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Stiferite – Isolamento classe A

Grazie a un intervento di ristrutturazione e ampliamento ben studiato una villetta degli anni ‘50 è passata dalla classe energetica G, quella caratterizzata dai consumi più alti, alla certificazione in classe A secondo i criteri Casa Clima; l’isolamento con Stiferite ha avuto un ruolo determinante nel raggiungimento dei parametri richiesti

La riqualificazione energetica paga: lo dimostra questo intervento di ristrutturazione che, grazie allo sfruttamento di fonti rinnovabili e a un’impiantistica adeguata, ha permesso non solo di azzerare i precedenti costi energetici (oltre 6.000 euro l’anno), ma addirittura di produrre un utile, senza contare la rivalutazione di mercato. Come sempre, il primo intervento da prendere in considerazione è l’eliminazione delle cause principali di consumo, ovvero le dispersioni termiche: un involucro ben isolato tiene al suo interno il calore d’inverno e impedisce all’irraggiamento solare di innalzare la temperatura degli ambienti d’estate, limitando l’uso delle apparecchiature climatizzanti.

Le prestazioni dei pannelli Stiferite si sono rivelate le più indicate per garantire il rispetto dei parametri necessari, verificati con un test sperimentale sul rivestimento a cappotto subito dopo la posa con l’impiego di una speciale apparecchiatura, il Flussoflast (visibile nella foto della pagina accanto). Questo dispositivo genera un flusso simulando la temperatura minima invernale nella zona climatica di riferimento e viene posizionato in aderenza alla parete esterna a un’altezza di circa 110-140 cm dal piano di calpestio, lontano da ponti termici e possibilmente sulla parete nord.

Attraverso altre apparecchiature correlate (sonde, ecc) si è potuto verificare che la trasmittanza termica è passata dai 0,41 W/m2K iniziali a 0,128 W/m2K dopo l’intervento, ben inferiori (-30%) ai 0,20 W/m2K previsti dal progetto. I pannelli Stiferite hanno soddisfatto le aspettative anche nelle altre applicazioni che si sono rese necessarie per garantire all’edificio l’isolamento richiesto e, di conseguenza, al corretto dimensionamento degli impianti e delle apparecchiature accessorie. Inoltre, per la natura stessa dei pannelli, è stato possibile contenere gli spessori rispetto all’impiego di materiali alternativi.

Stiferite Class SK

stiferite

La coibentazione delle pareti esterne dell’edificio è stata realizzata con sistema a cappotto utilizzando pannelli Stiferite Class SK nello spessore di 120 mm. Si tratta di un sandwich da 600×1200 mm, composto da un nucleo di schiuma polyiso espansa rivestito su entrambe le facce con velo di vetro saturato, con ottime compatibilità di adesione a rasanti, intonaci e collanti. Questo tipo di pannello è particolarmente adatto, oltre che per l’isolamento dall’esterno di superfici verticali, per la correzione dei ponti termici e per l’isolamento sottoportico. Stiferite Class SK mm 80 costa 20,55 euro/m2 (iva esclusa).

Coperture e pavimenti

stiferite

La copertura dell’edificio è costituita da un sottotetto non praticabile e da un sistema di falde che il progetto ha voluto conservare, ripristinandone la funzionalità. Lo strato isolante è stato posizionato, libero, sul pavimento dell’ultimo solaio a protezione dei volumi riscaldati sottostanti.

Per questa applicazione sono stati utilizzati i pannelli Stiferite GT in schiuma polyiso espansa rigida nello spessore di 60 mm, rivestiti su entrambe le facce da Duotwin®. Il pannello si caratterizza per il particolare rivestimento, impermeabile agli agenti espandenti presenti nella schiuma e permeabile al vapore, con una conducibilità termica stabile nel tempo. Lo stesso pannello è stato utilizzato anche per l’isolamento termico del piano di calpestio a contatto col terreno dell’abitazione. Stiferite GT mm 80 costa 19,72 euro/m2 (iva esclusa).

Per maggiori informazioni visita il sito Stiferite (www.stiferite.com)

Compost e mulching per un giardinaggio “circolare”

Tratto da “In Giardino n.63 – Maggio-Giugno 2018″

Autore: Nicla de Carolis

Si sente parlare spesso di economia circolare, il nuovo (ma anche vecchio perché è quello praticato prima dell’avvento dell’economia industriale) modello a cui tutte le aziende oggi dovrebbero adeguarsi e che si pone come alternativa al sin qui perseguito modello di economia lineare in cui le lavorazioni si concludono con la produzione di rifiuti, scarti e inquinanti.

L’economia circolare, al contrario, è un sistema in cui tutte le fasi sono organizzate in modo che i rifiuti diventino risorse per un altro processo produttivo e imita il concetto di “ciclo chiuso” o “rigenerativo” proprio della natura, che dovrebbe impedire ai rifiuti di riempire la terra e… di soffocarci. Questo ciclo rigenerativo/chiuso che tutti dovremmo prendere in considerazione nella vita di ogni giorno per cercare di non danneggiare ulteriormente il nostro pianeta, dovrebbe più che mai essere applicato alla gestione del giardino; invece, in questo periodo, capita frequentemente di vedere cassonetti dell’indifferenziata sulla strada per raggiungere la nostra redazione a un paio di chilometri da Gavi (un paese del Piemonte di circa 4000 abitanti noto per l’omonimo vino bianco) enormi sacchi neri contenenti erba tagliata o foglie secche.

La cosa è veramente sconcertante perché in questa bella campagna le case, che siano di coltivatori, di residenti o di vacanzieri, hanno tutte grandi terreni di pertinenza nei quali potrebbe essere ricavato un posto per fare compostaggio (compost). Basterebbe un apposito contenitore o semplicemente un piccolo spazio delimitato da una rete o anche libero per far decomporre foglie, rametti, erbacce potature ed erba tagliata aiutati da appositi “acceleratori” biologici; questo mix diventerebbe la più fantastica ricetta nutriente per le piante, un “condimento” che con quei semplici e ottimi ingredienti potrebbe fare veri miracoli senza l’utilizzo di prodotti chimici, riciclando gli scarti e senza riempire i bidoni delle immondizie con tutto ciò che la cosa comporta in termini di dispendio di denaro e di inquinamento.

E per far sì che anche l’erba del prato segua un moderno, in questo caso, percorso a ciclo chiuso, c’è il mulching (riciclaggio in italiano), ovvero il processo di sminuzzamento o, addirittura, polverizzazione dell’erba, possibile con i modelli più evoluti di tagliaerba, che così finemente tagliata si decompone molto più rapidamente formando una ricca concimazione naturale e rilasciando acqua nel terreno. Un vero aiuto per avere un bel prato con meno fatica e contribuendo anche in questo caso a un ottimo modello di giardinaggio “circolare”.

 

Rinnovare il pagliolato in legno

Quando far da sé ripaga, e di gran lunga, il tempo e la fatica spesi: uno straordinario risparmio di circa il 95% nella sistemazione della barca

Rinnovare il pagliolato in legno di una barca è un’operazione che, se affidata ad un artigiano specializzato, ci costa molto cara; è quindi consigliabile effettuarla in proprio. Ma a cosa serve il pagliolato in legno?

La vetroresina e le altre plastiche usate nella costruzione dei natanti di piccole dimensioni sono leggere, economiche e facili da lavorare, ma quando si bagnano diventano scivolose con i conseguenti pericoli di ruzzoloni ed involontari tuffi. Inoltre poggiare i piedi nudi e bagnati sui materiali sintetici non è piacevole.

Questi aspetti negativi vengono cancellati se sulla coperta si sistema un pagliolato in legno percorso da morbide, ma resistenti linee antiscivolo, sempre però venduto come accessorio.

Con pazienza e precisione, impiegando circa 30 ore di lavoro e la spesa di soli 150 euro (per un piccolo natante), possiamo rinnovare il pagliolato in legno risparmiando moltissimo, più di 1800 euro… provare per credere!

Pagliolato in legno tagliato a misura

pagliolato

  1. per il lavoro di rinnovamento del pagliolo è stato scelto, il multistrato di Okumè da 8 mm: un foglio di 310×153 cm al prezzo di 50 euro. In alternativa i fogli di multistrato marino di tek Burma o di iroko da 310×125 cm, già scanalati e con la gomma inserita, sarebbero costati rispettivamente 660 e 465 euro per rinnovare il legno.
  2. disegnate su cartone le sagome dei vari pezzi destinati alla copertura, si riportano i contorni sul multistrato e lo si taglia col seghetto alternativo, aiutandosi con listelli di guida e controllando, pezzo per pezzo, che si inseriscano correttamente nello spazio loro destinato.
  3. Elemento di prua con la relativa dima in cartone
  4. Elemento di poppa pronto alla fresatura

pagliolo barca e fresatrice

pagliolato barche

rinnovare pagliolato

  1. pezzo per pezzo si tracciano a matita sul multistrato le scanalature, larghe 5 mm e distanziate di 35, destinate ad ospitare il materiale antiscivolo, curandone parallelismo e squadratura. Le tracce si seguono poi con la fresatrice prima con una fresa diritta e poi con una a punta mezzo tonda.
  2. anche se l’eventuale irregolarità del disegno non comporta nessun inconveniente dal punto di vista pratico, dal punto di vista estetico è meglio che tutte le scanalature siano in perfetta squadra. Qui si vede come l’autore si sia accorto che il disegno era sbagliato ed abbia modificato di conseguenza la fresatura.
  3. indispensabile, anche se noiosamente ripetitivo, l’uso di una guida parallela da spostare riga per riga. Alla guida vanno fissati anche due fine corsa per essere certi che inizio e fine di tutte le scanalature siano perfettamente allineati e possano essere uniti dalla scanalatura trasversale.
  4. per poter montare il tavolino occorre aprire nel pagliolato un foro con la sega a tazza. Occorre molta attenzione per centrarlo esattamente. Attorno al foro va poi aperta, a misura della ghiera del piede del tavolino, una scanalatura circolare da riempire con l’antiscivolo.
  5. una volta aperte tutte le scanalature, le bordiamo con nastro maschera largo 35 mm (3 rotoli per 2,4 euro). Lavoro che richiede molta pazienza ed altrettanta precisione soprattutto nel seguire le scanalature curvilinee.
  6. di per sé l’antiscivolo non fa presa sul legno; affinché si fissi con la massima tenacia dentro le scanalature occorre pennellarvi un prodotto ancorante, qui il Primer LM BV (una bottiglietta da 100 ml costa 12 euro).
  7. l’antiscivolo è un silicone speciale (M.S.Deck Caulking, 4 tubi da 10 euro l’uno). Si applica almeno un’ora dopo aver dato l’ancorante e lo si stende facendolo entrare nelle scanalature con una spatola bagnata d’alcool. Appena steso e lisciato il silicone, che comincia a far presa in pochi minuti, si sollevano i bordi delle maschere ad evitare che, facendolo più tardi, il nastro asporti l’antiscivolo.
  8. il prodotto va lasciato polimerizzare per circa tre giorni (dipende dalla temperatura e dall’umidità ambientale, fare due o tre provini di saggio su pezzi di scarto) fino a che diventi duro.
  9. i cordoni di antiscivolo vengono poi levigati a filo del pannello.
  10. una o due mani di impregnante a protezione totale danno al multistrato il classico color teck e lo proteggono dall’umidità

Consolle fai da te in legno per la cucina | Come si costruisce

Ecco una consolle fai da te con cassetti e ripiani a giorno costruita con particolare cura e precisione

Questa consolle fai da te nasce dalla necessità di rimpiazzare un modello simile di produzione industriale, i cui ripiani non erano abbastanza robusti per sopportare il peso di pentole e casseruole.

Pur avendo un aspetto analogo all’originale, questa consolle in legno per cucina è molto più stabile e robusta, sia perché adotta un sistema di incastri ben dimensionato anziché viti e spinature a secco, sia per i rinforzi nella parte centrale che migliorano la resistenza dei ripiani ai carichi; considerando che misurano circa 1600×320 mm, il peso che può gravare su di essi è importante, anche se per esigenze fotografiche il mobile è allestito con oggetti piuttosto leggeri.

La struttura della consolle fai da te e tutte le parti a vista sono in legno di frassino ben stagionato e lasciato acclimatare prima di sottoporlo alle lavorazioni necessarie a ricavare i pezzi; particolare cura è stata posta nel costruire il top, che risulta controbilanciato essendo realizzato a tre strati di multistrato di pioppo, listelli di abete e strisce di frassino racchiusi in una cornice.

Come progettare una consolle autocostruita

Consolle fai da te

Per l’assemblaggio delle parti strutturali viene utilizzato il sistema domino, che prevede l’inserimento di robusti tasselli in mortase ricavate sui pezzi da unire. Si tratta di un metodo d’unione molto tenace, ma che richiede grande precisione nell’esecuzione.
Montanti e traverse che compongono i fianchi si serrano tra strettoi dopo aver aperto le cave necessarie al bloccaggio dei ripiani da sotto e quelle per il collegamento degli altri pezzi.
Il piano è costituito da un’anima di multistrato di pioppo su cui si incollano listelli 5×80 mm di abete di prima scelta e, su questi, la parte a vista in frassino da 3 mm ottenuta con la calibratrice; questo sistema garantisce un’ottima stabilità.
Attorno al piano si realizza una cornice con listelli di frassino a 45°, uniti con il sistema a lamello; questo si presta meglio rispetto al domino quando gli spessori sono contenuti e ammette qualche spostamento correttivo in fase di assemblaggio.
Quando si effettua il montaggio definitivo del piano, le dimensioni del pezzo richiedono l’utilizzo di larghi strettoi e cinghie di tensionamento in modo da esercitare una pressione uniforme nelle varie direzioni; ci si avvale anche di spessori di legno per una ripartizione migliore della forza.
I ripiani a giorno sono in legno di abete di prima scelta: si ricavano da travetti 100×100 mm tagliati in modo da ottenere tavole 100×25 mm che si accostano con incastri a dente e canale. Oltre a fissarli agli appoggi laterali, dopo averne sagomato gli angoli per incastrarli tra i montanti, i ripiani beneficiano del rinforzo verticale centrale che ne impedisce la flessione anche quando si ripongono casseruole di terracotta o simili.

Come realizzare i cassettoni

La struttura dei 3 cassetti è in tavole di abete e il loro scorrimento avviene su guide laterali applicate nella parte bassa.
I frontalini sono in frassino e consistono in una specchiatura centrale racchiusa in una cornice; questa è costituita da 4 elementi bisellati a 45° e scanalati sul bordo interno affinché possano calzare sulla tavola centrale. Agli angoli le giunzioni sono affidate al sistema lamello (utile a tal scopo la fresatrice domino)
Ogni frontalino si fissa alla struttura del cassetto tramite due viti inserite dall’interno.
Le dimensioni sono studiate in modo che i frontalini, quando i cassetti sono in chiusura, vadano a ricoprire quasi interamente i rinforzi centrali che supportano le guide e che rimangano poco al di sotto del filo esterno dei montanti.
Il rinforzo posteriore centrale, oltre a fungere da “quinto montante”, è strutturato in modo da fornire un sostegno intermedio alle traverse posteriori. Il top beneficia dell’appoggio sul perimetro della struttura, sui divisori dei cassetti e su due elementi centrali a trapezio.
Il fissaggio del top e dei ripiani si effettua da sotto tramite boccole con filettatura esterna a legno e interna metrica, in modo che possano farvi presa le viti. In questo modo rimangono facilmente separabili dalla struttura qualora si dovesse spostare il tavolone in altro luogo.
Due cinghie molto lunghe e provviste di distanziatori angolari sono indispensabili per serrare l’intera struttura, sia al momento dell’assemblaggio definitivo, sia durante il montaggio in bianco per testare il buon funzionamento dei cassetti.

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Cassetto in legno d’abete: costruzione

Vediamo come costruire passo-passo un cassetto in legno di abete

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Per una versione “da servizio” nel frontale dei cassetti di legno si apre con l’alternativo uno scarico in cui introdurre la mano. In un ambiente più elegante applichiamo maniglie in stile.

 

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Per l’estetica il cassetto legno è costruito con le pareti chiuse fra frontale e retro, unite con spinatura cieca. Al fine di evitare che aprendo il cassetto, specie se carico, il frontale ci rimanga in mano, possiamo seguire due strade: o rinforzare l’unione con piastrine ad L avvitate negli angoli interni del cassetto (4 per cassetto), o, allungando le pareti di 20 mm, incastrarle in una battuta di 10×18 mm aperta nei lati corti di retro e frontale e bloccarle nella battuta con spine trasversali.

 

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Quale che sia stata la soluzione scelta teniamo in pressa ed in quadro il cassetto finché la colla non sia asciugata.

 

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Per facilità di realizzazione il fondo non è incastrato in una scanalatura aperta nelle quattro pareti, ma viene bloccato in posizione inchiodandolo su una cornice di listelli sezione 14×14 mm a sua volta inchiodata alle pareti.

disegn

 

Volendo seguire la regola d’arte si apre alla base delle quattro pareti, a 5 mm dal bordo, una scanalatura profonda 7,5 mm e larga quanto lo spessore del fondo aumentandone di 14 mm la misura dei lati. In questo caso prima si uniscono frontale e pareti, poi si inserisce il fondo nelle scanalature e infine si monta il retro fra le pareti.

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Steacom è affiliata al Gruppo STEA

Più far da sé, meno analfabetismo funzionale

Tratto da “Far da sé n.483 – Maggio 2018″

Autore: Nicla de Carolis

Ho sempre considerato gli Italiani un popolo dall’intelligenza vivace, in grado di tirarsi fuori dagli impicci in situazioni difficili o nuove, al di là del grado di cultura raggiunto. Eppure, secondo l’indagine OCSE-PIAAC (un programma ideato dall’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, che mira ad avere informazioni sulle competenze fondamentali degli adulti) siamo il Paese europeo, dopo la Turchia, ad avere il maggior numero di analfabeti funzionali, ovvero cittadini che non sono in grado di capire il libretto di istruzioni di un cellulare o di altro apparecchio digitale che comanda la domotica di cui il nostro quotidiano inizia a essere pieno; non sanno risalire a un numero di telefono contenuto in una pagina web se esso si trova in corrispondenza del link “Contattaci”; non capiscono un articolo di giornale, un contratto… Non si parla di persone incapaci di leggere o fare di conto, piuttosto di persone prive delle competenze richieste in varie situazioni della vita di oggi, sia essa lavorativa, relativa al tempo libero o legata ai linguaggi delle nuove tecnologie, insomma soggetti con una padronanza della lettura e della scrittura in misura insufficiente rispetto alla società contemporanea. è così che i “low skilled” (poco qualificati), coloro che non sono capaci di decifrare il mondo senza una semplificazione o un’intermediazione, sarebbero nel nostro Paese uno su tre.

Eppure il web da un lato apre a tutti una conoscenza infinita ma in realtà molti di noi non riescono a cercare e a comprendere questi innumerevoli stimoli e, come rilevava l’esimio linguista Tullio De Mauro, oggi siamo in presenza di “un processo di atrofizzazione del sapere costante e lievitante”; sembra che per questa abbondanza di conoscenza i nostri cervelli, invece di rifiorire, si rattrappiscano. La causa dell’analfabetismo funzionale sarebbe quindi l’assenza di allenamento mentale, il vivere in maniera sempre più passiva, utilizzando oggetti dalla tecnologia molto complessa di cui non si sa nulla, senza curiosità, con una chiusura a ciò che è nuovo e non si conosce, con l’incapacità di elaborare notizie e dati in maniera critica traendone conclusioni.

Uno stile di vita con relative conseguenze verificabili nella realtà quotidiana che però non sono assolutamente proprie del far da sé, così profondamente radicato, per mentalità, a capire il perché e il per come di tutto, in grado di affrontare testi articolati che forniscono istruzioni per costruire un determinato oggetto e di mettere in pratica con l’abilità manuale nozioni difficili e trucchi frutto dell’esperienza. Quello del far da sé è un metodo che inevitabilmente viene applicato non solo in laboratorio, ma nella vita di tutti i giorni e la curiosità, la voglia di sapere esattamente come stanno le cose, mantiene la sua mente in un piacevole costante allenamento, ben lontano dall’analfabetismo funzionale.

Segnavento fai da te

Questo segnavento fai da te a forma di aeroplano si orienta nella direzione del flusso d’aria indicandone la provenienza mentre l’elica consente di rilevarne la velocità

segnavento fai da te, costruire un segnaventoUn’idea utile quella di un aeroplanino segnavento fai da te. Anche nelle peggiori giornate, con un’occhiata da dietro i vetri di casa, possiamo renderci conto di quanta aria ci sia fuori e, soprattutto, da quale parte stia soffiando.

Uno dei punti cardine del progetto risiede nell’ottenimento della necessaria scorrevolezza delle parti in movimento; pertanto, sia l’aereo sia l’elica, dovranno avere una massa contenuta.

Questo spiega l’utilizzo di compensato sottile per la costruzione della fusoliera, invece di ricavarla da un singolo pezzo pieno, nonché l’impiego della balsa per parte delle ali.

Il punto di partenza per costruire un segnavento fai da te

E’ quasi come se si dovesse montare un aeromodellino solo che in questo caso, non dovendolo far volare veramente, dato che diventerà un segna vento disegniamo con una certa libertà il profilo delle ali e delle varie parti della zona centrale. Teniamo solo conto che nel troncone di coda della fusoliera è meglio tracciare linee rette per ottenere la giusta collimazione degli spigoli al momento dell’unione dei quattro lati.

Facciamo una prova con il cartone realizzando quindi delle dime, utilissime in questo caso per segnare correttamente i pezzi da tagliare e non trovarsi a doverne rifare di sbagliati. Alcune parti sono formate da due strati di legno sovrapposti: per ali e piani di coda, al foglio di compensato da 6 mm uniamo quello di balsa da 8 mm, mentre per il timone di coda incolliamo due pezzi identici di compensato. L’asta di sostegno alloggia ad una delle due estremità del sistema di giunzione con l’aereo.

Il giunto ha anche la funzione di consentire la libera rotazione sul piano orizzontale. Per ottenere il duplice effetto, utilizziamo due supporti per rotelle girevoli di cui si impiegano entrambe le sedi in teflon, una ancorata all’aereo ed una al bastone, ed uno solo dei due perni. Per la direzione dei punti cardinali facciamo due fori al bastone da 30 mm di diametro: uno a circa 200 mm dall’estremità superiore, uno 30 mm più in basso, esattamente perpendicolare al primo.

Inseriamo nei fori i tondini di alluminio, li fissiamo con colla e terminiamo le estremità con 3 cubetti (lato 20 mm) ed il cono (diametro 20mm). Posizionata l’asta nel terreno ed orientata con la bussola, vi alloggiamo l’aereo. Ora individuiamo il punto più basso della carlinga ed operiamo un foro di uscita dell’acqua per le giornate di pioggia.

Progettare un segnavento in legno a forma di areoplano

aereo in legno progetto

Cosa serve per costruire un segnavento fai da te:

  • Fusoliera: abete (1 listello da 95x70x160 mm; 1 da 40x54x70 mm); compensato 6 mm (1 pezzo da 365×54 mm; 1 da 340×54 mm; 2 da 580×95 mm)
  • Parti alari: compensato da 6 mm (1 pezzo da 700×140 mm; 1 da 100×260 mm; 2 da 130×135 mm); balsa da 8 mm (1 pezzo da 1000×100 mm)
  • Elica: betulla (1 foglio da 2 mm 170×180); coni di abete (2 pezzi Ø 30×30 mm); abete (3 barre tonde Ø 6 mm lunghe 14 mm);
  • 1 vite acciaio inox testa cilindrica M5x50 mm;
  • tubetto d’ottone Ø esterno 6, lungo 14 mm;
  • 4 rondelle inox 5,3×15 mm
  • 2 tondini di alluminio Ø 8 mm, lunghi 350 mm, per il sostegno dei punti cardinali;
  • 1 listello di abete 20×20 mm da cui ricavare 3 cubi lato 20 mm;
  • 1 bastone in abete Ø 30 mm lungo1600 mm per fare il sostegno;
  • 2 attacchi per rotelle girevoli Ø 13 mm;
  • fondo e vernice;
  • colla resistente all’acqua

  1. Il foro per il perno dell’elica deve essere perfettamente in asse con il pezzo; pertanto va fatto con il trapano a colonna e prima di qualsiasi altra lavorazione sulla faccia opposta.
  2. Le smussature e le scanalature laterali vanno dapprima segnate a matita considerando anche lo spessore di 6 mm del compensato. Poi si interviene con il seghetto e con la levigatrice o, se disponibile, la combinata.
  3. Nella fase successiva iniziano le operazioni di disegno e taglio dei fogli di compensato e balsa che serviranno per montare ali e fusoliera; il traforo elettrico si rivela molto utile nell’eseguire i numerosi tagli curvilinei.

Come costruire un’elica

  1. le pale dell’elica, con forma elissoidale, hanno il lato lungo di circa 170 mm e quello corto di 60. Lo spessore è di soli 2 mm. Dopo il taglio abbiamo smussato il loro profilo eliminando gli spigoli vivi.
  2. i perni di attacco delle pale terminano da una parte con una scanalatura di blocco e dall’altra si innestano nel mozzo dell’elica. Per una buona riuscita, segniamo in testa il tondino per lo spessore di 2 mm; stabiliamo la lunghezza della scanalatura, quindi erodiamo il perno con il traforo. Infine lo tagliamo in modo che la parte libera entri tutta nella sede del mozzo.
  3. per il mozzo dell’elica tagliamo un dischetto di 14 mm dal bastone di Ø 30 mm. Il compasso ci permette di segnare i tre fori equidistanti l’uno dall’altro. Pratichiamo un foro, al centro del mozzo, per la sede del distanziale da 14 mm ricavato dal tubetto di ottone.
  4. fatti i quattro fori nel mozzo con il trapano a colonna, uniamo le parti dell’elica con la colla e diamo ad ogni singola pala un’inclinazione di 45° rispetto al piano di rotazione. L’entità della calettatura delle pale consente all’elica di ruotare in presenza di vento.
  5. il perno dell’elica è formato dalla vite in acciaio inox a testa cilindrica che incolliamo nell’apposito alloggiamento ricavato alla base del cono in abete. Una volta essiccata la colla passiamo alla stesura del fondo ed alla coloritura.
  6. fissaggio dell’elica: avvitiamo nel legno l’asse dell’elica, mettendo quattro rondelle, due prima e due dopo il mozzo, lasciando sufficiente lasco per consentire una fluida rotazione.

  1. montaggio della fusoliera: la fase iniziale dell’incollaggio delle parti tagliate è un momento delicato. Fissati i fianchi al blocco pieno frontale vanno fatti collimare verso la coda mantenendoli uniti al pezzo di carlinga superiore ed inferiore.
  2. a colla essiccata eliminiamo con la levigatrice eventuali sporgenze ed attenuiamo gli spigoli vivi con una passata di carta vetrata n.120.
  3. la struttura alare necessita di un maggior spessore. Sulla base, costituita da un pezzo unico, incolliamo le due semiali in balsa in modo da lasciare al centro lo spazio preciso per incastonare la fusoliera. Il profilo superiore dell’ala va poi arrotondato con la levigatrice.
  4. Il segnavento fai da te ha preso forma: i morsetti stringono alla fusoliera le ali, i piani orizzontali ed il timone di coda. Abbiamo posizionato un listello sul posto di guida in modo da distribuire debitamente la forza dei morsetti che vanno a premere in una zona un po’ delicata.

  1. il momento più delicato: fare l’alloggiamento per il dispositivo di giunzione al centro dell’asta di sostegno, è sicuramente un passaggio difficile, in quanto il foro da 13 mm deve essere perfettamente in asse con l’asta.
  2. l’alloggiamento del dispositivo di giunzione è più semplice: in corrispondenza del tozzetto di rinforzo messo appositamente all’interno, troviamo il punto di equilibrio dell’aeromobile e pratichiamo un foro da 13 mm. La femmina del perno è tenuta in posizione da due viti.

La verniciatura del legno è preceduta dalla classica mano di fondo. Considerando l’esposizione alle intemperie del nostro manufatto abbiamo fatto penetrare bene, sia il fondo sia la tinta finale, anche all’interno della carlinga, in modo da preservarlo il più a lungo possibile.

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Nastro magnetico adesivo Sacar | Come si utilizza

Il nastro magnetico si presta a molteplici utilizzi in casa e in laboratorio per fissare oggetti non magnetici a superfici metalliche; si taglia con facilità a misura o per ottenere piccoli tasselli

Il nastro magnetico adesivo si può utilizzare per fissare la zanzariera in modo da poterla rimuovere, per appendere foto o disegni su superfici metalliche senza rovinarle, per fissare cordoniere luminose alle ringhiere e per infinite altre applicazioni: il nastro adesivo magnetico in rotolo ha una larghezza di 19 mm e una lunghezza di 2500 mm e si può tagliare a misura in base all’utilizzo.

La banda magnetica adesiva sviluppa una forza di attrazione proporzionata alla lunghezza, pertanto questa dev’essere valutata in base al peso dell’oggetto da fissare; è molto flessibile, pertanto può essere applicata con facilità anche a superfici curve o con sagomature morbide. Sacar Due (www.sacardue.it)

Esempi di utilizzo della striscia magnetica adesiva

La banda adesiva si taglia facilmente con un paio di comuni forbici.
Dopo aver rimosso la pellicola protettiva dalla faccia adesiva, basta premerla sul supporto da rendere magnetico.
In questo caso, applicata in doppia striscia parallela per migliorare la forza di attrazione, trasforma un comune listello in portautensili.
Con quattro tasselli agli angoli il block notes può essere appeso come promemoria.
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  • TAGLIA SU QUALSIASI FORMA E ATTENERSI ALLE SUPERFICI. Il Nastro Magnetico Magflex Viene Facilmente Tagliato E Si Attacca Senza Sforzo Su Una Varietà Di Superfici, Tra Cui Molte Materie Plastiche.
  • IDEALE PER APPLICAZIONI LEGGERE. Il Nastro Magnetico Magflex È Autoadesivo E Flessibile, Progettato Per Fornire Una Forte Presa Sulle Superfici A Base Di Metallo Magnetico. Ideale Per Una Vasta Gamma Di Applicazioni Leggere.
  • SUPPORTO AUTOADESIVO PREMIUM. I Nastri Magflex Utilizzano Un Adesivo Assensibile Con Pressione Acrilica Che Aumenta Sostanzialmente Della Resistenza Del Legame Con L'Invecchiamento Naturale, Per Garantire Che L'Adesivo Possa Resistere Alla Resistenza Di Trazione Che Si Consiglia Di Consentire Tra Le 24 E Le 32 Ore Per L'Adesivo Per Curare Completamente.
  • FINITURA COLORATA SU FACCIA MAGNETICA. Il Nastro È Di Colore Nero Sulla Faccia Magnetica.
  • SPECIFICHE. Nastro Di Spessore Di Spessore Di 2,5mm Di Larghezza 2,5mm (Circa 2,5mm Di Spessore Incluso L'Adesivo In Schiuma. 180 G Di Forza Di Trazione Per Cm Di Lunghezza (71 G/Cm2).
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  • FINITURA COLORATA SU FACCIA MAGNETICA. Il Nastro È Di Colore Nero Sulla Faccia Magnetica.
  • SPECIFICHE. Nastro Di Spessore Di 1,7mm Di Larghezza X 1,5mm (Circa 2,5mm Incluso Adesivo In Schiuma. 90 G Di Forza Di Trazione Per Lunghezza Cm (71 G/Cm2).
Nastro adesivo magnetico Magstick® 424, 12,5 mm di larghezza, 1,5 mm di spessore. Per materiale di presentazione, fotografie, scaffali, cartelli, display, decorazioni a scuola, in ufficio, a casa, in magazzino, in fiera
  • Per fissare e rimuovere in modo flessibile e rapido poster, foto, note su scaffali o simili oggetti leggeri su superfici metalliche magnetiche.
  • Larghezza: 12,5 mm.
  • Autoadesivo/tenuta leggera/media.*
  • Questo nastro magnetico non può fungere da base adesiva per altre calamite.
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  • Nastro flessibile con adesivo posteriore
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  • Adatto per oggetti leggeri
  • Facile da applicare
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  • Forte: questo nastro magnetico è progettato appositamente per essere utilizzato frequentemente per appendere oggetti leggeri. Il magnete flessibile consente una presa comoda e allo stesso tempo una forza magnetica affidabile.
  • Qualità: a differenza dei tradizionali nastri magnetici, questo nastro garantisce una tenuta assolutamente sicura grazie alla colla 3M ed è lavorato con il magnete anisotropico.
  • Versatile: questo magnete viene utilizzato volentieri in ufficio, a scuola, per hobby, a casa, in officina. Oggetti leggeri come portachiavi, forbici, pannelli leggeri, articoli cosmetici, foto, cartelloni, laminati sono sorretti in modo affidabile dove ne avete bisogno.
  • Pratico: questo nastro magnetico si può tagliare, per poterlo utilizzare subito dopo l’incollaggio. Avete bisogno di 5 m alla volta o di pezzi più corti? Potete avere entrambi grazie a questo nastro magnetico infrangibile, indeformabile e accorciabile.
  • Autoadesivo: senza martellare o forare è possibile fissare il nastro magnetico in modo sicuro e facile. Basta rimuovere la pellicola protettiva, premere brevemente e già è garantita una forza adesiva duratura e molto forte.
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  • Nastro magnetico flessibile.
  • Parte posteriore con adesivo.
  • Facile da tagliare.
  • In grado di seguire contorni e curve delicati.
  • Ideale per esposizioni, cartelli provvisori, ecc.

Tavolo da lavoro salvaspazio | Come costruirlo accessoriato

Un tavolo da lavoro salvaspazio, ma dotato di ogni accorgimento per facilitare il lavoro manuale o con le macchine da banco

I normali banchi da lavoro sono lunghi più o meno due metri e larghi sui settanta centimetri e pesano attorno al quintale. Avendo posto per metterli sono il miglior acquisto che possa fare chiunque abbia la passione per la falegnameria. Il punto è proprio questo: lo spazio disponibile per la maggior parte di chi fa da sé è quasi sempre un angolo del garage o della cantina ed è in questo spazio risicato che bisogna attrezzarsi al meglio con un tavolo da lavoro fai da te.

Nell’articolo  illustriamo un banco da lavoro autocostruito abbastanza facile e che, senza l’ingombro ed il peso del banco classico, offre buona resistenza e stabilità per tutti i lavori con gli elettroutensili. Rinforzando opportunamente le giunzioni con gli accorgimenti indicati di volta in volta, si può usare anche con gli attrezzi manuali come sega, pialla ecc, che impartiscono alla struttura sollecitazioni piuttosto sostenute.

Qui il tavolo da lavoro in legno viene descritto lungo 800, largo 668 ed alto circa 840 mm; la semplicità costruttiva permette di adattarne le misure a quelle disponibili semplicemente allungando o accorciando gli elementi descritti nell’elenco del materiale. Chi volesse, o potesse, fare più lungo il banco lavoro, consideri che oltre i 1200 mm, mantenendo fermi gli altri parametri strutturali, farà bene ad inserire un terzo paio di gambe.

Cosa serve per costruire un tavolo da lavoro falegname

tavolo da lavoro fai da te progetto

Nota importante: i numeri riportati fra parentesi trovano riferimento nei disegni che si trovano nell’articolo.

  • Multistrato (meglio se di legno duro) da 18 mm: 16 elementi gambe (1) 835×72 mm; 2 longheroni (2) 726×150 mm; 2 traverse (3) 612×150 mm; 1 ripiano inferiore (4) 726×576 mm; 1 ripiano portaferri (5) 540×300 mm; 1 ripiano portamorsetti (6) 540×170 mm; 2 piani di lavoro (7) 800×668 mm; 1 longherone esterno (8) 800×150 mm; 2 traverse (9) 650×150 mm; 2 longheroni interni (10) 764×150 mm; 3 elementi morsa parallela (11) 300×100 mm; 1 frontale cassetto (12) 576×80 mm; 2 lati cassetto (13) 547×80 mm; 1 retro cassetto (14) 540×64 mm; 4 pezzi (testa del cane) 40×40 mm; 2 teste di cane Ø 40 mm.
  • Un fondo cassetto di compensato (15) spesso 6,5 mm da 560×557 mm;
  • 4 fermapezzi compensato spesso 5 mm da 40×40 mm;
  • 300 mm tondo ramino o faggio Ø 20 mm (per 8 gambe di cane);
  • una barra tondo ramino Ø secondo il foro in testa alla vite della morsa;
  • una morsa parallela.
  • Viti da legno, colla, eventuali piastre metalliche di rinforzo, diritte e ad L

Come realizzare la struttura del banco da falegname

Tempo richiesto: 4 ore

  1. Tagliare le tavole

    Se non siamo sicuri della precisione della nostra attrezzatura è meglio farci tagliare le tavole in segheria, riservandoci il compito dei lavori di fresatura e foratura. Ogni gamba è realizzata con la tecnica della laminazione, incollando di piatto a gruppi di 4 le tavole 1.tavolo da lavoro

  2. Stringere e allineare le tavole fra loro

    Vanno ben strette fra loro e perfettamente allineate. Sia per l’estetica, sia per evitare che le viti inserite di taglio nel multistrato facciano poca presa, si ritiene più opportuno fare le gambe con una tavola da 835×72 e quattro da 835×54 mm, unendo queste fra loro di piatto ed il travetto risultante, sezione 72×54 mm, di costa alla tavola larga, così che i due lati esterni della gamba presentino una faccia compatta in cui le viti hanno molto miglior tenuta.tavolo da lavoro

  3. Tracciare con la fresatrice le scanalature

    Per tracciare con la fresatrice le varie scanalature necessarie nel corso del lavoro è sempre opportuno aiutarsi con sponde di battuta e scorrimento. L’apertura della scanalatura per il piano inferiore viene eseguita sulle quattro gambe strettamente accoppiate ed esattamente allineate.

  4. Aprire lo scarico per il passaggio delle colonne di guida

    In una delle due tavole 10 apriamo lo scarico per il passaggio delle colonne di guida e del vitone della morsa.tavolo da lavoro

  5. Unire le quattro tavole della cornice

    Le quattro tavole della cornice si uniscono fra loro con i tasselli “domino”, se si ha a disposizione l’apposita fresatrice. Vanno bene anche i “lamello”, le spine, cieche o a vista (che a fine lavoro restano nascoste) o, meglio, robusti incastri a coda di rondine o a tenone e mortasa con spina trasversale di fermo.tavolo da lavoro

  6. Tenere la cornice in quadro e in pressa

    Quale che sia il sistema di unione usato, la cornice va tenuta in quadro e in pressa fino alla presa completa della colla.tavolo da lavoro

  7. Fissare la gambe alla cornice

    Prima di fissare le gambe dentro la cornice bisogna aprirvi, nei lati interni, le scanalature per le ali portaferri e per il piano inferiore. Le gambe poi si fissano solo con colla e viti se il banco non è destinato a sollecitazioni pesanti come lavoro di saracco o di pialla, in questo caso l’unione andrà rinforzata con piastre metalliche ad L.tavolo da lavoro

  8. Inserire il ripiano inferiore

    Il montaggio comincia con una coppia di gambe (quelle in basso nella foto) nella cui scanalatura inferiore si inserisce ed incolla il piano d’appoggio 4 che si blocca in posizione con la terza gamba (in alto nella foto) ed uno strettoio di opportuna lunghezza. Si può inserire ed incollare la quarta gamba completando la struttura di base. In ogni fase del lavoro va controllata l’esatta squadratura degli elementi; se il banco deve sopportare forti sollecitazioni l’unione va rinforzata con piastre metalliche ad L.tavolo da lavoro

  9. Realizzare le ali portaferri

    Le due ali portaferri, che ognuno realizzerà in base all’attrezzatura che gli serve avere sottomano, hanno anche la funzione di guide per il cassetto.

  10. Installare le ali portaferri alla struttura

    Questa funzione viene svolta tramite il loro bordo interno che segue l’aletta con la quale vengono avvitate alle gambe. Per una miglior tenuta, dato che le viti inserite nello spessore del multistrato non danno piena garanzia di reggere il peso ed il movimento di un cassetto magari pieno di ferri, conviene anche in questo caso rinforzare l’unione con piastre metalliche ad L avvitate nella gamba e sotto l’ala portaferri.

Biscottini Tavolo alto da lavoro 194x90x84 cm Made in Italy | Isola cucina piano lavoro legno massello | Bancone cucina | Tavolo in legno massello
  • TAVOLI DA LAVORO - Realizzato interamente a mano, questo bancone da lavoro è una fedele riproduzione di un vecchio tavolo da falegname con morsa perfettamente funzionante
  • VERSATILE - Questo tavolo rustico si presta a diversi utilizzi come, piano di lavoro cucina, penisola tavolo,tavolo legno massello e soggiorno, isola per cucina o tavolo bar alto
  • MATERIALE - Realizzato interamente in legno massello di tiglio, questa piano da lavoro cucina è estremamente solido e resistente
  • DIMENSIONI - Le mobile da cucina e salotto sono di 194x90x84 cm, dimensioni che lo rendono un'isola cucina piano lavoro grande adatta per tutti gli ambienti
  • ARTIGIANALE - Il tavolo da lavoro cucina è realizzato interamente a mano da esperti artigiani, la casa nei dettagli e la lavorazione Made in Italy lo rendono un elemento d'arredo unico
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Keter Tavolo Da Lavoro Pieghevole, Si Apre In 30 Secondi, Facile Da Trasportare, Nero, Plastica, Portata 450 Kg
  • PRATICO: tavolo da lavoro apribile in 30 secondi
  • MISURE: aperto misura 91 x 55.5 x 75.5 cm
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  • PROGETTATO PER: risparmiare spazio e per lavori fai da te
  • DESIGN elegante e progettato con materiale di alta qualità
Silverline, Tavolo da lavoro pieghevole - TB05
  • Rigido telaio in acciaio a sezione quadrata.
  • Portata massima: 150 kg.
  • Superficie superiore del tavolo regolabile a 0°, 45° o 90°.
  • Piano di lavoro con 2 sezioni da 605 mm x 120 mm.
  • Pieghevole e portatile.
Banco da Lavoro con piano da 120x60cm, parete forata e ganci universali per attrezzi + 1 cassetto porta utensili + 2 mensole
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  • Ripiani in plastica robusta, portata 5 kg con carico distribuito, pannello luminoso per illuminazione opzionale
  • Pareti forate: ogni set da parete con 12 ganci standard, portata 50 kg, spessore lamiera 0,8 mm

Le ali portattrezzi nei banchi da lavoro

La vista frontale, lato morsa, del banchetto mostra come ai lati sporgano le due ali portaferri (5 e 6). La tavola frontale 2, più soggetta alle sollecitazioni è correttamente chiusa fra le due tavole laterali 3. Il piano inferiore 4, incastrato nelle gambe, contribuisce ad irrigidire il banco. Nella vista laterale del banco si notano, nelle gambe, gli incastri per il piano inferiore e per le ali portaferri. Il banchetto visto in pianta mostra come il fascione formato dalle tavole 2 e 3 abbracci la sommità delle gambe. Accanto alla pianta le due ali portaferri da cui sporgono i risalti che le collegano alle gambe.

Una delle due ali è a misura degli strettoi, ma è ovvio che ciascuno possa farla più o meno larga e vi possa aprire le sedi per gli attrezzi più vari, dai saracchi inseriti in una fessura o, aggiungendovi una tavoletta verticale dotata di cancani a vite, per appendervi pinze, forbici, tenaglie e via dicendo.
L’altra ala è usata per scalpelli, cacciaviti, punteruoli e simili e quindi è aperta da file di fori più o meno grandi. Anche per questa ala la realizzazione dipende solo dalle necessità dell’utilizzatore.

Il cassetto

Le misure date per il cassetto sono legate alla distanza fra le gambe in quanto il cassetto scorre sul bordo interno delle ali portaferri.
Nelle pareti vanno aperte due scanalature, una all’interno per l’inserimento del fondo (da aprire anche nel frontale) ed una, larga appena più dello spessore delle ali, all’esterno.
Il fondo viene inserito nelle scanature di pareti e frontale e avvitato sul bordo inferiore del retro 14, più stretto degli altri tre elementi.
La profondità del cassetto dipende da ciò che deve contenere.

Il piano di lavoro e la seconda cornice

Per aumentarne la resistenza in modo che “regga botta”, il piano di lavoro è realizzato con due fogli di multistrato incollati fra loro. Consigliabile farlo incrociandone le fibre.
Il disegno mostra che, anche nella fascia laterale, l’asse che regge la morsa (8) viene raddoppiata, per contrastare le forze esercitate.
Dopo i tagli delle cinque tavole necessarie per la fascia laterale, su quattro si predispongono i fori per i tasselli “domino”, sia in testa, per la giunzione delle tavole fra loro, sia in costa, per l’assemblaggio con il piano di lavoro soprastante.
Prima di unire le quattro tavole si incolla la tavola 8, la quinta, ad una delle due tavole 10, realizzando il raddoppio di rinforzo.
Nella tavola raddoppiata si aprono, in base alle misure della morsa, i fori occorrenti. In basso, a lato, è visibile il foro di partenza per la creazione della finestrella di aggancio dei morsetti. Di questi fori per i morsetti, ne vanno due su questa tavola e due su quelle a lato.
Con il seghetto alternativo si trasforma il foro in un’apertura a portoncino, con base rivolta verso il bordo libero della cornice.
Messa in quadro e in pressa la cornice, a colla asciutta la si fissa al piano di lavoro, usando sempre colla, più un buon numero di tasselli o spine, tenendola esattamente a filo con i lati del piano.
Quando piano e cornice sono uniti vi si aprono i fori per i “cani”, ben allineati ed uniformemente spaziati.

I cani d’appoggio

Complemento irrinunciabile di ogni morsa sono i “cani” o “fermi” che permettono di bloccare sul piano di lavoro pezzi piatti come tavole o pezzi più larghi dell’apertura massima della morsa.
Qui li vediamo realizzati con un gambo Ø 20 mm su cui viene bloccato un “fungo” di multistrato da 18 o da 5 mm da usare per pezzi più o meno spessi.
Due cani si inseriscono nella morsa e gli altri due nei fori aperti sul piano di lavoro. La distanza fra le coppie di fori dev’essere di almeno 15 mm inferiore all’apertura massima della morsa.

La morsa e la sua sede

Questa morsa è di fabbricazione tedesca. Ha un peso di circa 4 kg e un’apertura di 390 mm. La parte fissa, a destra, va avvitata sotto il piano di lavoro con bulloni a testa esagonale che entrino in dadi alloggiati in cave aperte sul piano di lavoro, ovviamente senza sporgere. La parte mobile della morsa va avvitata alla ganascia, realizzata con le tre tavolette 11 incollate fra loro.
Nella faccia della ganascia vanno aperti tre fori: in quello centrale passa il vitone della morsa, in quelli laterali passano le guide. Mentre i fori laterali debbono avere l’esatto diametro delle barre di guida, quello centrale va fatto leggermente più grande del diametro del vitone che vi deve girare dentro senza attrito. Nella foto l’apertura, in costa, dei due fori per l’inserimento dei cani. Anche qui i fori debbono essere appena più larghi del diametro del fusto dei cani per permetterne l’agevole estrazione quando non servono più.
3. Per separare i due elementi della morsa così da poterla montare, occorre togliere l’anello di fermo montato sull’estremità della barra di guida che vediamo anche nella foto in alto. Fare attenzione a non deformarlo.
L’inserimento ed il blocco della parte mobile della morsa richiedono una buona precisione. Per fissarla, dato che il pezzo non subisce particolari sollecitazioni, bastano viti da legno Ø 5×45 mm
Capovolto il piano di lavoro, facciamo passare nei fori aperti nel suo frontale il vitone e le guide. Stringiamo assieme, girando il vitone, le due parti della morsa e quando la ganascia appoggia completamente contro il fascione del piano di lavoro (ad evitare successivi inceppamenti, conviene inserire fra ganascia e fascione un pezzo di cartoncino sottile) avvitiamo la parte fissa alla faccia inferiore del piano.
La morsa è venduta senza la barra di manovra che è facile realizzare con un tondo di ramin e due dischi di multistrato.

Una morsa versatile

I cani col “fungo” sottile permettono di bloccare sul piano di lavoro anche pezzi di scarso spessore. Dato che possono girare su se stessi si adattano a stringere anche pezzi circolari o comunque non squadrati. Le dimensioni del piano e la corsa della morsa permettono di lavorare pezzi larghi fino a 70 cm.
Senza cani la ganascia tiene ben salde tavole e listelli da segare o piallare.