Due tavole sagomate e due listelli di collegamento: bastano questi elementi per realizzare un porta spade fai da te, ma è necessaria la massima precisione
Chi trova un amico trova un tesoro, ma se questo amico è un amante del far da sé ed è un tipo disponibile è ancora meglio. Il nostro lettore Antonio Bongrani è uno di questi, non tiene esclusivamente per sé le proprie capacità e nel tempo libero si rende disponibile anche per soddisfare le richieste degli amici. Uno di questi, collezionista di spade giapponesi, aveva l’esigenza di un porta spade fai da te da muro, in modo da esporle come si conviene: guarda caso Antonio aveva qualche vecchia perlina che non sapeva come utilizzare e risultavano di misura ideale allo scopo (lunghe un metro, larghe 120 mm e spesse 20 mm). Fatti due conti, in base allo spessore delle spade, si potevano ricavare i supporti per esporne una decina. Sempre tra gli avanzi di laboratorio ha recuperato anche le traverse per collegare le due tavole sagomate che costituiscono il porta spade fai da te, una coppia di listelli 30×20 mm, lunghi 400 mm che sono serviti inoltre per il fissaggio della struttura a parete. Dopo aver assemblato gli elementi tramite spinatura cieca e colla vinilica ha trattato il legno con un protettivo trasparente, per non alterarne il colore naturale. Ma chi ha fatto trenta, può fare trentuno, perciò si è recato a casa dell’amico con livella a bolla, trapano e tasselli e ha montato il porta spade a muro, lasciando all’amico il solo compito di esporre i suoi cimeli appoggiandoli con soddisfazione sui supporti.
Per realizzare un porta spade bisogna lavorare di precisione con il seghetto alternativo
I supporti per le spade hanno una forma ripetitiva: basta stabilire la sagoma di un singolo elemento, disegnarla su un cartoncino e utilizzarlo come dima per riportarla sulle perline, seguendone poi il profilo con il seghetto alternativo.
Il taglio si effettua poco all’esterno della tracciatura, in modo da avere margine per uniformare il profilo con la levigatrice; contestualmente si smussano gli spigoli delle tavole.
Si aprono i fori per le spine Ø 4 mm che uniscono le traverse alle tavole sagomate, alle estremità delle traverse e sulle facce interne delle tavole. Il limitatore di profondità permette di affondare con la punta quanto basta.
Sulle facce delle traverse si pratica una coppia di fori passanti Ø 6 mm necessari per fissare il portaspade a parete con tasselli a espansione.
Gli strumenti per misurare e tracciare sono di fondamentale importanza, anche per piccoli lavori hobbistici. Analizziamone le caratteristiche salienti.
In edilizia gli strumenti per misurare e tracciare, che permettono di avere un riscontro sicuro mentre si avanza nel lavoro sono tanto banali quanto efficaci: l’orizzontalità si mantiene seguendo una lenza o uno spago ben teso, la verticalità si verifica con il filo a piombo, il tracciatore a polvere molto spesso può sostituire il tracciatore laser, fatte salve le possibilità di errore di chi opera.
Gli strumenti sofisticati non mancano, ma la livella a bolla, possibilmente con più fiale, è indispensabile, bisogna poi avere un flessometro e un metro a stecche: il primo è più pratico per molte misurazioni, ma per riportare tracciature sulle superfici la rigidità e lo spessore del secondo sono irrinunciabili.
Cosa è il tracciatore a polvere?
Il tracciatore a polvere è uno spago moderatamente elastico racchiuso in una bobina di riavvolgimento insieme a un pigmento colorato. Teso tra due punti di riferimento sulla parete e pizzicato al centro, sbatte sulla parete stessa e lascia una linea colorata come guida per effettuare gli allineamenti.
Quali sono gli strumenti per misurare e tracciare fondamentali?:
Livella laser e a bolla
Flessometri metallici
Doppio metro a stecche
Filo a piombo, lenza
Misuratore laser
Tracciatore a polvere
Dalla livella a piombo… ai tracciatori laser
La lenza: viene tesa tra due sostegni posti perfettamente a piombo alle due estremità della zona in cui erigere il muro. Seguendo la lenza tesa, si sparge sul terreno la calce per evidenziare i limiti dello scavo.
Il filo a piombo: è un lungo e robusto spago alla cui estremità è legato un peso metallico che termina a punta. Teso verticalmente e mantenuto fermo permette di verificare l’esatta perpendicolarità.
Vasi comunicanti: per realizzare tutti i pavimenti allo stesso livello si può utilizzare un lungo tubo di plastica riempito d’acqua: due persone in due stanze diverse possono tracciare riferimenti uguali a pelo d’acqua.
Spaghi colorati: utilizzati contemporaneamente in orizzontale, per mantenere la quota perimetrale, e in obliquo, per rispettare la pendenza delle falde, danno riferimenti sicuri per l’impostazione del tetto.
In cantiere: nella costruzione degli edifici “battere i livelli” è un’operazione basilare fin dalle fondamenta. Gli indicatori laser utilizzati hanno sofisticati autolivellamenti provvisti di avvisatore acustico in caso di movimenti del treppiede.
Tracciare una tramezza
Quando si progetta una tramezza è necessario tener conto della distanza tra essa e la finestra più vicina, nonché della posizione di eventuali condutture murate. È importante anche valutare dove andrà aperta la porta (se è prevista). La tracciatura è una fase molto delicata per determinare la perfetta verticalità della parete e la precisa perpendicolarità alle pareti d’appoggio, anche perché le pareti contrapposte potrebbero non essere esattamente parallele. In questa fase pertanto servono il filo a piombo e un paio di lenze per procedere in squadra, la livella a bolla per controllare il lavoro in corso d’opera.
Il modello più evoluto tra i misuratori di consumo. Tensione nominale 230V, 50Hz (o 60Hz) Spina e Presa CEI 23-16/VII (Italiane) Display LCD 50 x 42 mm2 Autoconsumo Alimentazione propria < 0,35 W Resistenza interna Circuito amperometrico 7,5 mΩ Pile Opzionali 2 x PR44 1,4 V Dimensioni 136 x 65 x 52 mm3 Peso 152 g
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Il PM600 è indispensabile sia per i privati che vogliono rilevare i consumi dei vari elettrodomestici, sia per i professionisti di impianti elettrici o di informatica che possono utilizzarlo per dimensionare linee elettriche o gruppi di continuità in base agli effettivi assorbimenti di potenza di personal computer, monitor, stampanti, od altri apparecchi
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Un accurato lavoro di muratura, impermeabilizzazione e piastrellatura per risanare il balcone
Il tempo e le intemperie avevano ridotto proprio male il balcone che aveva perfino perso un bel blocco di calcestruzzo nel bordo frontale: era proprio ora di risanare il balcone. Il primo lavoro è quello di togliere col martello demolitore la vecchia piastrellatura e la caldana sottostante; vanno anche rimosse tutte le parti ammalorate del bordo esterno del balcone e della sua superficie inferiore. Le operazioni per risanare il balcone iniziano con il rifacimento della caldana, dell’intonaco inferiore e, per ultimo, del bordo esterno del balcone. Segue il trattamento di impermeabilizzazione, fatto usando un prodotto minerale ecocompatibile monocomponente dato in due mani intervallate dalla stesura di un foglio di rete di nylon antifessurazione. Su questa stratificazione si posano le nuove piastrelle: una cornice di pezzi angolari che sporge a coprire parte del bordo esterno della piattaforma e racchiude il rettangolo di piastrelle quadrate.
Ripristino del sottofondo
Le vecchie piastrelle si eliminano col trapano demolitore, ma si prosegue sino a rimuovere anche il sottofondo.
Fissate le tavole che delimitano l’esterno del terrazzino, si riempie accuratamente con la malta la fessura di contorno.
Per la nuova caldana si usa un prodotto già pronto in sacchetto (Fassa Bortolo, Mapei, Weber); si spiana accuratamente, dandole una lieve pendenza verso l’esterno, tirando l’impasto fra i livelli fatti con due stagge, da rimuovere non appena la malta inizia a incallire.
Intonacare sopra la testa richiede una malta molto adesiva. Parallela, a pochi centimetri dal bordo, va ripristinata la scanalatura fermagoccia.
Il bordo esterno della soletta si rinzaffa mettendo perfettamente allineate una coppia di tavole; queste sono tenute in posizione da alcuni cerchi aperti di tondino di ferro, che si prestano come strettoi perché, potendo ruotare, non offrono alcun ingombro al lavoro.
Sulla nuova caldana si applica uno strato di impermeabilizzante monocomponente, ottimo è il Kerakoll Nanoflex Eco, che deve essere dato in due mani.
Dopo la prima si stende un foglio di rete di nylon che aumenta le proprietà antifessurazione del trattamento (per superfici così piccole non sarebbbe richiesto), infine si applica la seconda.
Nuove piastrelle per balcone
Quando la nuova superficie del balcone è perfettamente asciutta si traccia il contorno del bordo interno della cornice, dato dalla larghezza della parte orizzontale dell’elemento a gradino.
Gli elementi a gradino sono piuttosto costosi ma, oltre l’assai più gradevole aspetto, hanno il grande vantaggio di allontanare l’acqua dal bordo esterno del balcone. La colla va data con abbondanza su entrambi i lati interni del pezzo.
Uno dopo l’altro, partendo da un angolo con un pezzo bisellato a 45°, si applicano tutti i pezzi della cornice sui tre lati esterni del balcone. Battendo con un mazzuolo di gomma aumenta la presa della colla; attenti a mantenere il livello rispetto ai pezzi a fianco.
Via via che si sistemano i pezzi sul bordo del balcone, vanno interposte le crocette distanziali e controllato l’allineamento degli elementi, tirandoli contro la staggia (se si spinge la staggia si rischia di spingere in fuori anche i pezzi).
Una buona colla da piastrelle non ha un tempo di presa molto lungo, per cui conviene stenderne con la manara dentata solo quanto basta a metter giù una mezza dozzina di piastrelle alla volta.
Non capita mai che le misure di un pavimento siano multipli esatti di quelli delle piastrelle. La misura dell’ultimo pezzo si ottiene poggiando a partire dalla parete una piastrella intera sulla penultima (non ancora incollata), marcando su questa la linea di taglio e tenendo conto dello spessore dei distanziali.
Applicazione della malta per fughe
I distanziali vanno usati per tutte le piastrelle non molate e servono ad assorbire le piccole irregolarità del loro bordo. Più o meno spessi lasciano sempre fra le piastrelle un canalino, la fuga, da riempire con un prodotto specifico, appunto il riempifughe. Lo si prepara dentro un secchio (a piacere, il colore dell’impasto può essere analogo o contrastante rispetto a quello delle piastrelle messe) e lo si versa sul pavimento quando le piastrelle sono già ben incollate.
Per stenderlo si usa una specie di frattazzo con la suola di gomma dura i cui angoli aiutano a far entrare il riempifughe fra le piastrelle.
Lo stesso frattazzo si usa per raccogliere il materiale che non è entrato fra le piastrelle. Quando il riempifughe cambia colore (diventa opaco) si pulisce il pavimento con una spugna ruvida ed acqua.
L’umidità di risalita aveva causato formazioni di salnitro e deteriorato l’intonaco, alcune piastrelle non erano ben ancorate: eliminate le cause, ecco il risanamento
La manutenzione della scala esterna è spesso un’attività necessaria per svariati motivi. La risalita di umidità dalle fondamenta non è facile da arrestare se il fabbricato è a diretto contatto con il sottosuolo o il suo isolamento da esso è insufficiente: questo problema viene incrementato anche da forti piogge e da un’esposizione poco soleggiata che rende difficoltosa l’evaporazione dell’acqua assorbita dal muro. L’acqua si diffonde nel muro per capillarità: minore è la sezione di questi capillari, più in alto sale l’umidità. Un mattone è costituito per un terzo da aria, praticamente è una spugna, ma il problema maggiore non è dato dall’acqua in se stessa (che può formare macchie o muffe), ma dai sali in essa contenuti: quando l’acqua si asciuga, questi cristallizzano e aumentano il loro volume fino a 12 volte, provocando una spinta in più direzioni che causa il distacco dell’intonaco e di parte del materiale da costruzione. La loro presenza è segnalata dal salnitro, efflorescenze saline biancastre che si formano sulla superficie esterna del muro e ne preannunciano il degrado. Non potendo intervenire alla fonte, se non con opere importanti, il problema si può ridurre d’intensità con una manutenzione della scala esterna mirata, demolendo superficialmente la parte interessata dal fenomeno e ripristinandola con prodotti premiscelati a elevata traspirabilità, fatto salvo che esistono trattamenti chimici a base di resine di vario tipo da iniettare attraverso il muro per formare una barriera e impedire la risalita dell’acqua.
Scrostare le parti ammalorate e rintonacare
Lungo tutto lo sviluppo della scala, lo strato di intonaco ammalorato deve essere rimosso fino all’altezza in cui si trova il rivestimento sano. A tratti si presenta già sollevato, in alcuni punti risulta ben ancorato, ma va rimosso fino a una quota costante per ottenere un rifacimento compatto, duraturo, efficace: per questo serve un potente scalpellatore, che può essere noleggiato.
Il prodotto premiscelato in polvere va impastato a lungo nella betoniera per consentirgli di assorbire completamente la quantità di acqua specificata dal produttore: inizialmente, infatti, appare “asciutto”, ma prolungando l’omogeneizzazione si ottiene la giusta consistenza. Per applicare e regolarizzare sommariamente la malta serve la cazzuola.
Utilizzando la superficie del muro originale come riscontro si tira e si livella la malta con una staggia d’alluminio prima che inizi ad asciugare.
Quando il prodotto entra nella fase di indurimento si può passare il frattazzo per una lisciatura più uniforme.
Utilizzo di intonaci traspiranti
Al momento di ripristinare la muratura ammalorata dall’umidità bisogna utilizzare un prodotto che permetta alla superficie di “respirare”, favorendo cioè la migrazione dell’umidità verso l’esterno permettendone lo smaltimento. Questi prodotti premiscelati, per lo più a base di calce, hanno una struttura macroporosa, caratteristica indispensabile per garantire una superficie di evaporazione elevata. In linea di massima, la risalita dell’umidità in assenza di traspirazione può estendersi fino ad altezze pari a 10 volte lo spessore del muro in mancanza di una corretta traspirazione: permettendo invece all’umidità di fluire all’esterno, il livello di risalita si riduce drasticamente, anche a meno di 1/3. Va posta attenzione nel non stendere il prodotto direttamente a contatto con la base del muro (ovvero in zoccolatura), ma bisogna predisporre un adeguato strato impermeabilizzante per evitare che la macroporosità del materiale sia fonte di assorbimento di acqua presente sui piani di calpestio, assicurando a questi una regolare pendenza in allontanamento dal muro. L’applicazione di questi prodotti può essere fatta sia manualmente sia a mezzo di macchine spruzzatrici.
Manutenzione della scala esterna mirati per il recupero di piastrelle rotte
In origine le piastrelle non erano state ben incollate e le infiltrazioni di acqua ne avevano compromesso la tenuta: per fortuna il danno interessava un numero limitato di piastrelle, peraltro in buono stato, quindi è stato sufficiente un intervento localizzato di semplice ripristino degli elementi malfermi e non di tutta la pavimentazione.
Essendo precariamente vincolate al sottofondo, le piastrelle che risuonano a vuoto e in parte distaccate si rimuovono con facilità: bisogna però livellare il piano di posa, eliminando le tracce di vecchio adesivo ancora ben ancorate e i dislivelli che possono compromettere un corretto ripristino.
Anche il retro della piastrella, per quanto possibile, va riportato alla planarità originale, con l’attenzione necessaria a non causarne la spaccatura. Si stende poi una quantità di collante uniforme e di spessore sufficiente a garantire il livellamento.
La piastrella viene posizionata a filo dell’alzata, tenendola inclinata, per poi premerla sul letto di collante muovendola di alcuni millimetri avanti e indietro per stabilizzarla e far uscire eventuali bolle d’aria. Una staggia di alluminio permette di assestarla in piano e allo stesso livello di quelle adiacenti, battendola delicatamente con un mazzuolo di gomma o con il manico della mazzetta.
Verso il fondo della scala, dove questa cambia direzione per assecondare la forma della casa, gli ultimi gradini si allargano e si distaccano dalla muratura, formando una sorta di transito intermedio, per cui se ne vede anche lo spigolo all’estremità esterna. Lo spigolo è rifinito da due metà di piastrelle tagliate in diagonale, per assecondarne il disegno: bisogna effettuare un taglio preciso con un disco diamantato in modo da tenere buona la parte con la zigrinatura per ripristinare lo spigolo del gradino; l’altra parte va inevitabilmente scartata.
Si stende la malta in posizione
Si applica la pistrella tagliata fissandola in posizione con leggeri colpi tramite il martello a testa gommata.
Non c’è niente di più utile di una cantina o una soffitta in cui mettere tutte le cose che possono servire in futuro, ma attenzione: l’accumulo di oggetti può diventare un’attività senza scopo se il locale diventa inaccessibile per un eccesso di riempimento
Per non incorrere in questo problema è meglio ristrutturare la cantina per liberare la stanza e trasformarla in uno spazio utilizzabile per le nostre attività più creative e rilassanti. Difficile da riconoscere, ma la stanza luminosa e accogliente era proprio l’antro buio e scalcinato che conteneva un coacervo di oggetti inutilizzati.
Il lavoro più difficile è stato scegliere di buttare via la maggior parte del contenuto della stanza, peraltro di scarso valore, e tenere solo alcuni degli oggetti più interessanti cioè il tavolo e qualche contenitore. L’acquisto di un economico sistema di scaffalature componibili fornisce lo spazio per conservare in ordine ciò che non abbiamo avuto il cuore di gettare.
Per ristrutturare la cantina l’intervento sul grezzo è fondamentale
Dopo anni di scarsa manutenzione i muri si presentano macchiati e scrostati. Il primo passo, dopo lo svuotamento della stanza, consiste nel rimuovere tutta la vernice e l’intonaco friabile utilizzando scalpello e spatola e, se necessario, spazzola di ferro.
Approfittiamo per eseguire le scanalature necessarie per qualche aggiornamento dell’impianto elettrico e per rimuovere staffe o vecchi tubi. Le zone da ritoccare si inumidiscono con un pennello per evitare che il nuovo intonaco asciughi troppo in fretta.
Una passata finale con intonaco fine (un impasto di calce, cemento, arenino e acqua) livella le cavità della parete. Ci si può aiutare con una tavola o una stadia di alluminio per raschiare la malta in eccesso.
Prima che la calce asciughi troppo si livella con il frattazzo passandolo sul muro con movimenti circolari. Per una finitura migliore si adopera un frattazzo di spugna inumidito che aiuta a raccordare la parte nuova con l’intonaco esistente.
L’intonaco ha bisogno di maturare e asciugarsi per qualche giorno prima di passare alla rifinitura. Per uniformare l’assorbimento di tutta la parete si stende un’abbondante mano di fissativo (diluito in ragione di una parte su cinque d’acqua) con il rullo o con il pennello.
Le tubazioni del riscaldamento del piano superiore che corrono vicino al soffitto devono essere forzatamente lasciate al loro posto, però possono essere rese meno visibili dipingendole di bianco come il soffitto. Per prima cosa bisogna rimuovere accuratamente tutta la polvere accumulatasi con il tempo con uno straccio bagnato.
Si comincia a pitturare partendo dai tubi e dal soffitto senza preoccuparsi troppo se qualche schizzo di tempera cade a terra, tanto il pavimento deve ancora essere rivestito con le nuove piastrelle. Le macchie e i ritocchi richiedono almeno due o tre mani di pittura per essere coperti adeguatamente.
La Finitura è un passaggio fondamentale mentre si ristruttura la cantina
(8) Per dipingere i muri si comincia con lo scontornare porte, finestre e angoli con un pennello medio, insistendo nei punti più difficili da raggiungere in modo da non lasciare zone scoperte. Meglio tenere a portata di mano uno straccio umido per levare subito eventuali gocce di pittura dalle finestre e dai vetri prima che asciughino.
(9) Ora si può proseguire la tinteggiatura con il rullo senza doversi avvicinare troppo ai punti “critici” della parete. Siccome le superfici non sono molto lisce è necessario intingere il rullo di frequente e passare più volte nello stesso punto fino a ottenere un’adeguata penetrazione della tempera. Anche sulle pareti sono necessarie più mani per ottenere una soddisfacente omogeneità della tinta.
(10) L’asta di prolunga telescopica da inserire sul manico del rullo rende superfluo l’uso della scala con una significativa riduzione del tempo necessario a finire il lavoro. Anche se il soffitto è basso, come in questo caso, si lascia l’asta allungata per poter appoggiare il rullo lontano ed evitare di sporcarsi con le gocce che cadono.
(11) Le porte interne, in legno verniciato, hanno bisogno solo di una leggera passata con carta abrasiva di grana 120, per spianare le irregolarità delle precedenti verniciature, insistendo a mano nei punti in cui è presente un’ammaccatura o un difetto più grossolano.
(12) Prima di passare alla finitura si elimina tutta la polvere dalla superficie da verniciare. Dati gli strati di sporco e unto che possono essersi depositati, è meglio usare prodotti molto attivi come gli sgrassatori universali. Al termine si rimuove il prodotto con uno straccio umido e si lascia asciugare bene la porta.
(13) Finalmente si dà il tocco finale agli infissi usando una pittura opaca bianca. Su superfici molto estese e piane si possono usare rulli a pelo corto da affiancare a un pennellino che permetta di raggiungere gli angoli meno accessibili.
Nuova pavimentazione della cantina
Il pavimento originale in cemento lisciato non è sufficientemente regolare per la posa delle piastrelle di ceramica, per cui è necessario asportare tutte le sporgenze, specialmente accanto alle pareti, con mazzetta e scalpello, rifinendo con una levigatrice orbitale o con una smerigliatrice munita di dischi semirigidi per pietre e marmi. Solo se il pavimento è veramente irregolare si ricorre alle malte autolivellanti.
Prima di cominciare la posa si pulisce accuratamente il pavimento con un aspirapolvere eliminando ogni frammento di cemento, per evitare che possa finire sotto le piastrelle e impedirne l’assestamento.
Dopo aver posato una fila di piastrelle a secco, con le relative cordicelle spaziatrici, si misura con un listello la posizione per disporle parallele e alla giusta distanza dal muro riducendo al minimo i tagli diagonali e lo scarto.
Si marcano sul pavimento, con l’aiuto del listello, gli allineamenti alle pareti.
Seguendo le tracce si imposta l’allinemento della fila centrale delle piastrelle con una lenza ben tesa bloccata da un mattone o da un chiodo d’acciaio. Sotto la lenza si pone uno spessore pari a quello della piastrella aumentato di qualche millimetro, per tenere conto dello spessore dell’adesivo. La lenza fornisce anche un utile riferimento per mettere in piano le piastrelle.
Si prepara l’adesivo impastando il preparato in polvere con la giusta quantità d’acqua. Con l’aiuto della manara dentellata si stende uno strato uniforme di adesivo lungo la lenza, largo a sufficienza per posare una fila di piastrelle.
Controllando l’ortogonalità si sistema la lenza per posare una seconda fila di piastrelle, incrociata rispetto alla prima.
Le piastrelle si posano sulla colla premendo quanto basta per livellarle con quelle adiacenti e allinearle con la lenza. L’uso delle cordicelle spaziatrici permette di regolare la larghezza delle fughe compensandole con l’allineamento alla lenza.
Si alzano le cordicelle per riutilizzarle nella posa del quadrante successivo. In alternativa alle cordicelle si possono usare i crocini distanziali che sono più sottili delle piastrelle e si possono lasciare al loro posto, per ricoprirli poi con lo stucco riempifughe.
Si prosegue con la posa di ciascuna sezione spalmando l’adesivo su una superficie maggiore per accelerare il lavoro. La larghezza di due piastrelle è ottimale ed evita di doversi sporgere troppo.
Per fare i pezzi speciali, lungo il perimetro del locale, è necessario procurarsi una tagliapiastrelle. In lavori come quello del servizio giova molto poter disporre di modelli di livello professionale, con cui si fa poca fatica e risulta facile essere precisi.
Spalmare la colla direttamente sul retro delle piastrelle marginali è più facile che stenderlo sulla minuscola porzione di pavimento libero.
Una smerigliatrice con disco diamantato è utile per i tagli dalla forma irregolare come quelli per gli stipiti o le tubazioni verticali. I lavori di taglio e aggiustamento è bene che vengano eseguiti all’esterno per evitare di riempire la stanza di polvere e schegge.
La posa delle ultime piastrelle è bene sia fatta vicino alla porta in modo da poter uscire senza appoggiarsi sulle piastrelle di fresca posa.
Come tagliare le piastrelle presto e bene
Quando si è alle prese con la piastrellatura di un locale come quello del servizio, ci si rende conto presto di quanto tempo si perda nel taglio delle file perimetrali, soprattutto in presenza di irregolarità di andamento dei muri.
Tutt’altra cosa è se si può lavorare con una tagliapiastrelle manuale, robusta e stabile; con una leva confortevole, che permette il miglior controllo dello spacco; con guide regolabili per la ripetizione di pezzi di uguale dimensione; con possibilità di ruotare rapidamente la riga di riferimento per tagli angolati. 1. La rotazione della riga permette di stabilire un’inclinazione, anche di pochi gradi, tipica nel caso di file finali che vanno a stringere. 2. Sulla riga, lo scontro regolabile, permette di stabilire una larghezza di taglio per pezzi ripetuti.
La stuccatura delle fughe del pavimento della cantina
Dopo un paio di giorni di asciugamento si può passare sulle piastrelle senza pericolo che si spostino. Si libera il pavimento da ogni residuo con l’aspirapolvere e si stende lo stucco riempifughe con una spatola di gomma facendolo penetrare bene tra le piastrelle.
Si lascia asciugare lo stucco qualche decina di minuti, poi si lava via l’eccesso con una spugna imbevuta d’acqua sciacquandola spesso. Strofinando più o meno a lungo si regola lo spessore dello stucco nella fuga.
Quando l’umidità superficiale è scomparsa (bastano un paio d’ore) si passa uno straccio asciutto sul pavimento per eliminare il velo di polvere e l’opacità lasciati dalla spugna.
Con un’ultima passata di pittura bianca si rifinisce il bordo inferiore della parete e si tolgono eventuali macchie e schizzi di colla lasciati dalla posa delle piastrelle.
Si terminano i lavori con l’aggiornamento dell’impianto elettrico e l’installazione di qualche punto luce per compensare la dimensione ridotta delle finestre.
Dopo tanta fatica è venuto il momento di sistemare l’arredamento della nuova stanza: la scaffalatura economica fornisce lo spazio necessario a conservare (in ordine, stavolta) gli oggetti rimasti dalla grande riorganizzazione. Completano il mobilio un semplice tavolo fatto con due cavalletti e un piano in lamellare e qualche sedia. Tutto il resto è puro divertimento!
Il rubinetto che perde è il classico inconveniente che capita in tutte le case. Ecco come intervenire senza dover chiamare l’idraulico.
Col tempo la guarnizione di tenuta del rubinetto si indurisce e, per ottenere la chiusura, si stringe sempre più forte la manopola. Questo porta, in breve tempo, alla totale compressione della guarnizione del pistoncino del rubinetto che, senza elasticità, non riesce più a contrastare la pressione dell’acqua. Allora dobbiamo intervenire e sostituire la guarnizione danneggiata.
Rubinetto che perde – Vitone e guarnizione
All’interno del rubinetto è avvitato il “vitone” con guarnizione O-ring. Al suo interno si può muovere il pistoncino che spinge la guarnizione principale contro la sede attraverso cui scorre l’acqua, regolandone il flusso. Questa guarnizione va sostituita quando il rubinetto gocciola.
Sostituire la guarnizione danneggiata
Per sostituire la guarnizione, dopo aver chiuso la mandata dell’acqua, bisogna smontare alcune parti del rubinetto.
Per smontare la manopola occorre rimuovere il tappo della stessa: si accede così alla vite di bloccaggio.
Con una chiave a forchetta si smonta il gruppo di ottone che regola il flusso d’acqua.
Si notano due guarnizioni: quella più grande è un O-ring di tenuta che agisce serrando la filettatura di montaggio della meccanica; l’altra è la guarnizione del pistone, quella che ferma il flusso dell’acqua.
Si estrae la vecchia guarnizione facendo leva con attenzione con un cacciavite a lama sottile, si mette quella nuova, quindi si rimonta il rubinetto ripetendo le fasi a ritroso.
Se il rompigetto fa i “capricci”…
La bocca dell’erogatore di un rubinetto è dotata di griglia rompigetto (1), costituita da una ghiera con guarnizione, disco forato e griglietta. Il suo compito è quello di separare i filetti fluidi e mescolarli con l’aria in modo da rendere il getto meno compatto e ridurre gli schizzi. Se all’interno del rompigetto si accumulano piccoli detriti (presenti nell’acqua) il getto si riduce. Si interviene allentando e togliendo il rompigetto per pulirlo dai depositi (2). Conviene interporre uno straccio tra la pinza e il rompigetto per proteggerne la superficie. Se vi è materiale calcareo depositato (3) si elimina immergendo per alcune ore il filtro in un prodotto anticalcare o in aceto.
Questi contenitori per orto sul balcone fai da te sono modulari e possono essere affiancati o sovrapposti, così da permettere la coltivazione di aromatiche, fiori ed ortaggi sfruttando al meglio lo spazio a disposizione sul terrazzo
Per chi non dispone di uno spazio verde proprio i contenitori per orto sul balcone fai da te o contenitori per orto in terrazzo sonoun’ottima soluzione per avere un piccolo orto in terrazzo: i contenitori impilabili minimizzano l’ingombro a terra e tra di essi c’è aria e luce anche per le piante che si trovano ai livelli inferiori, fermo restando che quando la terrazza non è frequentata possono essere disposti a terra, raggruppandoli in altezza solo se necessario.
Misure dei contenitori per orto sul balcone
Ciascun modulo misura 40×40 cm ed è alto 50 cm; il vano profondo 23 cm concede spazio per lo sviluppo ottimale delle radici. Uno di questi viene “sacrificato” per essere utilizzato come sedile e contenitore di attrezzi, senza ulteriori ingombri. Se per fare il primo occorre un certo tempo, per quelli successivi il lavoro scorre più velocemente, in quanto si tratta di ripetere le stesse fasi, con maggiore dimestichezza: in un fine settimana si realizza una struttura come quella raffigurata, senza bisogno di attrezzature sofisticate e con listelli prefiniti.
Cosa serve per costruire dei contenitori per orto sul balcone fai da te (per ciascun modulo):
Listello 19×68 mm: 4 gambe A da 500 mm; 6 lati B da 400 mm; 6 lati C da 362 mm
Listello 19×45 mm: 4 gambe D da 500 mm
Listello 8×21 mm: 2 coperture E da 400 mm; 2 coperture F da 384 mm
Un riquadro di rete zincata a maglia quadrata G da 400×400 mm;
Un telo di plastica da circa 900×900 mm;
colla vinilica;
impregnante per legno;
viti 4×35 e 12×25 mm;
graffette 1,2×25 mm;
cambrette 1,6×15 mm;
chiodi 2,5×55 mm
Per il coperchio: 5 listelli J 19x68x400 mm; 2 listelli K 19x68x340 mm;viti 4×35 mm.
Il progetto orto sul terrazzo fai da te
La costruzione in serie dei moduli
Si inizia ad assemblare ogni gamba con due tavolette (A e D); si spalma la colla sul bordo della tavoletta D e, utilizzando un listello di pari altezza come riscontro, si uniscono le due parti serrandole poi con una coppia di morsetti.
L’unione viene stabilizzata con l’inserimento di alcuni chiodi Ø 2,5×55 mm.
Per rifinire i bordi dopo l’incollaggio torna molto utile una levigatrice a nastro utilizzata come stazionaria, capovolgendola sul banco.
Tra una coppia di gambe si inseriscono due tavolette B e si fissano al piano due riscontri laterali: questi faranno da guida nell’assemblaggio in serie degli altri fianchi.
Le tavolette laterali vengono preforate con una punta da 4 mm di diametro; in base alla lunghezza della punta è possibile sovrapporre più tavolette e forarle in serie.
Con l’aiuto di alcuni distanziali calibrati da 10 mm di spessore si avvitano le tavolette alle gambe utilizzando viti Ø 4,0×35 mm. Va ricordato che per ciascun lato la tavoletta in alto deve sporgere 10 mm rispetto alle gambe, in modo da ottenere una guida perimetrale per sovrapporre stabilmente un altro modulo.
Ci si appresta a preparare anche il lato opposto al precedente.
Si posizionano i due lati finiti in verticale e, sempre con l’aiuto dei riscontri, si assembla anche il terzo lato con i listelli C.
Capovolta la struttura, si completa anche il quarto lato fissando le ultime 3 tavolette.
Si completa con il fissaggio della rete ai contenitori per orto rialzato
Come rivestire i contenitori per orto sul balcone
Si inchioda alla base di ciascun modulo un riquadro di rete metallica zincata con cambrette Ø 1,6×15 mm.
L’interno di ciascun modulo viene rivestito con un telo di plastica; alcuni mattoni collocati negli angoli aiutano a mantenerlo in tensione mentre lo si fissa con le graffette.
Il telo in eccesso va rifilato a livello delle tavolette superiori.
La struttura va protetta con due mani di impregnante per legno, come pure i bordini che rifiniscono internamente i bordi superiori di ogni modulo.
Il modulo pronto per essere riempito con terriccio.
Sul modulo da utilizzare come seduta si realizza una copertura con i listelli J e K uniti con viti Ø 4,0×35 mm: deve incastrarsi nel vano interno.
Anche dopo aver messo a dimora le piante, peso e dimensioni dei moduli ne consentono lo spostamento e la sovrapposizione in base allo spazio disponibile ed allo sviluppo delle specie. La battuta perimetrale ne facilita l’incastro e le gambe sono abbastanza robuste da permettere di sovrapporre fino a tre moduli, quindi ciascuno può decidere quanti realizzarne per il proprio terrazzo. La composizione può essere utilizzata anche come barriera protettiva da vento e sguardi, arrivando ad un’altezza fino a due metri con lo sviluppo aereo delle piante.
Preparare il terreno
Il coperchio del sedile è soltanto appoggiato sui contenitori per orto sul balcone ed il vano interno può essere utilizzato per contenere gli attrezzi da giardinaggio: un contenitore di plastica li protegge dall’umidità e dall’acqua delle innaffiature.
Gli altri moduli vengono riempiti con terriccio di tipo universale, eventualmente miscelato con poco stallatico o con concime specifico per le diverse specie da mettere a dimora.
Prima, però, è preferibile disporre uno strato di argilla espansa, in modo da mantenere il terreno umido anche con innaffiature di scarsa entità. Non essendoci un drenaggio sul fondo, infatti, bisogna evitare di bagnare eccessivamente il terreno per non causare ristagni che possono danneggiare le radici.
Terminato il lavoro, gli attrezzi possono essere ripuliti ed asciugati, quindi riposti sotto il sedile.
Quali erbe mettere a dimora?
Prezzemolo ed erba cipollina sono tra le piante aromatiche più utilizzate in cucina: in particolar modo per il prezzemolo bisogna mantenere un terreno costantemente umido, ma senza ristagni.
I contenitori con le piante che si sviluppano maggiormente in altezza o che hanno bisogno di più luce vanno collocati in alto. Qui si nota una pianta di Lemongrass, formata da steli che, se spezzati, odorano di limone, molto in uso nella cucina thailandese; l’altra è una Aloysia Citrodora, verbenacea più conosciuta come Erba Luigia, le cui foglie odorano di agrumi.
Le foglie argentate dell’Elicriso, se strofinate, emanano un piacevole aroma che ricorda il curry; in realtà, nulla ha a che vedere con la miscela di aromi e spezie utilizzata per insaporire i risotti.
Anche del basilico esistono diverse specie, alcune soltanto ornamentali (questa è una Blu Africana), altre, come il profumatissimo basilico comune, indispensabili nella cucina italiana.
E per chi non ha il balcone?
Chi non ha un balcone può seguire questa guida passo-passo e costruire un bellissimo orto in cassetta fai da te
Un vaso senza cassetta dotato di trituratore, capace di ridurre ai minimi termini il contenuto e, dopo il risciacquo, pomparlo nella colonna di scarico situata più in alto o a distanza elevata.
SaniCompact 43 è un vaso speciale equipaggiato di trituratore, destinato all’evacuazione delle feci e della carta igienica. L’apparecchio è destinato a un uso domestico e consente di ricavare un bagno di servizio in locali inizialmente non destinati a questo utilizzo, come sgabuzzini, sottoscala e piccole stanze. Per garantirne il funzionamento bisogna “portare” nel vano un tubo di adduzione dell’acqua, necessario per effettuare il ciclo di risciacquo, disporre di una comune presa di alimentazione elettrica 230 V e predisporre un tubo di scarico di diametro molto ridotto (32 mm) che, a seconda delle necessità del caso, può percorrere un tragitto orizzontale, sino a 30 metri di distanza, oppure in salita, sino a 3 metri di altezza, per raggiungere una colonna di scarico remota. SaniCompact 43 ha a bordo tutto ciò che serve per il suo funzionamento. Ovvero il trituratore, per sminuzzare, l’immissione dell’acqua nel vaso per effettuare il risciacquo e la pompa per l’evacuazione. Non c’è quindi bisogno di alcuna cassetta aggiuntiva. Tuttavia può ricevere lo scarico di un lavabo da disporre nello stesso locale. Può quindi svolgere due diverse funzioni. Una è la regolare funzione di frantumazione/pompaggio che si aziona secondo le necessità premendo uno dei due pulsanti grigi sul WC; il pulsante grigio chiaro aziona il getto breve, quello grigio scuro aziona il getto prolungato. La seconda è quella di azionamento solo della pompa per l’evacuazione dell’acqua di un lavamani o lavandino che si aziona automaticamente. La durata del funzionamento della pompa dipende dal volume d’acqua utilizzata.
Schema di installazione di un trituratore wc
Il cuore della macchina è montato dalla casa. Ciò che viene dato in più nella confezione sono le raccorderie, le fascette per fissare i tubi, il sistema di fissaggio a pavimento, nonché il cerchio e il coperchio del vaso. Frontalmente appare come un quasiasi WC, mentre dietro si nota il gruppo contenente trituratore e pompa, tutto perfettamente sigillato, i tubi di adduzione acqua, scarico e il cavo d’alimentazione con la spina Shucko. A fianco del coperchio, sul basamento di ceramica, c’è il grande pulsante di azionamento che in realtà è diviso in due parti per una maggiore e una minore azione di risciacquo.
Predisporre il raccordo
Prima di mettere in posizione il vaso bisogna predisporne i raccordi per il collegamento con il tubo di scarico installato nel locale. Il raccordo a pipa si inserisce e si blocca nella direzione giusta stringendolo con uno dei collari a corredo.
La cuffia di gomma serve per adattare il diametro del raccordo a pipa con quello del tubo di scarico (Ø 32 mm); si taglia via, incidendola con un cutter, la parte di diametro inferiore che in questo caso non serve.
La cuffia va calzata sul raccordo e fissata con un collare ben posizionato nella sua sede sulla corona della cuffia stessa. Il serraggio di tutte le giunzioni sui tubi in uscita è fondamentale a causa dell’alta pressione impressa dalla pompa.
Fissare il water
1. Si colloca solo per un momento il vaso nella sua posizione definitiva, giusto per poterne marcare il contorno e la posizione dei fori sui lati, con una matita.
Sulla base dei riferimenti a terra, si praticano i fori con il trapano per inserire due tasseli a espansione, poi si fissano le due staffe a L di plastica cui avvitare il sanitario.
Prima di mettere definitivamente il vaso nella sua posizione è consigliato distribuire un cordone di silicone all’interno della linea tracciata a pavimento. In questo modo si evitano vibrazioni e rumori dati dal contatto fra due ceramiche.
Allacciamenti e copertura
Il collegamento del tubo di presa dell’acqua è come quello di una comune lavastoviglie o lavatrice; la presenza di un rubinetto di intercettazione che consenta di interrompere localmente la mandata è indicato per eventuali manutenzioni.
Per innestare il tubo di scarico sulla cuffia di raccordo in uscita dal vaso, è necessario allentare i collari di sostegno a parete del tubo stesso, tanto da concedere il gioco necessario.
Anche il cerchio con coperchio è del tutto regolare; il suo sistema si attacco e fissaggio è compatibile con quelli dei più comuni water. Come si nota, il pulsante di azionamento del trituratore/pompa resta ben visivile e a portata di “dito” sulla parte in rilievo, lateralmente al coperchio.
La presa elettrica
L’apparecchio va collocato in modo tale che la spina della presa di corrente sia accessibile. Il circuito d’alimentazione dell’apparecchio va collegato a terra (Classe I) e protetto da un disgiuntore differenziale ad alta sensibilità (30 mA) calibrato a 16 A. Il collegamento deve servire esclusivamente all’alimentazione dell’apparecchio.
Una valida soluzione per lo smaltimento delle acque di condensa prodotte da condizionatori, deumidificatori, frigoriferi, congelatori, pompe di calore, caldaie a condensazione, anche se lo scarico da raggiungere non è vicino e più in alto del punto di espulsione dall’elettrodomestico.
Oggigiorno sono molti i dispositivi che funzionando producono acqua di condensa. Fra tutti spiccano i sistemi refrigeranti, ovvero celle frigorifere, congelatori, ma anche condizionatori portatili e deumidificatori, i quali, a causa della particolare modalità operativa, inducono la precipitazione dell’umidità presente nell’aria coinvolta nel loro ciclo di funzionamento. Ai dispositivi menzionati, da un po’ di anni a questa parte, si sono aggiunte le sempre più utilizzate caldaie a condensazione, anche queste, seppure per motivi differenti, produttrici di ingenti quantità di acqua di condensa. Che sia poco o tanto, questo liquido deve essere smaltito in qualche modo. I condizionatori con il tubetto posticcio che gocciola sul marciapiede da una finestra o un terrazzino sono destinati a sparire; oggi si tende sempre più a convogliare la condensa in uno degli scarichi raggiungibili dentro o fuori casa.
Se lo scarico è distante o, peggio, si trova più in alto rispetto alla posizione del dispositivo produttore, si può risolvere il problema egregiamente imparando come installare una pompa per condensa (ad esempio una Sanicondens Plus di SFA). La pompa ha dimensioni ridotte, ma vanta una potenza di tutto rispetto, essendo in grado di evacuare una notevole quantità di acqua, prodotta per esempio da una caldaia a condensazione che lavora con fumi a bassa temperatura. Con una portata di 342 l/h, il dispositivo ha potenza sufficiente per spingere l’acqua in verticale sino a 4,5 metri di altezza oppure in orizzontale sino a 50 metri. Fra i valori massimi nelle due direzioni ci sono, ovviamente, tutte le varie possibilità intermedie di compromesso fra altezza e distanza orizzontale. Ma vediamo nel dettaglio come installare una pompa per condensa.
Schema di installazione di una pompa per condensa
Com’è fatta una pompa per condensa
Il contenuto della confezione include tutto ciò che può servire per l’installazione, compresi gli adattatori per l’innesto nella pompa del tubo di spurgo dell’elettrodomestico e l’innesto del tubo di mandata della pompa nello scarico da intercettare.
Sanicondens Plus si apre sganciando due fermi e sollevando la parte soprastante, una sorta di coperchio che contiene la pompa e in cui sono collocati i 4 fori di ingresso per la condensa.
Sotto il coperchio sono visibili il galleggiante (bianco) che comanda l’avvio della pompa, il dispositivo di prelievo dell’acqua (nero) e il sensore di troppopieno (verde) che avvia la segnalazione d’allarme nel caso l’acqua raggiunga un livello anomalo.
Il Sanicondens Plus va messo in prossimità dell’apparecchio da asservire, va alimentato con comune tensione a.c. 220 V e può essere collegato a un sistema che segnala eventuali malfunzionamenti. Il tubo in uscita dalla pompa, di soli 8 mm di diametro, segue il percorso in verticale, diagonale o orizzontale, necessario per intercettare uno scarico remoto.
Come installare una pompa per condensa
Individuata la posizione più consona rispetto all’apparecchiatura da asservire e alla disponibilità di alimentazione elettrica, si riportano sul muro le posizioni degli attacchi per i tasselli; fatti i fori si applica il Sanicondens Plus, con l’accortezza di tenerlo in bolla mentre si serrano bene le viti di fissaggio. La manovra è fondamentale per la corretta funzionalità dei rilevatori di livello interni.
Si innesta il tubo di scarico del dispositivo (in questo caso è simulata la presenza di una caldaia a condensazione); il raccordo di ingresso in dotazione ha possibilità di ricevere diversi diametri di tubo, per assecondare ogni necessità.
Inserito il tubo nell’ingresso più comodo del Sanicondens Plus, si chiudono quelli inutilizzati con i tappi in dotazione.
Si innesta il tubetto di scarico nell’apposito raccordo.
Si distende il tubetto nella direzione prestabilita, fissandolo mediante fermatubi con chiodi d’acciaio.
Con il tubetto di scarico in posizione e il collegamento elettrico attivo, il Sanicondens Plus è pronto a funzionare: basta rimuovere la linguetta rossa che ne inibisce l’azionamento. Non appena arriva sufficiente acqua nel raccoglitore, la pompa entra in funzione per il tempo dello svuotamento.
Intercettazione della colonna di scarico
Che sia una colonna di scarico, un tubo trasversale, una grondaia o un pluviale, poco interessa: tutti questi scarichi vanno bene per smaltire l’acqua di condensa delle apparecchiature che la producono. Abbiamo visto che la pompa del Sanicondens Plus è perfettamente a suo agio nello spingere le acque verso l’alto sino a 4,5 metri o in orizzontale sino a 50 metri. La cosa determinante come accorgimento per l’installatore è che all’innesto nello scarico che si va a intercettare, bisogna assicurarsi che il tubo faccia un giro “lungo”, in modo che il liquido di condensa ci entri dall’alto. Questo ovviamente per scongiurare la possibilità che le acque di quello scarico possano imboccare la via del ritorno verso il Sanicondens Plus.
Quasi interamente di legno, incluso l’ingranaggio per il funzionamento, questo cavatappi fai da te è molto bello anche se non semplicissimo da realizzare
L’idea di una cavatappi fai da te in legno nasce come sfida per mettere alla prova la propria abilità. L’obiettivo che si è prefissato il nostro lettore Mario Chiurino è quello di realizzare uno di quegli apribottiglie da parete che solitamente hanno corpo, leva ed ingranaggi interamente di metallo. La difficoltà che si è imposto è quella di realizzare un cavatappi fai da te tutto di legno, dimostrando che anche con un materiale “tenero” è possibile azionare meccanismi che si basano su ingranaggi a cremagliera di piccole dimensioni. Il tutto è ricavato da un pezzo di rovere massello su cui vanno riportati i disegni dei pezzi con dime fatte col cartoncino.
MAI PIU’ TAPPI DI SUGHERO SBRICIOLATI O CAVATAPPI ROTTI: Potrai aprire tutte le bottiglie di vino, anche le più pregiate, usando il nostro cavatappi BARVIVO a doppia leva, in grado di estrarre anche i tappi più fragili e lunghi in modo rapido e pulito. È tascabile, perfetto per tutti gli appassionati di vino, per camerieri e bartender.
UN’IDEA REGALO PERFETTA, GRAZIE ALL’ELEGANTE CONFEZIONE BARVIVO: La scatola decorativa in cui è confezionato il nostro cavatappi, lo trasforma in un regalo perfetto per un compleanno o per qualsiasi altra ricorrenza. I tuoi amici apprezzeranno la tua idea originale e potranno ricevere in dono un accessorio utilissimo in casa per stappare qualsiasi tipo di bottiglia.
IL NOSTRO CAVATAPPI E’ IL MEGLIORE DEL MERCATO- Gli altri cavatappi presenti sul mercato sono realizzati con materiali di scarsa qualità che non offrono la stessa resistenza e durata dell’acciaio inox utilizzato per fabbricare il cavatappi BARVIVO, perfetto per estrarre tappi sia in sughero che in plastica. Molti bar e ristoranti si affidano alla qualità di BARVIVO per stappare le bottiglie usando il nostro prodotto come parte integrante della loro attrezzatura. Non comprare cavatappi economici!
IL CAVATAPPI PIU’ SEMPLICE DA USARE: Il manico in legno è progettato per darti confort e controllo assoluto mentre si stappa la bottiglia, togliendo la carta d’alluminio o il tappo. Grazie al coltellito integrato, il nostro cavatappi diventa uno strumento davvero multifunzione, offrendoti tutto il necessario per aprire qualsiasi bottiglia, senza aver bisogno di altri utensili. Ecco perchè il nostro cavatappi è il preferito di tantissimi camerieri in tutto il mondo!
IL CAVATAPPI PERFETTO PER CHI AMA SORSEGGIARE UN BUON BICCHIERE DI VINO: il nostro cavatappi è perfetto per l’uso quotidiano, potrai scoprirne giorno dopo giorno la praticità e la funzionalità. Una volta capito il meccanismo a doppia leva, sarai capace di estrarre qualsiasi tappo in pochi secondi. Una volta tolto il tappo di sughero, chiusi il cavatappi e conservalo per la prossima bottiglia. Per pulirlo, basta usare un panno. È semplicissimo.
Progettato per soddisfare il desiderio degli appassionati di vino di un apribottiglie di vino alto di gamma. La maniglia viene in legno di palma sostenibile a mano. Ognuno dei nostri cavatappo possiede sua cifra unico.
【BUON MATERIALE】cavatappi lega di zinco per resistenza, gomma per comodità. Il produttore promette che il prodotto è buono con l'uso corretto. Idoneo per le cucine domestiche. Robusto ma leggero, maneggevole e preciso, design elegante e curato
【FACILE DA USARE】pratico cavatappi con apertura agevolata, impugnature in gomma antiscivolo, i robusti bracci della leva facilitano la rimozione del tappo
【MULTIFUNZIONE E PRATICO】cavatappi/apribottiglie sia per vino rosso sia per birra. Ideale per qualsiasi casa, ristorante, bar, ecc.
【DIMENSIONE】 19 x 6,5 cm. Ha 5 spine
【SERVIZIO COMPLETO】Si prega di non esitate a contattarci se avete problema/domanda. Sarà necessariamente vi invieremo una risposta soddisfatti.
La fase iniziale di disegno tecnico è molto importante in realizzazioni di questo tipo dove è richiesta una precisione da “fabbro” più che da falegname. I quattro pezzi, sgrossati con la sega a nastro, sono poi lavorati con la fresatrice e la levigatrice ottenendo già una buona finitura per la maggior parte delle superfici di contorno; meccanismi e altre parti più articolate, invece, sono da lavorare a mano, con molta pazienza e precisione, ponderando bene ogni movimento e testando spesso gli accoppiamenti. In questi casi vale la regola di andare per gradi tenendo presente che a togliere c’è sempre tempo; aggiungere, al contrario…
Come costruire un cavatappi
Fra i componenti del cavatappi fai da te, ci sono due intrusi: sono due pezzi realizzati con ottone. Questo significa che l’obiettivo non è stato raggiunto al 100%, ma va detto che per la parte attiva, con ingranaggi e leve tutti di legno, il successo è stato pieno.
Prima di completare il montaggio finale, che finisce per mascherare quasi del tutto il meccanismo, si può apprezzare la precisione degli ingranaggi: a leva alzata l’asta a cremagliera deve rimanere in posizione bassa per poter collocare nella forchetta il manico del succhiello avvitato nel tappo.
Abbassando completamente la leva, l’asta a cremagliera sale estraendo il tappo dal collo della bottiglia. Il pezzo che completa il montaggio, oltre a portare le iniziali dell’autore, ha il compito fondamentale di trattenere in sede l’asta a cremagliera mentre la si aziona.