. Spesso, comunque, le uova vengono deposte anche in fori di tarlo già preesistenti.
Avvelenare i tarli
Il primo intervento per capire come eliminare i tarli, quello di disinfestazione, si attua per mezzo di aggressivi chimici il cui scopo è quello di avvelenare l’insetto. Un sistema fai da te consiste nell’iniettare attraverso i fori dei tarli, e anche in altre fessure, un liquido apposito (si trova presso i negozi di bricolage) molto penetrante, che viene assorbito dal legno.
Analogo discorso vale per il cherosene, che risulta decisamente tossico per questi insetti. Quando il tarlo mangia le fibre così trattate, muore. L’iniezione si effettua con una siringa, ma esistono anche bagni a immersione o pratiche bombolette spray. Questo intervento raramente dà subito buoni risultati: per eliminare i tarli in modo definitivo bisogna ripeterlo numerose volte.
Dopo qualsiasi trattamento antitarlo il mobile deve essere lasciato asciugare alcuni giorni in quanto le sostanze impiegate sono quasi tutte a base oleosa e impedirebbero incollaggi, verniciature e altre operazioni.
Come riparare a danni gravi
Quando una parte del mobile è tarlata in maniera considerevole dalle tarme del legno bisogna verificare che essa non sia talmente danneggiata da avere perso la robustezza necessaria per svolgere la sua funzione. Anche se esistono in commercio sostanze impregnanti in grado di indurire il legno molto tarlato, è più conveniente procedere alla sostituzione. Se invece il danno è solo estetico, vi sono alcuni sistemi che permettono, una volta eliminato il tarlo, di occludere i fori in modo che, pur vedendo che il mobile è stato tarlato (garanzia di vecchiaia), la superficie ritorna a essere integra.
Procedimento corretto per capire come eliminare i tarli
Un legno tarlato presenta i caratteristici fori attraverso cui l’animaletto è uscito; in questi stessi fori si inietta il liquido antitarlo, per raggiungere le larve ancora presenti ed operanti dentro il legno.
Con una paglietta metallica pulita e asciutta si pulisce perfettamente il pezzo, asportando ogni traccia di colla e segatura. Non si deve premere troppo per non “scavare” l’impasto all’interno dei fori. Poi si lascia asciugare. Dopo questa fase si può applicare
una stuccatura delle lievi irregolarità rimaste (con impasto leggermente tinto) quindi si passa alla finitura della superficie.
Si strofina sul pezzo, per mezzo di una spugna umida, della segatura fine dello stesso legno su cui si lavora. Agendo con pazienza la segatura si impasta con la colla e penetra in profondità nei fori, occludendoli completamente.
Si spennella la parte tarlata, dopo perfetta pulitura, con una soluzione molto diluita di colla animale sciolta a caldo, mescolata con un po’ di mordente del colore del legno. L’operazione deve essere piuttosto veloce affinché la colla non asciughi.
Tratto da “Fai da te Multimediale n.1 – Febbraio/Marzo 2019″
Autore: Nicla de Carolis
Amiamo le tradizionali pubblicazioni di carta e probabilmente non le abbandoneremo mai. Ma qui, nella nostra redazione, man mano che venivano fuori le potenzialità di questo nuovo mezzo, una rivista multimediale appunto, nulla a che vedere con una semplice copia di rivista cartacea trasformata in PDF e messa on line, l’entusiasmo è salito alle stelle.
Abbiamo tutti contribuito a creare questo media innovativo dove la cosa stupefacente è poter inserire, oltre ai contenuti fatti di immagini e testi scritti da veri esperti, anche quelli possibili solo con l’interattività propria del WEB.
È così che all’interno della rivista troverete approfondimenti con video, spiegazioni parlate, rimandi a informazioni specifiche su altri siti, informazioni su prodotti e materiali che si possono anche acquistare senza uscire dalla rivista. Il tutto godibile e condivisibile sempre, gratuitamente, da computer, tablet o smartphone. Una comunicazione senza alcun vincolo di periodicità e di diffusione che potrà raggiungere un numero enorme di persone.
Non mi rimane che invitarvi a scoprire le meraviglie della multimedialità di fai da te e augurarvi buona lettura, buon ascolto, buona visione, buoni acquisti, buon bricolage ecc…