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Termoconvettore a gas | Installazione e impianto

Con un termoconvettore a gas possiamo integrare l’impianto di riscaldamento esistente senza interventi drastici

L’installazione di un termoconvettore a gas può risultare davvero utile, ma prima di procedere all’acquisto è opportuno valutare diversi fattori.

Quando non si può regolare la temperatura in ogni singolo ambiente si è costretti a mantenere un valore medio: questo è vero soprattutto all’inizio e alla fine dell’inverno quando, senza scaldare l’intera abitazione, può bastare la classica “fiammata” in alcuni locali e solo in determinati orari

Per queste particolari esigenze si può ricorrere a una fonte di riscaldamento aggiuntiva e localizzata fornita dai termoconvettori a gas metano, un “aiutino” da utilizzare in determinati momenti della giornata.

Le possibilità di ottenere un buon risultato senza interventi gravosi sono molte, a seconda che si disponga o meno di una canna fumaria, che si debba installare la fonte di calore addossata a un muro perimetrale o a una tramezza, oppure a pavimento.

Ottimizzazione dei consumi

Si può scegliere tra riscaldatori ad aria o ad acqua, che richiedono combustibile o a funzionamento esclusivamente elettrico; la gestione elettronica permette di ottimizzare i consumi con l’impostazione della temperatura e delle fasce orarie di funzionamento.

Tutto questo può avvenire senza affrontare interventi di ristrutturazione, con un investimento modesto e potendo usufruire della fonte di calore aggiuntiva nell’arco di mezza giornata o poco più.

Quanto ai consumi, le case produttrici prestano sempre maggior attenzione a questo aspetto; ne sono un esempio i sistemi ad accumulo che si comportano come veri e propri “serbatoi” in grado di rilasciare il calore gradualmente e per un tempo abbastanza lungo senza assorbire energia in continuo.

Schema impianto del termoconvettore a gas

impianto termoconvettore

Come realizzare il foro per lo sfiato del termoconvettore a gas e relativa canalizzazione

carotaggio muro

installare termoconvettore

dima di montaggio

  1. Effettuata la tracciatura, si esegue il foro Ø 50 mm con una lunga fresa a tazza montata sul trapano che diventa una vera e propria carotatrice.
  2. Se si lavora in coppia (uno fora e, contemporaneamente, l’altro aspira) si evita di disperdere la polvere. La “carota” di laterizio, estratta dalla tazza a fine lavoro, dimostra la regolarità e la pulizia del foro.
  3. Il tubo coassiale va tagliato alla lunghezza necessaria; quello di diametro maggiore dispone di una battuta che appoggia alla parete interna.
  4. All’esterno si chiude il foro con una griglietta di misura che non ostacola il passaggio dell’aria, ma ferma quello di insetti e altri animali.
  5. Per l’alimentazione si intercetta un tubo del gas proveniente dal locale di servizio al piano interrato, dove è situata la caldaia, forando il pavimento
  6. Si inserisce un raccordo a T sul tubo per diramare la mandata.
  7. Si completa il collegamento gas con l’inserzione di un rubinetto e si effettua l’allacciamento elettrico nella più vicina presa di corrente.
  8. Si posiziona a parete la dima che riporta le distanze da rispettare, le tracce per i tasselli di fissaggio del supporto e l’esatta posizione per il foro del condotto coassiale.

Termoconvettori a gas Robur

termoconvettore robur

Insieme al termoconvettore a gas vengono forniti la dima di montaggio, la staffa per il fissaggio a parete, il condotto coassiale lungo 50 cm da adattare allo spessore del muro, il terminale esterno di lega d’alluminio con guarnizione, la guarnizione da inserire tra apparecchio e parete, il kit di trasformazione per GPL, la spina elettrica tripolare.

Esistono 4 modelli di termoconvettori Robur con potenze comprese tra 2,92 e 4,71 kW, il rendimento è del 90%. Nel servizio abbiamo seguito l’installazione del modello più potente, per locali medio-grandi. Dall’esterno si nota soltanto il terminale antivento del tubo coassiale, con un diametro esterno di 105 mm e una sporgenza max di 30 mm. Robur (www.robur.it)

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Spinatura del legno | Come si esegue e quali guide utilizzare

Estremamente semplice e molto utilizzato nel fai da te per unire stabilmente ed in modo totalmente invisibile diverse parti di legno durante le nostre costruzioni bricolage: la spinatura del legno

Conviene diventare esperti in questa semplice tecnica che ci evita di dover realizzare incastri e dà ottimi risultati sia sul legno massello, sia su multistrato, MDF e truciolare. La spinatura del legno è un sistema estremamente semplice e largamente utilizzato nel fai da te e nei mobili industriali per collegare due parti di legno senza dover ricorrere agli incastri. Si tratta di utilizzare particolari cilindretti di legno duro, denominati “spine” che si inseriscono in fori praticati sui componenti da collegare e perfettamente coincidenti.

L’unica fase del lavoro che necessita di una certa cura e precisione è appunto quella di far combaciare alla perfezione i fori nei due pezzi. Per ovviare a questa difficoltà si utilizzano particolari accessori (le guide per spinatura) che permettono di ottenere precisi accoppiamenti sui pezzi da unire.

I fori si praticano con una punta da legno azionata dal trapano. Poiché devono essere perfettamente ortogonali alla superficie dei pezzi, è bene utilizzare una stabile guida di foratura oppure un supporto a colonna.

Inoltre, i fori devono avere una determinata profondità e non attraversare il pezzo (a meno di voler eseguire una spinatura passante) per cui la punta, durante la foratura, deve arrestarsi alla profondità voluta. Ciò si ottiene con appositi accessori di arresto che limitano la corsa del trapano. L’unione si ottiene cospargendo le spine con colla vinilica e inserendole nei fori dei due pezzi che vanno quindi accostati e messi in morsa.

Cosa serve per effettuare una spinatura

Per realizzare una giunzione per spinatura serve una punta da legno (1) con vettino di centratura, fornita di boccola di arresto profondità. Le spine (2) sono tondini di legno con superficie rigata, disponibili in vari diametri e lunghezze. Nei centri fai da te si trovano anche in barre da un metro, da tagliare alla lunghezza voluta.

Per praticare i fori necessari alla spinatura si utilizza il trapano. I fori devono essere perfettamente perpendicolari alla superficie, per cui è necessario utilizzare un supporto a colonna oppure una guida per foratura (3).

Servono i marcatori a cappellotto che presentano una punta centrale: inseriti nei fori praticati su un pezzo permettono di segnare, accostandovi l’altro pezzo, i punti da forare.
Infine la spina viene cosparsa di colla vinilica prima di effettuare l’accoppiamento.

 

Come si esegue una Spinatura

Si effettuano i fori, nel diametro delle spine da utilizzare, con la punta dotata di arresto di profondità.
In ogni foro si inserisce un marcatore a cappellotto (i marcatori sono disponibili in vari diametri come le spine).
Si portano a contatto i due pezzi da unire in modo che i marcatori lascino sul secondo pezzo il segno su cui forare.

Si fora il secondo pezzo e si inseriscono le spine nei fori del primo pezzo per controllare la corrispondenza.
Si cospargono le spine di colla vinilica e si procede all’assemblaggio inserendo le spine nei fori preparati prima.
L’elemento assemblato può essere tenuto in morsa da uno strettoio per 24 ore fino a presa avvenuta.

Le guide per spinatura legno

La spinatura consiste nell’inserimento di un tondino di legno robusto (la spina) in due fori perfettamente corrispondenti presenti su entrambi i pezzi da unire. La foratura precisa, quindi, è di fondamentale importanza per l’ottima riuscita del lavoro.

La si ottiene utilizzando guide di foratura di vario tipo che hanno la caratteristica di guidare la punta del trapano per mezzo di una o più boccole, perfettamente in verticale rispetto alla superficie del legno. Ma la loro caratteristica principale è quella di offrire alla foratura esattamente il punto corrispondente a quello in cui c’è il foro nell’altro pezzo. Questo risultato si ottiene con mezzi diversi.

È utile sapere che la maggior parte delle guide presenti in commercio dispone di boccole metalliche guida-punta, del diametro di 6-8-10 mm, per l’esecuzione di fori adatti a spine di pari diametro. In molti casi la guida è accessoriata con le tre punte necessarie e i relativi morsetti da inserire sulle punte che fungono da arresto di profondità.

Guida rapida standard

Si tratta di un attrezzo che presenta una serie di boccole di vario diametro che guidano la punta elicoidale durante la foratura, grazie a quattro perni che permettono di centrare perfettamente una delle boccole sulla costa della tavola. Le feritoie frontali sono studiate per innestarsi su di una spina già inserita e ottenere un perfetto allineamento della corrispondente boccola per forare il secondo pezzo.

Guida per spine in serie

Con questa spinatrice per legno si riescono a spinare in serie tavole e pannelli (MDF, multistrato) con una lunghezza massima di 600 mm. Una serie di arresti regolabili da registrare in base allo spessore e al posizionamento delle due parti da unire permette la massima precisione. I fori sono numerati per identificare la posizione scelta e ripetere le forature sul secondo pezzo senza errori.

Guida per foratura contemporanea

Con questa dima per spinatura l’esecuzione dei fori si effettua con grande rapidità in quanto i due pezzi da unire vengono lavorati in contemporanea. Si tratta di una guida con una serie di boccole, affiancata da un morsetto. I due pezzi vengono messi in posizione, uno di costa e uno di piatto, e vengono forati in sequenza spostando man mano la guida mentre il morsetto laterale li mantiene fermi.

Guida fatta in casa

Per la spinatura legno fai da te di pezzi di limitata lunghezza possiamo autocostruire una guida di foratura, semplice ma affidabile. Utilizziamo un pezzo di legno dello stesso spessore di quello da forare per unire con la spinatura. Due pannellini sottili, applicati sui fianchi, permettono di fermare la guida durante la foratura delle coste. Poi, inserendo i cappellotti marcatori entro i fori, si segnano i punti da forare sul secondo pezzo e si procede con la foratura di quest’ultimo.

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Come costruire un mulino a vento | Tutti i passaggi

Realizzato in gran parte con legno di scarto risultante da altri lavori, è la libera riproduzione della nota e storica costruzione che sfrutta l’energia eolica per la macinazione dei cereali: ecco come costruire un mulino a vento

Pare che i primi mulini a vento con asse orizzontale realizzati in Europa risalgano all’epoca medievale, nella Francia di allora, ma notizie di mulini ad asse verticale se ne hanno già intorno al 2000 a. C. in Babilonia. Lo sfruttamento dell’energia eolica non solo per la navigazione, ma anche per utilizzi sulla terraferma, si perde nella notte dei tempi.

Come costruire un mulino a vento

Affascinati da questa singolare costruzione, abbiamo voluto realizzarne un modellino con quello che abbiamo avuto a disposizione, senza dare troppa importanza alle misure in scala e senza affrontare complessità costruttive. Per esempio, la perfetta unione dei pannelli che formano il perimetro esagonale avrebbe richiesto la bisellatura a 60° dei lati verticali, ma le fessure risultanti dal collegamento sono state nascoste in fase di finitura con strisce di legno.

Le pareti del mulino vero e proprio sono costituite da tavolette di compensato che misurano all’origine 140×350 mm.
Mantenendo fissa la dimensione della base, bisogna adeguare la sommità alla composizione decrescente della struttura esagonale, sagomando le tavolette a trapezio isoscele.

Invece, abbiamo arricchito il nostro mulino a vento con altri particolari, quali le cornici applicate attorno alle finestre e alla porta, la ringhiera perimetrale realizzata con bastoncini di legno forati per farvi passare le cordicine intrecciate, una scaletta a 5 pioli e la sagomatura delle pale.

Mulino fai da te

1. A filo interno dell’esagono inscritto nella base superiore si forma una cornice di listelli di supporto per le pareti. Per il fissaggio bastano una spennellata di colla vinilica e una coppia di chiodini.
2. In due dei sei pannelli si realizzano le aperture per le finestre, in un terzo quella ad arco per la porta.
3. Sottili coppie di listelli a croce impreziosiscono la specchiatura delle finestre.
4. Sulla base inferiore si effettua un lavoro analogo al precedente: le pareti sono diritte e sono costituite da tavolette di compensato 140×100 mm.
5-6. Dopo aver collegato la struttura inferiore e quella superiore si passa alla costruzione del tetto spiovente formato da 6 tavolette, 2 rettangolari contrapposte e 4 a triangolo isoscele.
7. Al centro di una delle tavolette rettangolari del tetto, si pratica un foro e si inserisce un bullone, facendolo sporgere molto all’esterno e rivestendone lo stelo con strisce di legno. Le pale (qui sono provvisorie, allo scopo di verificare la funzionalità del meccanismo), sono inserite tra due dischi di legno.

Portafoto fai da te | Come ottenerlo dal cuoio

Ecco tutte le istruzioni passo-passo per realizzare un portafoto fai da te

Per realizzare un portafoto fai da te occorre determinare le dimensioni del bordo cui si costruisce la sagoma in cartone. Utilizziamo un cartone in buono stato, perché serve poi come fondo. Si ritaglia il cuoio mantenendo intatta la parte centrale da utilizzare per il reggicornice.

Il procedimento

Per realizzare una bella cornice fai da te, il cartone viene rivestito di cuoio, incollandolo con adesivo a contatto. Lungo il bordo interno della cornice va fatta una cucitura a spirale a scopo estetico.Il fondo della cornice, in cuoio, ha dimensioni eguali a quelle della parte frontale. Sul pezzo ritagliato va praticata un’incisione per l’inserimento della foto.

Lo strato di vetro o di plexiglas deve essere più stretto di 1 cm per lato, rispetto alle due parti in cuoio, per consentire la cucitura fra parte frontale e fondo. La stessa riduzione di dimensioni va fatta sulla cornice in cartone dopo averla utilizzata per i tagli. I due strati di cuoio vanno sovrapposti, forati, cuciti e incollati. Si incolla la linguetta reggicornice sul fondo, dopo averla piegata nel punto idoneo a reggere il portafoto fai da te nell’inclinazione preferita.

Portafoto fai da te: i passaggi

Il taglio del cuoio va fatto con un cutter affilato e utilizzando una riga metallica di riferimento. Dalla parte interna della cornice viene ricavato il materiale necessario a foderare la linguetta reggicornice.
I fori per le cuciture, Ø 1 mm, vanno fatti con una lesina. Il metodo più pratico per ottenere un risultato preciso è quello di usare una riga millimetrata come riferimento per rendere i fori equidistanti (5-8 mm).
La cornice fai da te viene incollata al vetro o al plexiglas con un leggero strato di adesivo a contatto; questo, a sua volta viene incollato alla cornice di cartone e infine anche questa al fondo in cuoio.
Dopo aver incollato fra loro le varie parti, il bordo esterno della cornice viene cucito al fondo utilizzando lo stesso punto a spirale del bordo interno; più i punti sono larghi più è rustico l’aspetto.

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Recinzione metallica | Installazione di rete e cancelletto

Realizzare una recinzione metallica di veloce installazione per delimitare la proprietà

Chi abita fuori città sa bene quanto sia utile delimitare la proprietà con una recinzione metallica che non sia soffocante, ma che impedisca ai cani di scappare e ad altri animali di entrare (chi abita in zone in cui vi sono cinghiali, daini, volpi, lo sa bene). 

Si tratta di un sistema rapido e poco costoso che consiste nell’utilizzare recinzioni modulari con rete metallica a pannelli rigidi, che si applicano a paletti (dello stesso materiale) fissati al terreno.

Il montaggio risulta particolarmente rapido, l’unica fase in cui è necessaria una particolare cura e attenzione è il fissaggio dei paletti al terreno che deve essere molto accurata e precisa sia come allineamento che come perpendicolarità.

Il collegamento dei pannelli si effettua con particolari staffe che permettono anche una certa regolazione ed adattamento allo spazio tra paletto e paletto. Lungo lo sviluppo della recinzione si possono inserire cancelletti di varia larghezza (anche in legno).

Montaggio recinzioni metalliche – Guida illustrata

rete
Le recinzioni a pannelli metallici sono complete di pali di sostegno e di tutta la raccorderia per il rapido montaggio.
buco
Dopo aver steso una lenza, si marcano sul terreno i punti da forare per collocare i paletti. È utile impiegare una trivella elicoidale che si può trovare a noleggio presso i centri di bricolage.
fissaggio paletti
I paletti si fissano nel terreno inserendo nel foro un impasto ricco di cemento e affondando in esso il paletto.
allineamento
Prima che il cemento sia indurito si monta il pannello e si verifica il suo allineamento e la perpendicolarità.
recinzione metallica
La rete per recinzione si blocca definitivamente quando il cemento è indurito, stringendo i bulloni che serrano le apposite staffe.
recinzione metallica
Il cancelletto si monta inserendo i suoi perni di rotazione nei cardini dei paletti (specifici per questa applicazione).
cancelletto recinzione metallica
La serratura del cancelletto si impegna nell’elemento di chiusura posizionato sul paletto.
recinzione metallica
Il cancelletto si apre e si chiude agevolmente. Se ne possono inserire diversi lungo la recinzione.

Timbri fai da te | Guida alla realizzazione

Timbri fai da te, oggetti ideali per personalizzare libri, documenti e molto altro

Creare timbri fai da te è una fantastica idea per personalizzare i propri oggetti con il proprio nome, le proprie iniziali o frasi che ci rappresentano. Ma non esistono solo timbri con lettere; ci si può infatti sbizzarrire e dare libero sfogo alla fantasia con disegni o simboli.

Tradizionalmente siamo soliti conoscere questi oggetti realizzati principalmente in gomma, ma anche in legno, metallo e plastica. Esistono tuttavia altri materiali per creare timbri originali, come per esempio le… patate!

In questo articolo spiegheremo come realizzare un timbro fai da te.

Personalizzare timbri e tamponi

Questi oggetti decorati allegramente sono dedicati a chi ama i libri: rievocano l’antico sigillo “Ex Libris”, usato per apporre le proprie iniziali all’interno dei volumi.

Presso un laboratorio di grafica si fanno preparare i timbri con la scritta “Ex Libris” e le iniziali del nome della persona.

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Sull’impugnatura si attacca una striscia di nastro biadesivo.
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Attorno al manico si avvolgono cordoncini colorati, tenendo le spire ben strette l’una all’altra.
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Si personalizza anche la scatola del tampone incollando sul coperchio, sempre col nastro biadesivo, un cartoncino con sopra stampato il motivo del timbro.
timbri
Sulla carta appena incollata si stende un abbondante strato di vernice lucida che protegge da eventuali urti e graffi ed allo stesso tempo rende lucido e vetrificato il coperchio.

Con patate

Una grande varietà di timbri possono essere ricavati dalle patate! Questo sistema è ottimo se si vuole riprodurre lo stesso disegno per eseguire composizioni geometriche e sostituisce benissimo il timbro in gomma, non sempre disponibile e la cui realizzazione è certamente più difficoltosa. Ecco come fare un timbro con una patata:

timbro-patata
Tagliare a metà una patata e incidere al centro il disegno voluto. La parte esterna va scavata via, dopodiché lo stampo è fatto. La morbidezza del tubero rende facilissimo l’intaglio e il costo basso consente di fare un’infinità di prove.
Intingere il timbro nell’inchiostro o nel colore a tempera e procedere con timbrature e decorazioni.

Di legno

timbri fatti a mano possono essere realizzati anche attraverso un intaglio di legno tenero. In questo caso si realizza il corpo del timbro, dopodiché si disegna la sagoma desiderata sulla superficie di timbro e infine si incide delicatamente il legno con utensili dedicati.

Cacciavite Cercafase | Come utilizzarlo correttamente senza sbagliare

Il cercafase è un semplice ed economico strumento usato per rilevare la presenza di tensione elettrica su un qualsiasi elemento circuitale e, in particolare, per individuare la presenza di una fase su un conduttore.

Il cacciavite cercafase ha la forma di un cacciavite e può essere usato come tale, ma nel manico trasparente e isolante è alloggiata una piccola lampadina al neon con una resistenza elettrica collegata in serie allo stelo dell’attrezzo e, dalla parte opposta, a una piastrina presente sul manico.

Fa parte della dotazione classica dei cacciaviti da elettricista.

Per utilizzare i cacciaviti cercafase (spesso scritto cerca fase) è necessario tenere un dito in contatto con la piastra e con la punta toccare le parti da verificare, se c’è tensione la lampadina-spia si accende.

Esistono anche i cercafase con tester

Come utilizzare il cercafase

L’individuazione della presenza di tensione è molto utile quando si realizzano nuovi circuiti o derivazioni da circuiti esistenti, in quanto le norme prescrivono che i conduttori di fase debbano essere differenziati da quelli di terra e neutro. Inoltre, la ricerca della presenza della fase è un valido aiuto per individuare malfunzionamenti. Il cercafase deve essere utilizzato con delicatezza e non deve essere colpito altrimenti la resistenza e la spia possono danneggiarsi e non dare le giuste risposte.

Come funziona il cercafase

Il principio di funzionamento è semplice: toccando con la punta del cercafase un conduttore sotto tensione, la corrente eventualmente presente entra nel gambo, attraversa la resistenza, accende la lampadina, attraversa la mano che tocca il contatto esterno, il corpo dell’operatore e si scarica a terra. In tale modo avviene l’accensione della lampadina che denuncia la presenza della tensione. L’operatore non subisce danno alcuno (e non si accorge minimamente del passaggio di corrente) in quanto la resistenza posta nel cercafase è talmente alta da lasciar passare meno di un milliampère di corrente, che non è avvertibile.

Com’è fatto il cacciavite cercafase?

come è fatto un cercafase

La struttura interna: i cercafase sono reperibili in dimensioni diverse e possono essere usati, all’occorrenza, come cacciaviti. Pur con piccole differenze la struttura è costituita da un gambo isolato, a esclusione della parte terminale, che penetra nel manico isolante e trasparente. A contatto con il gambo c’è una resistenza di valore molto alto e, dopo di questa la lampadina-spia al neon. L’insieme viene premuto da una molla a spirale che nella parte opposta si trova a contatto con la parte astrina metallica che fuoriesce nella parte posteriore del manico.

Utilizzi variegati

come utilizzare il cacciavite cercafase

  1. Controllo della presa: per esaminare se arriva corrente in una presa o per sapere qual è il cavo di fase, stacchiamo la placca portafrutto e, senza togliere tensione, tocchiamo un morsetto alla volta.
  2. Carcasse isolate: possiamo verificare se un elettrodomestico è ben isolato rispetto alla tensione. Se questa fosse presente sulla carcassa significa che c’è un contatto interno e che la terra non funziona.
  3. Portalampada: per sapere se nel portalampada c’è tensione, svitiamo la lampadina e tocchiamo con la punta la ghiera filettata o il contatto centrale. Azionando l’interruttore si verifica anche la sua funzionalità.

Può essere utile per isolare una presa elettrica in sicurezza.

Cacciavite isolato

cacciavite isolato

Il cacciavite da elettricista ha la parte metallica uguale a qualunque altro cacciavite, ed esiste in varie dimensioni e per diversi tipi di vite; la differenza consiste nella guaina isolante che fascia lo stelo del cacciavite, lasciando libera solo l’estremità. La capacità di isolamento, espressa in volt, deve essere dichiarata su ogni modello e ci mette al sicuro da eventuali errori o contatti accidentali con parti sotto tensione.

Scopri altre tipologie di cacciaviti

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  • 220 250 V secondo VDE 0680 Lama ad intaglio, rettificata concava Impugnatura extra lunga, 92 mm Con clip Lampadina secondo VDE, non intercambiabile
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  • 65 mm sarà la lunghezza di lavoro.
  • 150 mm è la lunghezza dell'articolo

Libreria a ponte | Costruirla intorno alla porta

Un semplice libreria a ponte che incornicia la porta sul lato che dà verso il corridoio, l’ingresso o il soggiorno

Un’idea per costruire una libreria a ponte dove la porta può essere incorniciata da una semplice scaffalatura, adatta come piccola libreria aggiuntiva.

La struttura, giuntata per semplice incollaggio, ha spessore ridotto per ingombrare meno e scaffali di altezza opportuna ad ospitare anche libri di grande formato; la cimasa è più corta per sfruttare meglio anche la parte alta. La chiusura della cornice anteriore è realizzata con pannelli di multiplex, un compensato nobile, particolarmente fitto e fine; questa non presenta sagomature, ma giunzioni a 45°, che risultano sfalsate rispetto a quelle degli scaffali. Questo particolare si traduce in una maggior solidità e permette di impiegare legni più sottili.

libreria a ponte

Cosa occorre per la costruzione

Per la realizzazione di queste piccola libreria a ponte occorre:

  • MDF spesso 12 mm:
    2+2 dorsi e fianchi interni 242/100 mm x l’altezza del filo superiore del controtelaio della porta maggiorato di 242 mm, 18 piccoli ripiani 100×230 mm, 1+1 dorso e mensola di cimasa 242/100 mm x la larghezza esterna del controtelaio della porta;
  • multiplex faggio o betulla spesso 12 mm: 2 elementi laterali cornice delle stesse misure dei dorsi, 1 elemento superiore cornice 242 mm x la larghezza esterna del controtelaio della porta maggiorata di 484 mm;
  • varie: colla vinilica, tasselli a espansione, vernice trasparente.

Inoltre dovrete dotarvi di alcuni utensili: sega circolare da banco; morsetti; trapano; attrezzi per finitura.

La costruzione

Prima si costruisce la struttura, poi la si presenta contro il muro per segnare la posizione dei tasselli a espansione (che devono avere vite a gancio perché a montaggio
completato non resta spazio per avvitare il dorso al muro.
Si aggiungono gli elementi di cornice anteriore,
si rifinisce e si àncora alla parete. Per ovviare al fatto
che la presenza dello zoccolo inevitabilmente discosta
la struttura dal muro e ottenere comunque un aggancio valido ci sono diverse possibilità: si applicano spessori
in corrispondenza dei tasselli, si taglia via un pezzo
di zoccolo per parte attorno alla porta oppure si fresa una scanalatura corrispondente nella parte bassa dei dorsi.

Il riciclo di Renzo Milanesi e lo Stato Federale dei rifiuti

Tratto da “Far da sé n.492 – Marzo 2019″

Autore: Nicla de Carolis

Gli oggetti che questo ex fabbro realizza con scarti recuperati in giro a costo zero sono lì solo per essere ammirati e per insegnare che ogni cosa diventata di per sé inutile non va gettata, perché con fantasia e manualità può trovare una nuova vita”. Questa scritta sulla porta del curioso laboratorio/museo di Renzo Milanesi, ex fabbro e oggi creativo che si dedica, grazie alla sua abilità manuale, ad assemblare oggetti originali, recuperando anche cose trovate nelle discariche (vedi reportage da pagina 52), fa subito pensare al trend totalmente opposto ormai profondamente radicato nel nostro modo di consumare.

Certo, si parla da qualche anno di lasciare l’economia lineare per tornare a un’economia circolare che porterebbe a reintegrare o rivalorizzare tutti materiali nella biosfera, ma la realtà a oggi è ben diversa. Ogni volta che metto nel contenitore della plastica una vaschetta per il cibo o una bottiglia di acqua vuote mi si stringe il cuore anche perché, nonostante io speri venga riciclata, a fine giornata di roba ce n’è davvero tanta, troppa. Nelle acque dell’Oceano Pacifico tra la California e le Hawaii galleggia una gigantesca isola di plastica, formatasi a causa dei movimenti a spirale delle correnti oceaniche, grande tre volte la Francia, composta anche da materiali risalenti addirittura agli anni ‘70.

Maria Cristina Finucci, artista, architetto e designer, nel 2012 ha dato vita a una monumentale opera di arte contemporanea che ha chiamato Wasteland, un progetto artistico transmediale, installazioni create utilizzando tappi, bottiglie, contenitori usati, esposte in vari Paesi con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema delle immense chiazze di rifiuti plastici disperse nell’oceano, meglio note come Pacific Trash Vortex. Nel 2013 ha addirittura fondato un nuovo Stato Federale, il Garbage Patch State, riconosciuto dall’Unesco, identificabile con le isole di plastica presenti negli Oceani. Gli esperti hanno avvertito che, con gli attuali trend di consumo e cattiva gestione dei rifiuti, entro la metà del secolo nel mare vi saranno più pezzi di plastica che pesci. L’organizzazione Ocean cleanup sta sviluppando un sistema di grandi barriere galleggianti con l’obiettivo di ripulire almeno metà dell’area del Pacific Trash Vortex nei prossimi 5 anni. Certo è impensabile auspicare che tutti si possa avere una passione per il riciclo come Renzo Milanesi, ma ci dobbiamo augurare che ognuno prenda coscienza di cosa significhi continuare a produrre e consumare come stiamo facendo.

Pavimenti in PVC | Caratteristiche, tipologie e posa

Analisi delle caratteristiche peculiari dei pavimenti in PVC

Dopo un lungo periodo in cui sembravano destinati soprattutto alle superfici commerciali e alle strutture pubbliche, i pavimenti in PVC stanno ritornando alla grande anche nelle abitazioni private grazie a un’interessante evoluzione tecnica ed estetica.

Dopo il grande successo degli anni ‘60 dello scorso secolo i pavimenti in PVC hanno conosciuto un lungo periodo di bassa fortuna, almeno per quanto riguarda l’edilizia residenziale. Oggi sta cambiando tutto, in quanto le nuove tecnologie produttive permettono la realizzazione di coperture in PVC di elevato valore estetico e qualitativo a prezzi estremamente interessanti.

PVC è la sigla che identifica il cloruro di polivinile un composto che deve la sua versatilità applicativa alle sue qualità di flessibilità e modellabilità. Viene considerato stabile e sicuro nelle applicazioni tecnologiche a temperatura ambiente.

posa pavimento vinilico

Pavimenti vinilici

Uno dei prodotti più diffusi in PVC è la cosiddetta pavimentazione vinilica che da svariati decenni viene utilizzata in tutto il mondo.

Inizialmente tale pavimentazione veniva quasi esclusivamente prodotta in teli alti due metri forniti in rotoli di lunghezza varia. Era molto sottile e permetteva la copertura di ambienti diversi con grande rapidità.

Questo prodotto si è imposto su larga scala per le sue doti di resistenza al pedonamento, alla sua resilienza e insensibilità all’acqua e alla maggior parte di sostanze chimiche, saponi, detergenti, oli, usati nelle normali abitazioni.

A ciò si aggiunge l’estrema facilità di posa dei pavimenti in PVC anche su un pavimento preesistente, che non impone modifiche alle porte dato l’esiguo spessore della copertura. Anche il prezzo è assolutamente conveniente.

Con il passare del tempo tale tipo di pavimentazione ha perso molto interesse sia a causa della limitata gamma di finiture (colori e texture) sia perché di questo prodotto si è molto diffuso soprattutto nelle strutture commerciali, uffici, le scuole, ospedali e, a poco a poco, si è diffusa la percezione che questo tipo di pavimentazione fosse destinata unicamente a tali impieghi.

Pavimenti LVT

Da qualche anno, però, tutto è cambiato. Nuove tecnologie produttive e moderne concezioni di architettura residenziale hanno riportato i pavimenti in PVC nelle abitazioni private. Oggi si stanno diffondendo sempre di più le pavimentazioni in PVC definite di tipologia LVT, acronimo della definizione inglese Luxury Vinyl Tile che in italiano suona come Piastrelle Viniliche Lussuose.

Con questo prodotto si può pavimentare ogni ambiente della casa, con particolare preferenza per cucine e bagni, data l’insensibilità di questo materiale all’umidità, per la stanza dei bambini grazie al sua resilienza e qualità antiscivolo,  per l’ingresso, grazie alla sua resistenza al pedonamento.

Caratteristiche dei pavimenti LVT

Gli LVT si differenziano dal classico PVC in diversi fattori:

La forma

Gli LVT sono prodotti in forma di piastrelle quadrate o rettangolari di varie dimensioni ( es. 30×30 cm; 45×45 cm, 30×60 cm, 20×120 15×90 cm e tante altre).

La grafica

Le collezioni di LVT sono disponibili in una vastissima gamma di decori di notevole eleganza tra cui  le riproduzioni di molte essenze di legno, riproduzioni di pietra,  marmo con effetti minerali o grafici che non si trovano in altri tipologie di copertura.

La struttura e composizione

Si tratta della differenza più decisiva rispetto al PVC tradizionale. La piastrella in LVT è composta da numerosi strati che le conferiscono le qualità di resistenza, eleganza, resilienza e durabilità eccezionali.

Considerando il suo spessore a partire dal basso si trova:

  • Strato di base in PVC che va a contatto con il piano di posa. In alcune nuove collezioni è adesivo o dotato di particolari “micro ventose” che lo tengono ancorato al piano.
  • Strato di supporto all’interno del quale è inserito un foglio in fibra di vetro la cui funzione è quella di ridurre praticamente a zero eventuali variazioni dimensionali. Questo strato ha uno spessore variabile: è minore negli LVT che si posano per incollaggio ed è maggiore negli LVT prodotti per la posa flottante.
  • Strato decorativo sul quale è impresso il motivo grafico, con relativi colori, sfumature, venature, in svariatissimi decori diversi.
  • Strato trasparente (detto anche strato di usura) che presenta uno spessore variabile: più è spesso più risulta maggiore la resistenza all’usura della pavimentazione. Questo spessore varia da 0,2 mm a 0,7 mm. Si tratta del primo strato superiore, quello su cui si cammina.

Naturalmente nella scelta della pavimentazione si dovrà tener conto di questo spessore in quanto, ad esempio, in un ingresso vi è un pedonamento molto più alto che nella camera del bimbo. Questo strato può presentarsi in modo diverso, liscio, ruvido, rigato ecc. Questa peculiarità definisce anche il livello di “antiscivolo” della copertura

Tipi di posa delle pavimentazioni in PVC

Incollaggio

Il PVC nella versione LVT si posa per incollaggio con adesivi specifici su un sottofondo opportunamente preparato. La qualità del piano di posa è importantissima in quanto essendo il PVC resiliente e termoplastico si adatta alle eventuali discontinuità del piano: se viene posato su un pavimento a piastrelle con relative fughe sulla copertura risulteranno visibili le fughe stesse in quanto il PVC non trova il medesimo livello di appoggio.

Per questo motivo il piano deve essere perfettamente spianato e livellato in precedenza per mezzo di speciali prodotti autolivellanti.

Posa autoadesiva

Alcune tipologie di LVT presentano sulla faccia inferiore uno strato di adesivo che, rimuovendo il foglio protettivo, permette di posare l’elemento senza usare la colla. Ideali per il fai da te, offrono immediata calpestabilità.

Flottante con incastri

Si tratta di piastrelle LVT di spessore maggiore rispetto alle altre che presentano, lungo il perimetro, un incastro per mezzo del quale gli elementi vengono uniti tra loro. Gli incastri sono di vario tipo: “orizzontali”, “verticali” ecc. e offrono diverse qualità della tenuta dell’incastro. In questo tipo di posa non si utilizza colla. Il pavimento risulta quindi “flottante”.

Posa removibile

Le piastrelle rimovibili e riposizionabili si posano senza adesivo in quanto la loro faccia inferiore presenta una serie di microventose che mantengono la piastrella in perfetta aderenza al piano di posa. Questo tipo di prodotto permette il riposizionamento in caso di errore durante la posa o la sostituzione in seguito a danneggiamenti di vario genere.

Pulizia della pavimentazione in PVC

Per mantenere perfettamente pulita una copertura in PVC è sufficiente o un aspirapolvere senza battitappeto e un lavaggio con normale detersivo neutro e non aggressivo per pavimenti. Conviene evitare di usare prodotti mangiapolvere e cere che riducono l’effetto antiscivolo tipico di questa pavimentazione. Vanno sempre evitati i prodotti a base solvente.

Pavimenti in PVC prezzi

Il prezzo della pavimentazione in PVC varia in funzione delle diverse tipolgie esaminate prima. Si va dai circa 9 euro al mq per la classica copertura in rotolo ai 26 euro e oltre per i prodotti LVT di migliore qualità.

Produttori pavimenti PVC